I simboli della natura
Giovanni Pascoli, Myricae, Novembre
È uno dei testi più antichi di Pascoli, che lo inserì nella prima edizione di Myricae. Il paesaggio è, come altre volte, una realtà a doppio fondo: sotto un’apparenza di armonia e di positività possono nascondersi, e spesso in effetti si nascondono, la presenza e la minaccia della morte. Qui una giornata mite e serena trasmette per un attimo l’illusione di essere in primavera, ma si è in realtà in novembre. In questo mese cade infatti la cosiddetta “estate di San Martino” (l’11), in cui si possono avere alcune giornate quasi estive; e cade però anche la ricorrenza dei morti (il 2); così che il poeta può fondere i due aspetti (quello dell’apparenza estiva e quello dell’autunno reale) nella conclusione, definendo il clima quale «estate […] dei morti».
Metro: Tre strofe saffiche (quartine composte da tre endecasillabi e da un quinario, con rime secondo lo schema abab).
Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…
Nella prima strofa è descritto un paesaggio sereno e quasi primaverile; l’ambiente è definito con sensazioni visive, che descrivono l’aria tersa e limpida, la luce del sole, e olfattive, come il profumo del biancospino.
La positività delle sensazioni è confermata dal lessico ricco di termini positivi: Gèmmea, il sole così chiaro (v.1); gli albicocchi in fiore (v.2). Anche il ritmo è musicale e cantabile
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
All’inizio della 2^ strofa il connettivo avversativo Ma (v. 5) dà un forte segnale del passaggio alla realtà, che è confermato da una serie di indizi (le piante sono secche, il cielo è senza uccelli, il terreno gelato), che chiariscono che siamo in autunno. Il lessico cambia, poiché sottolinea la struttura binaria dei contenuti, infatti con climax ascendente si ripetono termini che rinviano alla morte (secco, stecchite al v.5, nere trame al v. 6 e vuoto al v.7); oltre a ciò il paesaggio contribuisce a enfatizzare tale tema: le piante sono stecchite (v.5), vuoto il cielo al v. 7, infine è definito cavo come una tomba il terreno (vv.7–8).
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l’estate,
fredda, dei morti.
Nella 3^ strofa la delusione subentra alla gioia iniziale: il fruscio di foglie secche e il silenzio ovunque indicano la precarietà e il senso di morte che grava sul paesaggio. Il sereno è solo effimera illusione, come evidenziano le espressioni del cader fragile (v.11) delle foglie, che allude alla precarietà della vita umana e prepara all’ossimoro finale estate fredda, dei morti (v.11–12), che sintetizza il significato della lirica.
Inoltre nella 2^ e 3^ strofa si ricorre alla sintassi nominale. Il poeta utilizza frasi elittiche del verbo (cioè verbo sottinteso ai vv. 1 e 9) e a periodi brevi e coordinati per polisindeto. La punteggiatura crea numerose pause che annullano la musicalità della metrica, creando un ritmo franto e dissonante che rimanda alla negatività dei contenuti.
Alla contrapposizione, presentata nel paesaggio, tra primavera (apparente) ed autunno (reale), oppure tra estate ed autunno, si sovrappone la contrapposizione vita-morte: all’apparente rinascita della vita corrisponde in realtà la morte incombente. Questa corrispondenza non appartiene al dato naturale in se stesso, ma scaturisce appunto dalla sua simbolizzazione.
L’idea della morte si impone attraverso una serie di allusioni simboliche: il terreno risuona sotto i piedi così da apparire «cavo» (v. 7), suggerendo dunque la sensazione del vuoto e del mondo sotterraneo, dove stanno i morti; il cadere delle foglie è definito «fragile» (v. 11), aggettivo che invita il lettore a passare dall’oggettività alla soggettività, dalla caducità delle cose a quella degli uomini. In tal modo il riferimento esplicito alla morte nella conclusione del testo risulta una logica conseguenza di ciò che precede, anche se resiste l’ambiguità della condizione naturale (ed esistenziale) negli ossimori «estate,/fredda» ed «estate […] dei morti».
Dunque il contrasto tra illusione di primavera e realtà dell’inverno rimanda al contrasto tra il rinascere della vita e l’incombere della morte, reso attraverso lo svelamento dei simboli della natura.