Forse un mattino andando

Eugenio Montale, Ossi di seppia, 1923

Luca Pirola
2 min readJan 25, 2024

Per un attimo, di fronte agli occhi del poeta, si manifestano una specie di interruzione della realtà e la rivelazione di un “nulla” che mettono in dubbio la certezza delle nostre consuete percezioni.

Metro due quartine di versi liberi (per esempio i versi 3 e 4 sono endecasillabi, 1, 6 e 7 sono doppi settenari) a rima alternata secondo lo schema ABAB CDCD. Si noti la rima ipermetra nascosta miracolo / ubriaco.

Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

In apertura torna la parola arida (v.2), termine chiave nella raccolta Ossi di seppia poiché l’aridità è la cifra dell’esistenza che opprime l’uomo con la mancanza di significati e punti di riferimento. Perciò la poesia racconta lo svelarsi del miracolo, inteso negativamente come la scoperta del vuoto.

L’immagine finale della strofa, il terrore di ubriaco, allude al panico che prende l’ubriaco quando si accorge di perdere la lucidità. Montale rappresenta la vertigine, lo choc prodotto dalla rivelazione che non esiste una realtà oggettiva.

Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me ne andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

La similitudine come s’uno schermo rimanda al cinema, con cui Montale vuole raffigurare la condizione dell’uomo del Novecento, davanti al quale il mondo scorre fittizio come i fotogrammi di una pellicola.

Nel componimento è reso evidente uno dei motivi centrali della poesia montaliana: la non certezza della realtà, riconosciuta ma non accettata. Il poeta paga di persona (con la solitudine e l’alienazione) la consapevolezza di un segreto (v.8): di avere cioè scoperto che il mondo fisico non esiste in sé, che esso non è che un’illusione (inganno v. 6) dei sensi.

La prima quartina, infatti, si apre con l’idea della negatività subita (il nulla v.3) e non voluta (il vuoto dietro / di me vv. 3–4). Di fronte a tale scoperta il peota risponde con orgoglio e virilità, accettando la solitudine. Il poeta è cosciente dell’inconsistenza della realtà, ma non è disposto a rivelare questo segreto agli altri uomini, che procedono dritti per la loro strada (non si voltano v.8). La drammaticità del componimento risiede nella diversità del poeta rispetto agli altri: solo il poeta si volge indietro e coglie la vacuità delle parvenze, acquisendo così la coscienza del nulla che lo circonda. Gli altri rimangono immersi nella realtà illusoria e consolatoria (inganno consueto v.6).

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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