Fare della propria vita come si fa un’opera d’arte
Gabriele D’Annunzio, il poeta vate
Nessun letterato ha avuto influenza sulla vita pubblica e privata degli italiani quanto Gabriele D’Annunzio, infatti se si dice dannunzianesimo si pensa prima di tutto a un vasto fenomeno di costume, a uno stile di vita, caratterizzato sempre dagli eccessi.
Benedetto Croce nel 1897 dichiarò che
il D’Annunzio ha l’esperienza dei libri stranieri alla moda e non ha assolutamente nulla da dire.
D’Annunzio infatti pratica una letteratura che si nutre di altra letteratura, un’idea che il poeta stesso ha descritto nel suo alter ego Andrea Sperelli, il dandy protagonista del romanzo il Piacere, il quale
quasi sempre, per incominciare a comporre, aveva bisogno d’una intonazione musicale datagli da un altro poeta.
Pertanto la poesia di D’Annunzio potrebbe apparire futile e priva di contenuti, tuttavia egli rappresenta una pietra miliare nella letteratura italiana, perché gli autori che sono venuti dopo di lui hanno dovuto fare i conti con la sua eredità per proseguire la sua ricerca di una sensualità raffinata, di una valorizzazione della forza creatrice della parola o per rifiutarla completamente, discostandosene. In ogni caso, nel primo Novecento, nessuno ha potuto ignorare la sua poesia.
Una vita inimitabile
D’Annunzio ha vissuto in modo avventuroso, non limitando la sua azione alla produzione letteraria, ma ha esplorato ogni campo della vita sociale. La sua esistenza si può suddividere in diverse fasi:
1881–1892 l’infanzia e il periodo romano: D’Annunzio nasce a Pescara, al tempo un remoto villaggio di pescatori, studia al ginnasio di Prato, infine si trasferisce a Roma dove frequenta la nobiltà della capitale. In questo periodo a sedici anni pubblica il suo primo romanzo Primo Vere, ispirato a Carducci.
1892–1898 l’esordio in politica: l’anno principale è il 1895 durante il quale compie un viaggio in Grecia, collabora al giornale simbolista e antidemocratico “Il Convito”, pubblica Le vergini delle rocce
1898–1909 Periodo fiorentino: eletto deputato nelle file della Destra, passa all’estrema sinistra; a Settignano vive la passionale vicenda con Eleonora Duse e si dedica all’attività letteraria. Questo è il periodo letterario più produttivo e originale di D’Annunzio.
1910–1915 in Francia: scappa all’estero in “esilio volontario” per fuggire ai creditori
1915–1922 la guerra e il dopoguerra: fonde l’azione e la retorica per affermare la funzione carismatica dell’artista: si arruola volontario e combatte sul Carso; successivamente si dedica a imprese eclatanti e rischiose come il volo su Vienna, la beffa di Buccari. Dopo l’armistizio denuncia la debolezza deei rappresentanti del governo alla conferenza di Parigi e forza la mano ai diplomatici occupando la città di Fiume, dove proclama la reggenza del Carnaro.
1922–1938 il fascismo: il fascismo sfrutta i miti dannunziani del mare nostrum e della vittoria mutilata, ma emargina politicamente il poeta. Omaggiato pubblicamente, ma esautorato da Mussolini, D’Annunzio ottiene una rendita e una proprietà a Gardone, dove trasformò una residenza di campagna nel Vittoriale degli Italiani. D’Annunzio passò gli ultimi anni isolato, in una situazione di impotenza creativa fino alla morte.
Modelli letterari e originalità poetica
Risulta essere molto difficile sintetizzare il messaggio politico di D’Annunzio tanto è vasta la varietà dei temi affrontati; a volte D’Annunzio appare seguire i dettami delle mode in voga al momento, esasperandone i contenuti e le caratteristiche. Di certo sono da riconoscere a D’Annunzio due capacità: la grande maestria nell’uso della lingua e la coerenza nella sperimentazione esasperata (in campo letterario, culturale, militare e sentimentale).
La sua produzione letteraria parte dalla passione per il classicismo carducciano e per il verismo verghiano; già la scelta di due modelli così differenti tra loro è significativa dell’originalità di D’Annunzio, perché l’adesione a un modello significa per lui reinterpretarne radicalmente le sue istanze poetiche ed estetiche.
Fin dai primi esperimenti poetici D’Annunzio evidenzia due aspetti che saranno peculiari di tutta la sua opera: prima di tutto una maniacale attenzione allo stile, che deve essere raffinato e sublime; in secondo luogo la volontà ferma di descrivere la realtà sensuale, così da rendere le sensazioni protagoniste dei suoi scritti. D’Annunzio afferma di provare un “amore sensuale per la parola”, infatti l’evoluzione dei contenuti e quella dello stile procedono insieme: la ricerca della raffinatezza linguistica è sostenuta da un’analisi minuziosa degli stimoli sensoriali provati dal poeta. Infatti, la parola poetica per D’Annunzio è funzionale alla rappresentazione di infiniti aspetti di una realtà capace di dare piacere: per questo D’Annuzio afferma che
“la vita non è un’astrazione di aspetti e di eventi, ma è una specie di sensualità diffusa, […] una sostanza buona da palpare, da fiutare, da mangiare”
Da queste premesse si comprende il vario percorso culturale e letterario di D’Annunzio, il quale si avvicina, sperimenta e interpreta personalmente ogni movimento culturale del suo tempo. Principalmente gli trae spunti dalle espressioni dell’irrazionalismo decadente seguendo un’esigenza di adeguarsi a temi e suggestioni culturali differenti e contraddittori per la volontà di cimentarsi con ogni forma espressiva. Il suo sperimentalismo, tuttavia, non riesce sempre a creare una sintesi coerente, perché molte contraddizioni emergono dalla sua opera.
Superomismo e nichilismo
Affascinato daNietzsche, D’Annunzio riprende alcuni temi del filosofo tedesco quando afferma
il mondo, quale oggi appare, è un dono grandissimo largito dai pochi ai molti, dai liberi agli schiavi, da coloro che pensano e sentono a coloro che debbono lavorare
Egli pone l’accento sulla diversità dell’intellettuale, che si distingue dalla massa, vivendo una condizione di isolato privilegio e distacco dal “grigio diluvio democratico”. Il poeta rappresenta l’incarnazione del superuomo di Nietzsche, perché ha una maggiore consapevolezza delle sue potenzialità e delle dinamiche del mondo fisico e sociale. Non a caso D’Annunzio definisce sé “superuomo” e non “oltreuomo” — come dovrebbe essere la fedele traduzione del pensiero di Nietzsche, perché egli sottolinea la superiorità del poeta rispetto alla gente comune. L’intellettuale non ha regole da rispettare, non ha responsabilità, perché è chiamato solo a vivere intensamente ogni istante della propria esistenza dedicandosi alla ricerca del piacere e alla definizione del bello. Infatti il poeta/superuomo non distrugge i valori codificati (come teorizza Nietzsche), ma li manipola a suo vantaggio; nell’adempimento della sua missione di rivoluzione dell’umanità l’intellettuale domina la massa, orientandone i gusti con la forza persuasiva della parola.
Nonostante tali convinzioni D’Annunzio esprime una vena angosciante nell’individuare una visione negativa rappresenta l’esatto contrario del vitalismo superomista nella considerazione che
non v’è scopo, non v’è meta, non v’è fine nell’universo; e non v’è Dio
Egli ritiene che la Natura sia un flusso infinito che nasce dal nulla e finisce nel nulla (Nietzsche) senza che l’uomo (neanche il superuomo) possa mai essere appagato e raggiungere la felicità. Il superomismo e il nichilismo sono, dunque, elementi mutuati da Nietzsche che influenzano la poesia di D’Annunzio.
Panismo ed estetismo
fare della propria vita come si fa un’opera d’arte
il verso è tutto o può tutto […] può rappresentare il sopra umano, il soprannaturale, l’oltremirabile […] può infine raggiungere l’Assoluto
sono due delle frasi più conosciute di D’Annunzio, perché esprimono una sorta di programma poetico e umano sintetizzato nei termini estetismo e panismo. Egli, infatti, vuole dedicare l’esistenza alla creazione e al godimento sensuale della bellezza, sia nella poesia sia nella quotidianità. Da tale proposito derivano gli atteggiamenti istrionici di D’Annunzio, ma anche le grandi (e spesso effimere) passioni amorose o gli slanci di generosità e coraggio. Egli concepiva come poetico ogni suo gesto e ogni suo scritto, in quanto essere poeta non è una professione, ma una condizione esistenziale che permea ogni istante della propria esistenza e che si esalta nella scrittura. La poesia, infatti, è l’attività più adatta a creare bellezza, attraverso la forza espressiva della parola che deve essere tale da poter trasformare la quotidianità così che in ogni istante si arrivi all’esaltazione del piacere. La ricerca dell’assaporamento di “tutti i frutti terrestri” in un’immersione totale nella vita naturale avviene attraverso il verso poetico e le sensazioni che permette di vivere, fino ad arrivare ad una identificazione tra poeta e Natura in un atteggiamento panico.
Il linguaggio di D’Annunzio
D’Annunzio vuole creare una lingua che esprima le idee di estetismo e superomismo.
Per fare ciò segue tre strade:
- uso di un lessico arcaico e di forme ortografiche desuete (conoscenza, conspetto, de lo belli, belli occhi, …)
- ricerca di una suggestione musicale e di una magia evocatrice di vocaboli e nomi propri.
- ampliamento dell’area linguistica attraverso termini dialettali o terminologia specifica, purchè rispondenti al gusto del raro e del prezioso (ad esempio: aeroplano è sostituito da velivolo)
Le tecniche espressive di D’Annunzio rientrano nell’area del simbolismo, ma non nascono dall’esigenza di reinventare la realtà, bensì di travestirla in forme suadenti e sensibilmente appetibili attraverso “l’amor sensuale della parola”.
Estetismo e panismo: le opere
La prima produzione di D’Annunzio è improntata a perseguire questa fusione con le forze vitali della Natura in un ideale estetico. Se nella raccolta poetica Canto Novo (1882) ricrea una “languidezza sensuale” e “sensazioni acri e violente” per rievocare la natura goduta con pienezza di sensi, D’Annunzio si pone alla testa della nuova moda del romanzo psicologico ed estetizzante con la pubblicazione de Il piacere, romanzo in cui affronta il tema della lussuria per mostrare il suo risvolto di disgusto e falsità.
Il piacere (1889)
trama: il conte Andrea Sperelli, che rappresenta “l’ideal tipo del giovine signore italiano del XIX secolo”, è un essere superiore di squisitta sensibilità artistica, ma al contempo è un debole, capace di ogni finzione, soggiogato dalla sensualità, e le sue aspirazioni di vita più elevata sono velleitarie. Egli tenta di dimenticare la bellissima Elena, rifiutando la vita dedita solo al soddisfacimento dei sensi. Si allontana da Roma e incontra Maria Bandinelli Ferres, moglie dell’ambasciatore del Guatemala, che lo ama sinceramente. Tornato a Roma il demone della lussuria riafferra Andrea: la figura dell’antica amante si insinua nel rapporto con Maria, che si complica. Durante un amplesso Andrea invoca il nome di Elena, annientando qualsiasi illusione d’affetto
Lo stile del romanzo aspira al sublime attraverso lunghi momenti descrittivi, corrispondenti alla ricerca del preziosismo, e la scrittura in una prosa rarefatta, compiaciuta di se stessa. La prosa ha un ritmo lento e statico, inseguendo con squisita minuzia ogni sfumetura psicologica e ogni particolare d’ambiente. Infatti il romanzo è in pratica sostenuto dalle raffinate descrizioni di arredamenti, vestiti, opere d’arte, e oggetti di antiquariato. Di fatto D’Annunzio accenna qualche condanna moralistica , ma in realtà si mostra attratto dallo stile di vita aristocratico e dissipato di Andrea Sperelli.
Successivamente ne L’innocente D’Annunzio scopre il romanzo psicologico morale di Dostoevskij. In questa pubblicazione D’Annunzio prosegue la distruzione del senso comune: colpa, castigo, aspirazione alla purezza sono i temi affrontati attraverso l’analisi di personaggi egoisti e senza principi contrapposti a figure esemplari di bontà, saggezza, dedizione al dovere. La morale è analizzata con l’occhio dell’esteta, attento a cogliere dove può nutrimento per sensazioni inconsuete e eccitanti.
Il decennio centrale della produzione dannunziana
Dedicatosi alla lettura di Nietzsche, D’Annunzio aderisce con entusiamo alla teoria del superuomo, che era già implicita nel suo aristocratico immoralismo. Essendo il primo a divulgare in Italia questo novità culturale, la riduce alla propria misura, cogliendo soprattutto l’idea del superuomo come affermazione di individualismo, di volontà e di potenza, che identifica con il suo culto estetico della vita come opera d’arte. D’ora in avanti il tema centrale della produzione dannunziana è il superomismo. I protagonisti dei romanzi del periodo compreso ta il 1894 e il 1900 (Il trionfo della morte 1894, La vergine delle rocce 1895, Il fuoco 1900) sono superuomini o aspiranti tali; ma questi assertori dell’affermazione personale si rivelano poi irresoluti, suggestionabili, morbosamente attratti da tutto ciò che sa di decadenza e disfacimento. Lo stile della prosa è musicale, in quanto ritrae il contesto di romanzi d’atmosfera, con unintreccio debolissimo; la prosa, infatti, tende a riprodurre la danza con successione ritmica di immagini
In queste opere D’Annunzio riprende e fonde varie esperienze artistiche del decadentismo: prima di tutto l’estetismo di Huysmans, legato alla percezione dei piccoli fatti quotidiani (ripreso da Verlaine) e ai miti decadenti del sangue e della morte.
Contemporaneamente D’Annunzio pratica una trasposizione allegorica di amori autobiografici (soprattutto per la cantante Eleonora Duse), facendo di se stesso il mito della bellezza ed esaltazione dei sensi.
Le laudi del cielo del mare della terra e degli eroi
Accanto alle pubblicazioni in prosa il mito del superuomo dà impulso all’attività poetica, che si concretizza nel progetto delle Laudi. Le Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi avrebbero dovuto essere composte da sette libri dedicate alle stelle della costellazione delle Pleiadi, ma videro la stampa solo i primi tre libri
Maia: è un poema autobiografico in strofe libere, in cui D’Annunzio rievoca il viaggio compiuto in Grecia nel 1895. Attraverso la rivisitazione dei miti greci, D’Annunzio celebra il superuomo, di cui è simbolo Ulisse, cioè il poeta stesso. Su tutto domina l’esaltazione dell’io “E io dissi: O mondo, sei mio!” e dei valori superomistici.
In Elettra il tema del superuomo si allarga a quello della super-nazione. La raccolta di poesie scritte in precedenza esalta l’ideale nazionalistico e bellicista.
Alcyone, il poema dell’estate, è composto in gran parte nel 1902 durante un’estate trascorsa in Versilia. La raccolta si presenta come una pausa contemplativa e lirica, tanto che l’allentarsi della passione eroica consente al poeta il poeta, di celebrare l’estate come espansione della vitalità della natura e dell’uomo: anche l’uomo — D’Annunzio stesso — appare una forza della natura, che identifica il poeta in Pan tornato sulla Terra; egli invoca una pausa dalla sua volontà super-umana per entrare in comunione con la natura stessa, che avviene attraverso un percorso in cui D’Annunzio conduce passo passo Ermione, la donna amata, verso la conoscenza delle forze vitali della terra. Al culmine dell’estatica identificazione tra uomo e natura, tuttavia, Ermione non compare più poiché solo il superuomo può raggiungere tali traguardi.
Nelle liriche conclusive, i Madrigali dell’estate, però, il poeta giunto al momento in cui compaiono le prime avvisaglie dell’autunno, segno del tempo che scorre inesorabilmente, è assalito dallo sconforto derivante dalla caducità dell’esperienza vissuta ma ormai inesorabilmente passata.
Le ultime prose: la sconfitta del superuomo
Dopo la pubblicazione di Alcyone l’ispirazione poetica di D’Annunzio si inaridisce. Gli scritti successivi sono pochi e di scarso interesse, perchè — o in conseguena di ciò — D’Annunzio si dedica all’azione politica e si arruola volontario per il fronte.
Unico scritto di una certe rilevanza è Notturno composto durante la forzata immobilità seguita a un incidente aereo nel 1916. Il poeta, che ha perso la vista da un occhio e rischia di diventare completamente cieco, è costretto a letto e si dedica alla riflessione. Il testo abbandona il genere del romanzo per cimentarsi in una prosa lirica, che si esprime attraverso pagine di diario, testi brevi, appunti cercando di creare quella che D’Annunzio ha definito una prosa impressionistca.
I temi principali affrontati sono la malattia e la morte, avvertite come fondamentale realtà e — soprattutto — la delusione per la vanità dei sogni superomistici. Non si scopre un D’Annunzio completamente nuovo perché al fondo si trova il suo smisurato egocentrismo, esaltato dal ripiegamento su se stesso dovuto alla situazione; di certo il suo virtuosismo espressivo, liberato dalle ambizioni narrative e ideologiche, si esprime al meglio nella libertà del frammento.