I pastori

La nostalgia del passato

Luca Pirola
3 min readOct 20, 2021
Pellizza da Volpedo, Lo specchio della vita

L’ultima parte dell’Alcyone è un’elegia di fine estate, che passa lentamente nella dolce malinconia dell’autunno. Le tematiche principali sono la nostalgia di terre lontane, le memorie antiche velate di un’atmosfera di sogno. Qui, in particolare, si tratta del ricordo mitico e favoloso della gente e della terra natale del poeta, dell’Abruzzo in cui D’Annunzio ha trascorso l’infanzia e con il quale dimostra di mantenere un profondo legame affettivo.

Schema metrico: quattro strofe di cinque endecasillabi, variamente rimati, più di un endecasillabo isolato in chiusura

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

L’’incipit con un’espressione vicina la parlato andiamo introduce il lettore in un registro colloquiale, che associa la voce del poeta a quella dei pastori.

La lirica fa riferimento alla transumanza, consuetudine antica che si ripeteva da generazioni seguendo gli stessi riti e le stesse strade. Il mese di settembre è un periodo di cambiamento, di passaggio dall’estate all’autunno, che porta con sé una profonda nostalgia; il poeta si sente pienamente protagonista della vicenda dei pastori, sin dal primo verso, com’è evidente dal verbo alla prima persona plurale “Andiamo”, e la sua nostalgia è la stessa dei pastori, costretti a lasciare le loro terre.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natia
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.

Se nella prima parte della lirica sono descritte soprattutto le azioni dei pastori e dominano i verbi di movimento (“andiamo”; ”migrare”; ”vanno”; “scendono”), nella seconda, invece, il paesaggio diventa il protagonista assoluto, con gli elementi visivi che si mescolano a quelli sonori (“erbal fiume silente”; “il tremolar de la marina”; “il sole imbionda”; “isciacquio, capestio, dolci romori”). Il paesaggio è un elemento centrale della poesia ed è un paesaggio continuamente sospeso tra acqua e terra, i due elementi tra i quali il poeta cerca di stabilire una forte connessione, per sottolineare che la natura è un “tutto” omogeneo, con cui anche lui stesso si identifica, in linea con la sua concezione panica.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.

La descrizione del paesaggio è fortemente soggettiva, perché il poeta rielabora e trasforma la realtà, come evidenziato dai velli delle pecore che si identificano con la sabbia, in quanto rappresentano due distese uniformi di colore.

Ah perché non son io cò miei pastori?

Il coinvolgimento emotivo del poeta si esplicita pienamente nell’ultimo verso, molto struggente, con l’interrogativa retorica enfatica “Ah, perché non son io cò miei pastori?”. Domanda che suscita nostalgia perché sottolinea la lontananza del poeta dai pastori e dal mondo della sua infanzia, dalla sua terra natìa e che per i pastori sembra essere una possibilità di pace.

Il periodare è lento, pacato, scandito da forti pause per dare l’idea di una nostalgia e di una pace antica nella quale il poeta vuole immergersi completamente. La transumanza non era solo uno spostamento di greggi dai pascoli estivi a quelli invernali, ma anche l’incontro tra antiche tradizioni e usanze diverse.

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Luca Pirola
Luca Pirola

Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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