Carlo Goldoni
La riforma del teatro comico
Negli anni in cui il teatro in Italia portava in scena le stereotipate maschere che agivano in situazioni comiche ripetitive e banali, Carlo Goldoni opera una trasformazione profonda dell’arte drammatica, riportando il teatro comico ai livelli più alti.
Goldoni nasce a Venezia, dove nei primi decenni del Settecento si era sviluppata l’intensa attività delle imprese teatrali, che organizzavano spettacoli a pagamento. A causa della necessità di profitto, le imprese proponevano rappresentazioni che andassero incontro ai gusti di un pubblico sempre più vasto, perciò il teatro non rimane più un divertimento per l’aristocrazia, ma l’interesse si allarga alle classi popolari, che preferiscono generi più semplici, come il melodramma e la commedia a scapito della tragedia.
La commedia dell’arte
Il teatro comico nell’età barocca era rappresentato dalla commedia dell’arte, un genere drammatico in cui i personaggi erano maschere con caratteri sempre uguali e stereotipati. Arlecchino era il servo furbo e arguto, Colombina il suo corrispettivo femminile, Pantalone il vecchio avaro, il dottor Ballanzone il letterato tronfio e sciocco e così via. Le maschere erano interpretate da attori professionisti di estrazione popolare, spesso analfabeti o senza specifica preparazione culturale, organizzati in compagnie itineranti; essi spesso si specializzavano in due o tre personaggi di cui ripetevano le battute o le azioni in modo sempre uguale. Le situazioni comiche da rappresentare sul palco erano inventate dagli stessi attori, perché non esistevano degli autori veri e propri, quindi le commedie erano costituite da situazioni standard variamente combinate per costruire una bozza di storia. Ogni rappresentazione, infatti, seguiva un canovaccio, in cui erano sommariamente indicati la trama, i personaggi e il luogo dell’azione; gli attori stessi improvvisavano i dialoghi, recitando in dialetto o latino maccheronico. Il risultato consisteva in commedie che proponevano situazioni ripetitive organizzate in una narrazione sempre uguale.
Nel Settecento la commedia dell’arte aveva perso ogni sua energia creativa, perciò attori sempre meno brillanti improvvisavano farse, nelle quali la comicità derivava da situazioni rocambolesche (paragonabili alla “torta in faccia” o alla “scivolata sulla buccia di banana”), volgarità, doppi sensi e battute oscene.
La riforma del teatro comico
Negli anni in cui Goldoni si avvicina al teatro, la commedia dell’arte è, quindi, in piena decadenza, tuttavia Goldoni rinnova il teatro operando dall’interno della situazione esistente. Egli delinea la teoria della sua proposta nella Prefazione alla prima edizione completa delle sue commedie del 1750 in cui, dopo aver riassunto le vicende biografiche che lo hanno portato alla professione di autore di commedie, scrive:
Ora fu in me questo genio medesimo (l’interesse per il teatro), che rendendomi osservator attentissimo delle commedie, che sui vari teatri d’Italia già diciotto vent’anni in qua rappresentavansi, me ne fece conoscere, e compiangere il gusto corrotto, comprendendo nel tempo stesso, che non poco utile ne saria potuto ridondar (ne sarebbe potuto derivare) al pubblico. […] Non correvano su le pubbliche scene se non se sconce arlecchinate, laidi e scandalosi amoreggiamenti, e motteggi, favole mal inventate, e peggio condotte, senza costume, senz’ordine, le quali anziché correggere il vizio, come pur è il primario, antico e più nobile oggetto della commedia, lo fomentavano, e riscuotendo le risa dalla ignorante plebe, dalla gioventù scapestrata, e dalle genti più scostumate, noia poi facevano ed ira alle persone dotte e dabbene, le quali se frequentavan talvolta un così cattivo teatro e vi erano strascinate dall’ozio, molto ben si guardavano dal condurvi la famigliola innocente, affinché il cuore non ne fosse guastato […].
Goldoni, perciò, valuta la situazione della commedia dell’arte con oggettività, individuandone i difetti e l’infimo livello culturale e artistico. Sottolinea come il teatro comico non portasse ad alcun utile […] al pubblico, perché i drammi non fustigavano i vizi con il riso, anzi lo fomentavano. Tale situazione ha allontanato il pubblico dai teatri. Goldoni riprende concetti della tradizione drammatica classica, adattandoli alle nuove idee dell’illuminismo, tenendo anche conto che l’efficacia di un’opera dipende anche dal gradimento conseguito presso il pubblico.
Aveva per verità di quando in quando osservato, che nelle stesse cattive commedie, v’era qualcosa ch’eccitava l’applauso comune, e l’approvazione de’ migliori, e mi accorsi che ciò per lo più accadeva all’occasione di alcuni gravi ragionamenti, ed istruttivi, d’alcun dilicato scherzo, d’un accidente ben annicchiato, d’una qualche viva pennellata d’alcun osservabil carattere, o d’una dilicata critica di qualche moderno correggibil costume; ma più di tutto mi accertai, che sopra del maraviglioso, la vince nel cuor dell’uomo, il semplice, il naturale. […]
Egli opera una riforma fondata sul superamento della commedia dell’arte, infatti, coglie i sporadici elementi positivi presenti per poterli valorizzare e modificare il teatro comico partendo da essi. Individua dunque rari ragionamenti istruttivi, scherzi delicati, caratterizzazioni realistiche, che costituiscono elementi di interesse perché legati alla realtà, che egli chiama Mondo. La finalità della riforma goldoniana risiede nel processo di avvicinamento della rappresentazione (Teatro) alla realtà naturale.
Il teatro di Goldoni conserva elementi della commedia dell’arte, come il ritmo veloce e divertente, la vivacità dei movimenti sul palco e gli effetti comici e grotteschi; tuttavia rinnova completamente il genere, superando gli schematismi delle maschere per dare vita a personaggi realistici, che si esprimono in una lingua reale, quotidiana.
[…] i due libri su’ quali ho più meditato, e di cui non mi pentirò mai d’essermi servito, furono il Mondo, e ’l Teatro. Il primo mi mostra tanti, e poi tanti vari caratteri di persone, me li dipinge così al naturale, che paion fatti apposta per somministrarmi abbondantissimi argomenti di graziose, ed istruttive commedie; mi rappresenta i segni, la forza, gli effetti di tutte le umane passioni; mi provvede di avvenimenti curiosi; m’informa de’ correnti costumi; m’istruisce de’ vizi, e de’ difetti, che son più comuni del nostro secolo, e della nostra nazione, i quali meritan o la disapprovazione, o la derisione de’ saggi; e nel tempo stesso mi addita in qualche virtuosa persona i mezzi coi quali la virtù a codeste corruttele resiste, ond’io da questo libro raccolgo, rivolgendolo sempre, e meditandovi, in qualunque circostanza, od azione della vita mi trovi, quanto è assolutamente necessario che si sappia da chi vuole con qualche lode esercitare questa mia professione. Il secondo poi, il libro cioè del Teatro, mentre io lo vo maneggiando, mi fa conoscere con quali colori si debban rappresentar sulle scene i caratteri, le passioni, gli avvenimenti, che nel libro del Mondo si leggono; come si debba ombreggiarli per dar loro un maggiore rilievo, e quali sien quelle tinte, che più li rendon grati agli occhi delicati de’ spettatori.
L’ispirazione deve partire sempre dall’osservazione della realtà, perché le storie rappresentate siano verosimili e riconducibili alla quotidianità. Le storie e i personaggi rappresentano lo specchio della società del Settecento, che osserva la trasformazione dei rapporti tra Aristocrazia e Borghesia.
La nobiltà è legata al passato, cerca di conservare strenuamente un’egemonia passata che non risponde più alla situazione contemporanea, perciò i personaggi aristocratici rappresentano la resistenza al cambiamento.
La borghesia è la vera protagonista delle storie di Goldoni; molte commedie descrivono la volontà del borghese di affermare una nuova morale, finalmente autonoma dai valori aristocratici. L’etica borghese non vuole sostituirsi a quella aristocratica, ma propone dei valori che possono convivere con quelli dei nobili. Nelle commedie del Goldoni i personaggi che incarnano i valori etici sono persone “di garbo”, cioè coloro che accettano il proprio ruolo sociale e si adoperano per migliorarlo.
Questi contenuti devono essere necessariamente oggetto della mediazione dell’autore, perché non ci si può affidare all’improvvisazione se si vuole trasmettere un messaggio al pubblico. L’autore, infatti, deve possedere fermamente le competenze del Teatro, per poter creare dei caratteri a tutto tondo, che esprimano passioni, e renderli interessanti per gli spettatori.
Coerente con l’idea di portare il Mondo nel Teatro Goldoni fa esprimere i suoi personaggi in un italiano medio con influssi dei dialetti settentrionali, parlato dal popolo colto, o in dialetto veneziano, scelto per ragioni di realismo per le commedie ambientate nella città veneta. Il dialetto è differenziato in relazione all’estrazione sociale dei personaggi che siano aristocratici, borghesi o popolani.
Lo imita il parlato, essendo semplice e quotidiano: i periodi privilegiano la paratassi, sono frequenti le reticenze e gli anacoluti e spesso compaiono giochi di parole con effetti comici.
Lo strumento irrinunciabile per attuare tale cambiamento è la scrittura integrale del testo. L’autore assume, dunque, un ruolo prioritario nell’elaborazione della commedia, relegando gli attori a interpreti delle sue indicazioni.
L’evoluzione del teatro di Goldoni
Quando si studia sul libro della Natura, e del Mondo, e su quello della sperienza non si può per verità divenire maestro tutto d’un colpo; ma egli è ben certo, che non vi si diviene giammai se non si studiano codesti libri.
Sempre nella Prefazione Goldoni precisa che il cambiamento non può essere repentino, ma è frutto di un lungo lavoro formato da piccoli miglioramenti, guidati dall’esperienza. Infatti le prime commedie in cui si intravede il percorso di riforma evidenziano dei progressi parziali rispetto alla commedia dell’arte.
Nel 1738 la compagnia di Goldoni mette in scena il Momolo cortesan
la cui trama è ancora abbozzata in un canovaccio, in cui tuttavia la parte del protagonista è completamente scritta, in questo modo l’autore definisce il carattere del personaggio protagonista.
Il primo testo interamente scritto dall’autore è Arlecchino servitore di due padroni del 1745. Il copione è interamente scritto, ma Goldoni utilizza ancora delle maschere, che sono portate alla massima espressione possibile.
In questa commedia si rileva una mescolanza di elementi tradizionali e nuovi: le maschere, l’intreccio incalzante e vivace, l’inserimento di “balletti” e funambolismi richiamano la commedia dell’arte, tuttavia Goldoni introduce l’opera sottolineando che
Troverai, Lettor carissimo, la presente Commedia diversa moltissimo dall’altre mie, che lette avrai finora. Ella non è di carattere, se non se carattere considerare si voglia quello del Truffaldino (Arlecchino), che un servitore sciocco ed astuto nel medesimo tempo ci rappresenta: sciocco cioè in quelle cose le quali impensatamente e senza studio egli opera, ma accortissimo allora quando l’interesse e la malizia l’addestrano, che è il vero carattere del villano.
Arlecchino, quindi mantiene le caratteristiche della maschera tradizionale, ma assume la rilevanza di un personaggio unico e realistico, calando la maschera nella quotidianità.
Con l’Arlecchino servitore di due padroni Goldoni esaurisce la positività ripresa dalla tradizione, perciò si trova nella necessità di proseguire la sua riforma cercando nuove strade.
Le opere più importanti di questo secondo periodo della produzione goldoniana sono La bottega del caffè del 1750 e La locandiera del 1753.
I soggetti delle commedie sono vicini alla realtà quotidiana, perché rappresentano un ritratto d’ambiente attraverso la descrizione di un quadro partecipato della vita borghese veneziana (o italiana); infatti le ambientazioni sono reali: un campiello veneziano e una bottega fiorentina.
Inoltre, in queste storie Goldoni esprime una critica della realtà sociale contemporanea secondo valori borghesi del “buon senso”, della “prudenza” e della “moderazione” espressi dai protagonisti, che rappresnetano l’ideale dell’’uomo “di garbo” (anche se nella Locandiera è un personaggio femminile) che esprime i valori della borghesia, aspirando al miglioramento della propria condizione senza tradire l’appartenenza al suo ceto sociale.
Dal punto di vista strutturale le commedie di questo periodo sono incentrate sulla figura del protagonista attorno a cui ruotano i personaggi minori
Ne La bottega del caffè il protagonista è Ridolfo, il padrone della bottega del caffè, l’unico personaggio veramente positivo, che alla fine mette tutte le cose al loro posto, sistema la morale, sconfigge la maldicenza, rabbercia alla meglio i matrimoni in crisi. La sua onestà è esaltata dal confronto con Trappola, il suo garzone furbo (non più una maschera, ma ispirato ad Arlecchino) che suggerisce di condurre gli affare in modo poco onesto.
Ne La locandiera attorno alla protagonista Mirandolina ruotano gli avventori della sua locanda, rappresentazione dei tipi sociali dell’epoca: borghese, nobile decaduto, borghese arricchito, nobile presuntuoso.
Proseguendo nella sua riforma Goldoni introduce degli elementi di novità per essere più aderente al Mondo. Nelle opere successive acquistano ruolo di protagonisti più personaggi, che evidenziano comportamenti collettivi e tratti diversi dello stesso carattere.
La Trilogia della villeggiatura Goldoni si concentra la sua analisi sulle mode della borghesia emergente, focalizzandosi sulla smania per la villeggiatura
“Ho concepito l’idea di tre commedie consecutive: nella prima si vedono i pazzi preparativi, nella seconda la folle condotta, nella terza le conseguenze dolorose che ne provengono”
Ne I rusteghi e in Sior Todero Brontolon il conflitto generazionale tra genitori e figli prende il posto di quello tra nobiltà e borghesia. La borghesia ha ormai affermato la sua autonomia morale, ma si apre un divario tra l’etica del lavoro dei padri e il desiderio di godere della ricchezza dei figli. Il carattere del vecchio avaro e quello del giovane dissoluto si sviluppano in più personaggi, esprimendo maggiori sfaccettature.
In queste opere la borghesia si dimostra chiusa in se stessa, incapace di progredire oltre un determinato limite, per questo i protagonisti delle ultime opere di Goldoni sono popolani (pescatori, marinai), che esprimono attraverso il buon senso popolare le virtù morali e civili che Goldoni vuole comunicare. Ne Il campiello e ne Le baruffe chiozzotte la vicenda si svolge in un ambiente in cui intervengono i personaggi, tra cui quelli femminili assumono sempre più importanza; la narrazione diventa corale e i personaggi assumono tratti distintivi di un gruppo sociale, diventando personaggi collettivi.