Dei sepolcri

L’argomentazione poetica

Luca Pirola
10 min readMar 24, 2020

Il carme Dei sepolcri nasce da un’occasione contingente, infatti nel 1806 l’editto napoleonico di Saint Cloud (emanato nel 1804 a Parigi)fu esteso all’Italia. Tale norma prevedeva che le lapidi nei cimiteri fossero tutte uguali e che i cimiteri stessi fossero spostati al di fuori dei centri abitati. Il provvedimento aveva le finalità di sancire l’uguaglianza sociale e di tutelare la salute dei cittadini. Foscolo e altri intellettuali parteciparono al dibattito sorto sul valore delle sepolture, spesso esprimendo pareri discordanti; il carme foscoliano è, per questo motivo, dedicato a Ippolito Pindemonte, che aveva espresso pareri discordanti in un suo carme “I cimiteri”. I Sepolcri, tuttavia, non si possono ridurre all’occasione che ha dato spunto alla composizione, perché il carme risale a tematiche di maggiore significato, come il senso della vita e della morte, il ruolo civile e sociale delle sepolture, la funzione della memoria e dell’arte come unica ancora di salvezza in una visione laica e immanente. Scritti in pochi mesi, i Sepolcri furono pubblicati nel 1807.

Il carme

versi 1–90 analisi del testo

Riflessione sull’utilità delle tombe; dopo un dubbio iniziale, tra la posizione critica che Foscolo difese appassionatamente nella discussione con Pindemonte e quella più possibilista a cui addivenne dopo una più approfondita riflessione, il poeta propende per considerare fondamentale il ruolo svolto dalle tombe: non tanto per i morti (e ciò in linea con la sua visione materialistica e immanentistica), quanto come tramite memoriale tra vivi e morti: per ricordare questi e stimolare quelli alle azioni eroiche e degne.

Deorum Manium iura santa sunto

Antitesi Foscolo afferma che individualmente il sepolcro non dà alcun beneficio al defunto perché dopo la morte gli è indifferente la sorte del suoi resti mortali, sia che siano sepolti in una fossa comune sia che abbiano una tomba, che in ogni caso il tempo distruggerà, non cambia nulla

All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d’erbe famiglia e d’animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l’ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell’amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a’ dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l’obblío nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe
e l’estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.

Prima argomentazione il sepolcro serve, invece, ai vivi, i quali sono consolati dall’illusione di poter proseguire la relazione con il defunto, visitando la sua tomba e rinnovando il vincolo di affetto che li legava in vita oltre la morte. Solo chi non lascia legami di amore, d’amicizia o di stima avrà una sepoltura inutile perché “illacrimata”.

Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l’illusïon che spento
pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l’armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de’ suoi? Celeste è questa
corrispondenza d’amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l’amico estinto
e l’estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall’insultar de’ nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica
le ceneri di molli ombre consoli.

Sol chi non lascia eredità d’affetti
poca gioia ha dell’urna; e se pur mira
dopo l’esequie, errar vede il suo spirto
fra ‘l compianto de’ templi acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d’lddio: ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda Natura.

Seconda argomentazione questo valore del sepolcro è ora negato dalle nuove leggi l’Editto di Saint Cloud, appunto, che trasferiscono le tombe al di fuori dalle città, quindi lontano dalla vista dei propri cari, e prevedono tombe collettive.

Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti
contende. E senza tomba giace il tuo
sacerdote, o Talia, che a te cantando
nel suo povero tetto educò un lauro
con lungo amore, e t’appendea corone;
e tu gli ornavi del tuo riso i canti
che il lombardo pungean Sardanapalo,
cui solo è dolce il muggito de’ buoi
che dagli antri abdüani e dal Ticino
lo fan d’ozi beato e di vivande.

Esemplificazione a sostegno Il Parini, poeta di grande moralità, giace ora, per colpo della legge e dell’incuria dei suoi concittadini, in un cimitero abbandonato fuori porta e il suo corpo si trova vicino a quello del comune delinquente.

O bella Musa, ove sei tu? Non sento
spirar l’ambrosia, indizio del tuo nume,
fra queste piante ov’io siedo e sospiro
il mio tetto materno. E tu venivi
e sorridevi a lui sotto quel tiglio
ch’or con dimesse frondi va fremendo
perché non copre, o Dea, l’urna del vecchio
cui già di calma era cortese e d’ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la citta, lasciva
d’evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; e forse l’ossa
col mozzo capo gl’insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l’úpupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerëa campagna
e l’immonda accusar col luttüoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obblïate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d’umane
lodi onorato e d’amoroso pianto.

Il testo prosegue considerando altre argomentazioni:
vv. 91–150: Esaltazione delle sepolture classiche, ritenute nell’antichità veri e propri luoghi di culto, e di quelle inglesi, una sorta di giardini vissuti come spazi di incontro tra vivi e trapassati, in un’atmosfera di pace e di serenità. Al contrario, le tombe medioevali, accompagnate dall’orrore che producono per il timore della morte e della punizione di Dio, e quelle moderne, una sorta di fosse comuni lontane dai centri cittadini, non svolgono in modo adeguato la loro funzione civile di collegamento tra la memoria delle azioni dei morti e l’ispirazione che i vivi debbono trarne.

vv. 151–212: Il ruolo delle sepolture dei grandi uomini presenti in Santa Croce a Firenze, come esempio di funzione civile delle tombe. Firenze è un luogo sacro, perché contiene le sepolture degli uomini che, in ogni ambito, hanno fatto grande l’Italia.

A egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta. […]

Segue la descrizione delle emozioni provate da Foscolo durante alla vista dei sepolcri di Machiavelli (quel grande/ che temprando lo scettro a’ regolatori/ gli allor ne sfronda), Michelangelo (colui che nuovo Olimpo/alzò in Roma a’ Celesti), Galileo (chi vide/sotto l’etereo padiglion rotarsi/più mondi).

Foscolo, poi, individua in Firenze la culla delle glorie più care d’Italia, poiché diede i natali a Dante (il ghibellin fuggiasco) e donò la lingua italiana a Petrarca (l’idïoma/désti a quel dolce di Calliope labbro):

e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l’idïoma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d’un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste;
ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l’itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l’alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t’invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all’Italia,
quindi trarrem gli auspici.

Ancora più beata è Firenze perché accoglie e serba in Santa Croce le glorie poetiche dell’Italia, oppressa e conquistata dagli stranieri; qui i poeti (animosi/intelletti) si radunano per ispirarsi e rinnovare le virtù della nazione. Così lo stesso Alfieri, che ora giace tra i grandi in Santa Croce, era solito venire a Firenze per trovare quiete al suo animo tormentato.

Le tombe, dunque, riunite in un luogo di così grande importanza simbolica testimoniano la grandezza degli eroi del passato e stimolano chi le visiti, purché in grado di cogliere la “corrispondenza di amorosi sensi”, ad azioni altrettanto eroiche.

vv. 213–295: Affermazione della tesi La poesia e l’arte svolgono il vero ruolo eternatore perché ricoprono la funzione di mantenimento della memoria, una volta esaurita la testimonianza concreta delle sepolture. Quando il tempo, che tutto consuma, avrà abbattuto le testimonianze materiali, solo il ricordo generato dall’arte, dalla poesia in particolare, potrà cancellare l’oblio cui tutto ciò che vive sulla terra è destinato.

In particolare l’ultima sequenza ripropone la tesi secondo cui la poesia è il miglior sepolcro, perché non cede al passare del tempo. Foscolo rende tale concetto con la descrizione delle donne Troiane che pregano i Penati perché salvino i mariti. Il carme si conclude con l’allocuzione di Cassandra ai nipoti: la figlia di Priamo profetizza — dopo la distruzione ineluttabile della città — la venuta di Omero che si aggirerà tra le tombe, abbraccerà le urne, ascolterà i sepolcri narrare la vicenda di Troia, per poter poi celebrare gli eroi vincitori e sconfitti con la sua poesia.

Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe; ché de’ Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l’altare.
Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far piú bello l’ultimo trofeo
ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.

Stile del carme

Foscolo sceglie un registro alto perché l’equilibrio formale, l’organizzazione complessa dei periodi, riferiti a presupposti filosofici, si adatta all’importanza dell’argomentazione affrontata. Lo stile elevato è dato dal frequente uso di metafore, dalle subordinate segnate dalla negazione (Non vive anch’ei forse … v. 26) seguono le decise contrapposizioni introdotte dall’avversativa Ma (v. 86).
Tipico procedimento del ragionamento di Foscolo sono i momenti di “transizione” concettuali, versi in cui il ragionamento di Foscolo non procede per concetti, ma per immagini a cui è affidato il compito di illustrare i concetti stessi. Le transizioni sono, quindi, “salti concettuali” nei quali il passaggio logico non è dichiarato per esteso, ma va ricostruito da chi legge.
Ad esempio = v. 5 riassunto dell’editto di St. Cloud; v.53 Foscolo introduce la figura del Parini che giace senza tomba. Il lettore deve ricostruire il legame tra l’editto e la sorte del poeta, che è vittima della legge, perché giace in una tomba anonima. La transizione è introdotta da “e” altrove da “ma” o “pur”.

Il lessico, inoltre, è arricchito dai frequenti termini latini, che mantengono sempre alto il livello espressivo: are; etere; fere; domestici Lari; polve; educavano; maggior pino; liberal carme. L’elevatezza stilistica si accompagna a una decisa varietà formale perché l’espressione è funzionale alla dimostrazione che si vuole enunciare. A ciò contribuiscono in particolare gli enjambe­ment, che sostengono lo sviluppo solenne e ampio dei momenti di elevata verità morale oppure accelerano il ritmo sottolineando la concitazione di situazioni incalzanti.

Tematiche

Il sepolcro è un tema caratteristico della poesia romantica cimiteriale (il riferimento più deciso si ha nei Canti di Ossian di Mcpherson), ma in Foscolo il suo significato diventa molto più ampio, perché il carme rappresenta una sintesi di razionalismo illuminista, impeti romantici e classicismo. L’affermazione della mancanza di valore religioso rimanda al materialismo, che attribuisce alle sepolture solo un significato di memoriale individuale (corrispondenza d’amorosi sensi) e civili, in quanto le urne dei forti ispirano le generazioni successive. Il legame tra le generazioni ha un’importanza fondamentale nella percezione dell’individuo come parte i un gruppo, come cittadino di una nazione, infatti la memoria è il collante della società e fonda la civiltà: in particolare la memoria dei grandi italiani serve a riscattare la patria. La patria, quindi, è identificata con una comunanza di valori e ideali, non tanto con un territorio.
Se l’uomo è reso immortale dalle proprie virtù, i posteri sanciscono l’immortalità degli eroi attraverso il ricordo e la venerazione. Solamente la poesia, tuttavia, permette di mantenere vivo il ricordo delle virtù e a superare il tempo. Foscolo propone, a sotegno di questa conclusioen , dei modelli di letterati a sostegno della su tesi sul valore della poesia. Il primo è Parini, figura di poeta civile profondamente ammirato da Foscolo, i cui resti mortali, in ottemperanza all’editto di Saint- Cloud, rischiano di essere contaminati da quelli di qualunque malvivente. Dopo il rapido ricordo di Alfieri, al quale Foscolo si sente affine per inquietudine dell’animo, campeggia l’immagine della simbolica sepoltura eroica rappresentata dalla piana di Maratona, teatro di una delle imprese di maggiore eroismo di tutta la storia antica; questo luogo ha ancora la capacità di suggerire, a chi sappia coglierlo, il messaggio eroico degli antichi soldati greci. La tomba, in questo caso, svolge egregiamente la sua funzione di tutela della memoria e luogo di ispirazione per i vivi.
Infine Foscolo conclude il carme con la figura di Omero, che ha salvato dall’oblio le imprese degli antichi eroi greci, restituendole ai posteri e all’eternità attraverso la forza immortale della poesia. Ciò che la poesia canta è destinato a non perire, dal momento che la gloria delle gesta dei grandi, cantate dalla poesia dei grandi, non conoscerà mai la fine.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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