Congedo di un viaggiatore cerimonioso
L’allegoria della vita
In questa lirica, la più famosa di Caproni, il viaggio è metafora della vita. Alla fine di tale viaggio, il poeta-viaggiatore, detto cerimonioso perché gentile e beneducato, giunge pertanto alla fine della propria esistenza, cioè al momento dell’estremo saluto, del congedo.
Lo stile è semplice e scorrevole e al contempo sostenuto da una originale grazia ritmica, quasi melodica e cantabile, che interagisce in modo ironico e insieme drammatico con il tema della morte.
Amici, credo che sia
meglio per me cominciare
a tirar giù la valigia.
Anche se non so bene l’ora
d’arrivo, e neppure
conosca quali stazioni
precedano la mia,
sicuri segni mi dicono,
da quanto m’è giunto all’orecchio
di questi luoghi, ch’io
vi dovrò presto lasciare.
L’io poetico fin dall’incipit pensa alla fine del suo viaggio; il protagonista si rivolge, poi, ai suoi compagni di viaggio.
Vogliatemi perdonare
quel po’ di disturbo che reco.
Con voi sono stato lieto
dalla partenza, e molto
vi sono grato, credetemi,
per l’ottima compagnia.
Il viaggiatore vede avvicinarsi l’ultima stazione.
Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. Ma sia.
Il luogo del trasferimento
lo ignoro. Sento
però che vi dovrò ricordare
spesso, nella nuova sede,
mentre il mio occhio già vede
dal finestrino, oltre il fumo
umido del nebbione
che ci avvolge, rosso
il disco della mia stazione.Chiedo congedo a voi
senza potervi nascondere,
lieve, una costernazione.
Era così bello parlare
insieme, seduti di fronte:
così bello confondere
i volti (fumare,
scambiandoci le sigarette),
e tutto quel raccontare
di noi (quell’inventare
facile, nel dire agli altri),
fino a poter confessare
quanto, anche messi alle strette,
mai avremmo osato un istante
(per sbaglio) confidare.
Ritorna qui la valigia come simbolo del bagaglio di esperienze di una vita.
(Scusate. È una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.
Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.
Lasciatemi, vi prego, passare.
Ecco. Ora ch’essa è
nel corridoio, mi sento
più sciolto. Vogliate scusare.)
Il viaggiatore, prima di scendere, diventa più indulgente con se stesso e con gli altri.
Dicevo, ch’era bello stare
insieme. Chiacchierare.
Abbiamo avuto qualche
diverbio, è naturale.
Ci siamo — ed è normale
anche questo — odiati
su più d’un punto, e frenati
soltanto per cortesia.
Ma, cos’importa. Sia
come sia, torno
a dirvi, e di cuore, grazie
per l’ottima compagnia.Congedo a lei, dottore,
e alla sua faconda dottrina.
Congedo a te, ragazzina
smilza, e al tuo lieve afrore
di ricreatorio e di prato
sul volto, la cui tinta
mite è sì lieve spinta.
Congedo, o militare
(o marinaio! In terra
come in cielo ed in mare)
alla pace e alla guerra.
Ed anche a lei, sacerdote,
congedo, che m’ha chiesto se io
(scherzava!) ho avuto in dote
di credere al vero Dio.
L’io poetico si rende conto che dovrà rinunciare anche alla sapienza e all’amore.
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
Congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
In questa strofa si ritrovano i versi chiave del componimento, con doppio ossimoro disperazione/calma, senza sgomento, in modo da evidenziare lo stato d’animo di fronte alla conclusione del viaggio/vita
Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, sono certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.Scendo. Buon proseguimento.
Il testo si presenta come una sorta di narrazione in prima persona del protagonista che, durante un viaggio in treno, si rivolge ad amici e conoscenti rievocando i momenti passati insieme e accingendosi ad acco- miatarsi da loro, quando giungerà all’ultima fermata e dovrà lasciarli per sempre. Il tono leggero, elegante e lievemente malinconico del cerimonioso io narrante lascia intravedere la drammaticità della situazione: l’imminenza della morte, che infine giungerà nelle parole dell’ultima strofa, commoventi nonostante l’appa- rente serenità del viaggiatore: son giunto alla disperazione / calma, senza sgomento. È qui estremamente significativo l’ossimoro disperazione calma, replicato dal sintagma senza sgomento (che è sinonimo di calma), che rima con l’ultimo verso, separato da tutti gli altri: Scendo. Buon proseguimento, una formula di congedo molto formale (nel senso delle norme di comportamento sociale), ma anche, nel contesto tematico della poesia, altrettanto struggente.
Nel corso del suo monologo narrativo, il poeta-viaggiatore non sa esattamente quanto manca alla fine del suo viaggio, cioè alla sua morte (Anche se non so bene l’ora / d’arrivo e neppure / conosca quali stazioni / precedano la mia), se non quando vede avvicinarsi, avvolta nella nebbia, l’ultima stazione (il mio occhio già vede / … rosso / il disco della mia stazione, vv. 24–28). Nel rievocare la vita passata, egli ricorda i momenti piacevoli (Era così bello parlare / insieme ecc., vv. 32–33 e seguenti); e benché non trascuri i momenti di contrasto (Abbiamo avuto qualche / diverbio, è naturale, vv. 58–59) e persino di odio (ed è normale / anche questo, vv. 60–61), tende tuttavia ad attenuarli, a sminuirli, perché hanno fatto parte della sua vita e adesso, nell’imminenza del distacco definitivo, non sembrano poi tanto gravi (Ma, cos’importa. Sia / come sia, vv. 64–65). Questa attenuazione, come a voler creare delle mezze tinte a pastello, si nota in particolare nei versi in cui la negatività o la eccessiva evidenza di un termine è attenuata dall’aggettivo lieve, che ricorre tre volte: lieve, una costernazione (v. 31), lieve afrore (v. 71) e sì lieve spinta (v. 74). Un analogo procedimento di attenuazione riguarda la possibile destinazione ultraterrena del viaggiatore, definita con le espressioni luogo del trasferimento (v. 20) e nuova sede (v. 23).
Dal punto di vista stilistico e retorico, il testo presenta una fitta trama metaforica (due esempi significativi: la valigia, nominata ai vv. 3 e 44, rappresenta il bagaglio delle esperienze e dei ricordi del viaggiatore, così come posare la valigia nel corridoio indica l’accettazione dell’imminente trapasso e rende il viaggiatore più sciolto, più libero e leggero, vv. 54–55). A ben guardare, però, tutta la poesia si configura come una prolungata allegoria (o come una serie di allegorie), da leggere quindi secondo due livelli di interpretazione: secondo un senso letterale e secondo un senso simbolico, come avviene per molti passi della Commedia dantesca. Vale a dire che il “viaggio” è sia un viaggio in treno sia la vita; la stazione finale è sia una stazione sia l’ultima tappa dell’esistenza e così via. In altre parole, il significato traslato non annulla quello letterale, perché i due livelli procedono parallelamente. Un valore allegorico hanno anche i personaggi evocati dall’io narrante: la ragazzina (l’amore), il dottore (la cultura), il militare (la guerra e la pace), il sacerdote (la religione).