Alla sera

Il desiderio di calma e l’inquietudine interiore

Luca Pirola
3 min readMar 27, 2021

Il sonetto è stato scelto da Foscolo come apertura della raccolta di rime pubblicata nel 1803; probabilmente la lirica è stata coposta nei mesi appena precedenti, un periodo travagliato della vita del poeta, durante il quale i fitti impegni militari, uniti a varie delusioni amorose, lo avevano fatto precipitare in una profonda crisi esistenziale.

Questa poesia è incentrata sul contrasto tra la ricerca della pace e la tempesta nella vita dell’autore, infatti ha come tema la sera, immagine della morte, che riesce a placare le tempeste interiori del poeta. La poesia, cioè la scrittura del sonetto stesso, è l’altro elemento che dona pace, permettendo a Foscolo di distanziarsi dal triste presente storico.

Forse perché della fatal quïete
tu sei l’immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,

e quando dal nevoso aere inquïete
tenebre e lunghe all’universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.

L’immagine della sera è descritta attraverso il suo aspetto meteorologioco e paesaggistico e delle emozioni che essa suscita nel poeta; egli conduce il poeta a una riflessione sulla morte lontana da ogni sentimento religioso. La morte è definita fatal quiete, cioè pace definitiva, voluta dal destino, in cui è annullato ogni riferimento religioso. L’espressione nulla eterno rimanda, poi, all’idea materialistica della morte come semplice cessazione della vita. Foscolo, pertanto, abbandona la nostalgica meditazione sulla morte e il tempo che passa per prendere le distanze dai drammi del presente, acquietando le passioni che lo tormentano.

La riflessione delle quartine, infatti, è espressa con un andamento disteso, prodotto dalla calma esclamazione iniziale e dal parallelismo tra il v. 3 e il v. 5 (E quando … E quando … ) e dagli enjambements che riguardano il nesso aggettivo/sostantivo, sfumando il valore dell’aggettivo stesso.

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme

delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

La seconda parte della lirica si concentra sull’interiorità del poeta che medita sul tema dell’inesorabile scorrere del tempo, interpretandolo originalmente come un valore positivo. Negli ultimi due versi torna il tema della sera portatrice di quiete, conferendo al sonetto un andamento circolare.

Foscolo concepisce il nulla eterno come conclusione degli affanni; lo contrappone, infatti, all’impetuoso movimento della vita, espresso dalle parole fugge, reo tempo, torme, cure, si strugge. la morte, quindi, è un’estinzione irreparabile della vita: in questo modo Foscolo nega ogni prospettiva di un aldilà durevole o eterno. É invece il sentimento della precarietà di ogni esperienza, anche quella della vita stessa, a trionfare sulle ideologie religiose.

Le terzine, perciò, hanno un ritmo più incalzante, affidato alla ricorrenza dei verbi di movimento (vagar, vanno, fugge, van, si strugge) e all’uso diverso dell’enjambement che qui riguarda il nesso verbo/complemento, ottenendo una maggiore drammaticità e accentuando i contrasti espressi dal contenuto.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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