I fiumi
Un’autobiografia in versi
La lirica è uno dei più importanti dell’Allegria e dell’intera opera ungarettiana, poiché rappresenta una sorta di autobiografia in versi.
Il poeta , in un momento di riposo dalla guerra, ha fatto il bagno nell’Isonzo. A sera ripensa a quell’esperienza e si rende conto che l’acqua dell’Isonzo ha rievocato e come riepilogato in se stessa quella di altri tre fiumi — Serchio, Nilo e Senna — rappresentativi dei momenti decisivi della sua vita.
Metrica
versi liberi prevalentemente brevi divisi in strofette irregolari di pochi versi.
Cotici il 16 agosto 1916
Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna
La strofa iniziale presenta il poeta in posizione meditativa, attraverso due azioni espresse dai verbi principali mi tengo e guardo. Lo scenario bellico — evocato in modo più esplicito più oltre dall’immagine dei sudici panni di guerra — è qui introdotto dall’albero “mutilato”, colpito alle bombe e privato dei rami o di parte del tronco.
La dolina è un elemento caratteristico del paesaggio carsico; Ungaretti la accosta analogicamente a un circo senza spettatori, un luogo triste e solitario dove il poeta stesso si sente abbandonato.
Stamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposatoL’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
L’acqua del fiume nella quale il poeta si è adagiato era trasparente come una teca di cristallo nella quale si conservano i resti dei santi, e il poeta si è sentito appunto come una reliquia. tra le due immagini metaforiche esiste uno stretto legame di interdipendenza, a suggerire il valore quasi sacro e rituale del gesto: il bagno nell’Isonzo è anche un bagno purificatore. Le acque dell’Isonzo, infatti, rendono liscio il corpo del poeta come fosse un sasso: inizia l’identificazione del soggetto con la Natura.
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acquaMi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole
Il corpo di Ungaretti è descritto nella sua dimensione materiale, levigato fino allo scheletro. L’esperienza di guerra, sudicia, è temporaneamente accantonata, tanto che Ungaretti può ricevere la luce del sole liberamente.
Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universoIl mio supplizio
É quando
Non mi credo
In armonia
In queste due strofe centrali risiede il senso profondo della poesia, in quanto esprimono il desiderio del poeta di sentirsi parte armonica del tutto, di sciogliersi quasi dalla sua individualità soggettiva per aderire a una identità universale, che unisce tutti gli uomini tra loro e alle cose stesse, soprattutto alla natura.
L’Isonzo rimanda, infatti, all’esperienza di guerra che ha consentito al poeta di condividere un destino comune e di riconoscersi in esso come in un’armonia universale.
Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
FelicitàHo ripassato
Le epoche
Della mia vita
Inizia qui la riflessione del poeta sulla varie fasi della propria vita: ogni ricordo è incarnato in un fiume — simbolo con coerenza rispetto al luogo della rievocazione della propria storia personale.
Questi sono
I miei fiumiQuesto è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre.
Dalla Garfagnana, zona bagnata dal Serchio deriva la famiglia di Ungaretti, perciò egli immagina che da quel fiume abbiano preso acqua i suoi antenati conadini fino a giungere ai suoi genitori.
Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianure
Ungaretti è nato e vissuto fino a vent’anni in Egitto, vicino alla foce del Nilo. Nei pressi del deserto ha trascorso la giovinezza, bruciando nella condizione tipica di una coscienza e di una identità ancora in formazione, non sicure di se stesse.
Questa è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto
A Parigi Ungaretti ha studiato e trascorso parte della propria vita, prendendo coscienza di sé e lasciandosi coinvolgere nella vita della città dalla vivace vita culturale.
Questi sono i miei fiumi
Contati nell’IsonzoQuesta è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre
L’ardita immagina finale significa che la vita del poeta è come un fiore ancora sconosciuto che aspetti ad aprirsi; o più probabilmente allude al momento vissuto dal poeta, un periodo di tenebra causato dal conflitto in atto.
Le esperienze rievocate da Ungaretti sono:
- la guerra e la conquista dell’identità, che consiste nel riconoscersi nell’Isonzo
- il riconoscimento delle proprie radici, la consapevolezza di discendere da generazioni familiari che si sono sommate in lui
- l’infanzia e la giovinezza trascorse in Egitto e vissute all’insegna della libertà e della sconsideratezza
- la formazione culturale, che avviene a Parigi dove il poeta frequenta l’università ed entra in contatto con gli ambienti dell’avanguardia letteraria e artistica.
Ne I fiumi, infatti, si possono ritrovare tutti i principali temi dell’Allegria, ovvero la guerra rappresentata dall’albero mutilato e dai sudici panni. La partecipazione al conflitto mondiale come soldato semplice consente a Ungaretti di riconoscersi parte di una comunità sofferente, che permette di superare la solitudine esistenziale che caratterizza l’uomo nella società contemporanea.
Il bisogno di armonia si esprime anche nella ricerca di una sintonia con la natura. Il poeta rinuncia alla propria individualità, espressione di una dimensione ransitoria e frammetnaria, per trovare l’assoluta armonia di un ordine superiore naturale. L’uomo che non sa vedere oltre la contingenza resta prigioniero patendo il supplizio che la violenza della guerra rende palese. La poesia di Ungaretti è il tentativo continuo di superare il limite del presente per ricongiungersi all’assoluto.
La guerra diventa anche manifestazione esplicita di uno sradicamento, di una mancanza di identità. Contro questo processo, il poeta cerca di riappropriarsi della propria storia, recuperando le proprie origini e il proprio passato.
Stile sperimentale
A partire da I fiumi si possono rilevare gli elementi che determinano la rivoluzione formale della ricerca di Ungaretti. i versi sono liberi e in genere molto brevi, fino a coincidere con una singola parola; la rima è praticamente abolita; mancano i nessi sintattici e la punteggiatura. Di quest’ultima resta un’eco nelle iniziali maiuscole che aprono ogni strofa. Domina la prima persona singolare del verbo, a sottolineare il valore di testimonianza diretta del poeta.
La poetica di Ungaretti resta sospesa tra espressionismo e simbolismo: la frantumazione del verso risponde a un’esigenza di forza e di rilevamento sintattico, con significato dunque espressionistico, sia di una valorizzazione simbolistica del particolare e della parola in quanto veicolo di verità. La componente simbolista è qui spiccata in quanto sono evidenti la fiducia nella natura e il ricorso all’analogia. Il simbolismo riconosce nella natura una via d’accesso all’universale, infatti a partire dal contatto con l’acqua dell’Isonzo il poeta ha raggiunto tutti gli altri fiumi legati alla propria esistenza: periodi lunghi e luoghi distanti risultano così unificati. Si introduce così un altro elemento del simbolismo: la fiducia nelle corrispondenze, per cui ogni cosa rimanda d un’altra e, anzi, una cosa è un’altra. L’Isonzo è il Serchio, il Nilo, la Senna, allo stesso modo in cui il poeta è un sasso, una reliquia, un acrobata, un beduino.