Guido Cavalcanti

Boccaccio, Decameron, Sesta giornata, Novella 9

Luca Pirola
6 min readMar 16, 2023

La Sesta giornata, sotto il reggimento di Elissa, sono giocate su una battuta (motto o arguta risposta) conclusiva e dunque finalizzate e subordinate a questo scatto finale, perciò le novelle sono molto brevi. Le novelle di motto sono ambientate quasi sempre in Toscana e in ambito borghese. Talora protagonisti di battute spiritose sono grandi personaggi fiorentini, come il pittore Giotto nella quinta novella, o il poeta Guido Cavalcanti nella nona.

Nella novella Guido Cavalcanti tende a distinguersi dai giovani nobili suoi coetanei preferendo ai loro sciocchi passatempi una solitaria meditazione. Per questo suo atteggiamento, considerato un po’ altezzoso, c’è chi pensa di canzonarlo, ma l’intelligenza del poeta stilnovista gli suggerisce una risposta fulminante.

Guido Cavalcanti dice con un motto onestamente villania a certi cavalier fiorentini li quali soprappresso l’aveano.

Sentendo la reina che Emilia della sua novella s’era diliberata e che ad altri non restava a dir che a lei, se non a colui che per privilegio aveva il dir da sezzo, così a dir cominciò.

Quantunque, leggiadre donne, oggi mi sieno da voi state tolte da due in su delle novelle delle quali io m’avea pensato di doverne una dire, nondimeno me n’è pure una rimasa da raccontare, nella conclusione della quale si contiene un sì fatto motto, che forse non ci se n’è alcuno di tanto sentimento contato.

L’usanza delle brigate

Dovete adunque sapere che né tempi passati furono nella nostra città assai belle e laudevoli usanze, delle quali oggi niuna ve n’è rimasa, mercé dell’avarizia che in quella con le ricchezze è cresciuta, la quale tutte l’ha discacciate. Tra le quali n’era una cotale, che in diversi luoghi per Firenze si ragunavano insieme i gentili uomini delle contrade e facevano lor brigate di certo numero, guardando di mettervi tali che comportar potessono acconciamente le spese, e oggi l’uno, doman l’altro, e così per ordine tutti mettevan tavola, ciascuno il suo dì, a tutta la brigata; e in quella spesse volte onoravano e gentili uomini forestieri, quando ve ne capitavano, e ancora de’ cittadini; e similmente si vestivano insieme almeno una volta l’anno, e insieme i dì più notabili cavalcavano per la città, e talora armeggiavano, e massimamente per le feste principali o quando alcuna lieta novella di vittoria o d’altro fosse venuta nella città.

Boccaccio rievoca con nostalgia un tempo precedente al proprio, l’età che era stata dello stesso Dante, quella Firenze di fine Duecento.

La brigata di Betto vorrebbe avere Guido Cavalcanti

Tra le quali brigate n’era una di messer Betto Brunelleschi, nella quale messer Betto è compagni s’eran molto ingegnati di tirare Guido di messer Cavalcante de’ Cavalcanti, e non senza cagione; per ciò che, oltre a quello che egli fu un de’ migliori loici che avesse il mondo e ottimo filosofo naturale (delle quali cose poco la brigata curava, sì fu egli leggiadrissimo e costumato e parlante uomo molto, e ogni cosa che far volle e a gentile uom pertenente, seppe meglio che altro uom fare; e con questo era ricchissimo, e a chiedere a lingua sapeva onorare cui nell’animo gli capeva che il valesse.

Nel contesto storico introdotto il ritratto di Cavalcanti mette in luce le sue doti di uomo gentile tra le quali spiccano quella di essere abile e arguto nel parlare e soprattutto la sua qualifica di filosofo. É assente, invece, il riferimento alla sua attività di poeta stilnovista per cui oggi è più conosciuto.

Ma a messer Betto non era mai potuto venir fatto d’averlo, e credeva egli co’ suoi compagni che ciò avvenisse per ciò che Guido alcuna volta speculando molto astratto dagli uomini diveniva. E per ciò che egli alquanto tenea della oppinione degli epicuri, si diceva tra la gente volgare che queste sue speculazioni eran solo in cercare se trovar si potesse che Iddio non fosse.

All’immagine di Cavalcanti si contrappone quella di una comitiva di amici cella Firenze benestante, giovani superficiali, tutti dediti a passatempi vacui come banchetti, passeggiate a cavallo e giochi d’armi. Si tratta di due mondi che tra loro difficilmente possono comunicare; tale struttura evidenzia il procedimento narrativo del contrasto, che effettivamente consiste nel mettere a confronto due opposte mentalità, due diversi modi d’intendere i valori importanti dell’esistenza.

Guido Cavalcanti viene schernito dalla brigata

Ora avvenne un giorno che, essendo Guido partito d’Orto San Michele e venutosene per lo corso degli Adimari infino a San Giovanni, il quale spesse volte era suo cammino, essendo quelle arche grandi di marmo, che oggi sono in Santa Reparata, e molte altre dintorno a San Giovanni, ed egli essendo tra le colonne del porfido che vi sono e quelle arche e la porta di San Giovanni, che serrata era, messer Betto con sua brigata a caval venendo su per la piazza di Santa Reparata, veggendo Guido là tra quelle sepolture, dissero: — Andiamo a dargli briga; — e spronati i cavalli a guisa d’uno assalto sollazzevole gli furono, quasi prima che egli se ne avvedesse, sopra, e cominciarongli a dire:

- Guido tu rifiuti d’esser di nostra brigata; ma ecco, quando tu arai trovato che Iddio non sia, che avrai fatto?

L’arguta risposta di Guido

A’ quali Guido, da lor veggendosi chiuso, prestamente disse:

- Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace; — e posta la mano sopra una di quelle arche, che grandi erano, sì come colui che leggerissimo era, prese un salto e fussi gittato dall’altra parte, e sviluppatosi da loro se n’andò.

Il motto di Cavalcanti mette in evidenza gli elementi di un’antitesi, che sottolinea la diversità ideologica e morale esistente tra il Cavalcanti e i componenti la brigata. La prerogativa saliente del testo, che è esplicitata, consiste dunque nella capacità dialettica esperita dal protagonista per liberarsi definitivamente, senza possibilità di repliche, dei propri molestatori. La battuta di Guido è infatti veloce, leggera come il ritmo narrativo della novella e come lo stesso protagonista che agilmente si lancia dall’altra parte delle arche di marmo, lasciando i giovani della brigata attoniti. L’agilità fisica è espressione dell’agilità mentale e di parola del personaggio, che gli consenti di superare il goliardico, ma fastidioso accerchiamento.

Costoro rimaser tutti guatando l’un l’altro, e cominciarono a dire che egli era uno smemorato e che quello che egli aveva risposto non veniva a dir nulla, con ciò fosse cosa che quivi dove erano non avevano essi a far più che tutti gli altri cittadini, né Guido meno che alcun di loro.

Alli quali messer Betto rivolto disse:

- Gli smemorati siete voi, se voi non l’avete inteso. Egli ci ha detta onestamente in poche parole la maggior villania del mondo; per ciò che, se voi riguardate bene, queste arche sono le case de’ morti, per ciò che in esse si pongono e dimorano i morti; le quali egli dice che sono nostra casa, a dimostrarci che noi e gli altri uomini idioti e non litterati siamo, a comparazion di lui e degli altri uomini scienziati, peggio che uomini morti, e per ciò, qui essendo, noi siamo a casa nostra.

Lo spazio compreso fra le tombe viene attribuito a uomini “morti” sotto il profilo spirituale, che consumano il loro tempo in piaceri futili. Da un lato dunque i cittadini, che si prodigano a imbandire tavole, a ricevere i forestieri e a sfilare in costume per le strade; dall’altro l’artista solitario, meditabondo, tutto proteso alla scoperta di verità filosofiche: due visioni del mondo inconciliabili, perché basate su opposti valori.

Allora ciascuno intese quello che Guido aveva voluto dire e vergognossi né mai più gli diedero briga, e tennero per innanzi messer Betto sottile e intendente cavaliere.

La risposta acuta di Cavalcanti inizialmente non è compresa, ma solo quando messer Betto la spiega tutti si trovano a dover riconoscer la superiorità intellettuale di Guido. Si è sottolineato che la volontà del Boccaccio non fosse certo quella di esaurire la potenzialità della novella nel motto, lo comprendiamo dall’esigenza di spiegarne la profondità di contenuto attraverso le parole di messer Betto “Gli smemorati siete voi, se voi non l’avete inteso…”. Ed è certo difficile intendere un’allusione sottile per chi rimane troppo ancorato alla propria visione del mondo senza riuscire a immaginare un’altra interpretazione della realtà, in chiave spirituale e creativa.

La critica ha evidenziato in questa novella la ripresa di alcuni elementi del canto X dell’Inferno dantesco. L’ambiente delle tombe richiama il cerchio degli eretici e degli epicurei, dove Dante incontra Cavalcante Cavalcanti e Farinata degli Uberti, rispettivamente padre e suocere di Guido. Nella novella del Decameron si dice di Guido Cavalcanti che aveva fama di epicureo e la scena si svolge proprio tra le tombe marmoree. In tal modo è riscontrabile un omaggio di Boccaccio all’autore della Commedia attraverso una sorta di rovesciamento: infatti qui Guido, seppure epicureo, si libera delle tombe, che alludono all’assenza di vita interiore e alle quali lascia la brigata, giudicata prova della luce intellettuale.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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