Il manifesto tecnico della letteratura futurista

Le regole per una nuova poesia: le parole in libertà

Luca Pirola
6 min readNov 20, 2020
Tullio Crali, Incuneandosi nell’abitato, MART, Rovereto

Il Manifesto è pubblicato come introduzione all’antologia “I poeti futuristi” nel 1912; il brano riportato è inserito in una cornice introduttiva in cui Marinetti espone le regole per la redazione di una poesia futurista dall’alto di un aeroplano in volo nel cielo di Milano.

Il testo è regolativo, perciò pone attenzione agli aspetti formali (tecnici) della poetica futurista: Marinetti propone una forma espressiva che scardini la sintassi tradizionale e si fondi sulle “parole in libertà”.

La forma dell’elenco numerato fornisce le regole esplicite di composizione, in gran parte polemiche verso l’uso tradizionale; nei primi sei punti si destruttura la sintassi: l’abolizione della coniugazione, dell’avverbio, dell’aggettivo mirano a far risaltare i termini nella loro pregnanza espressiva e nella loro materialità. La rinuncia alla punteggiatura è finalizzata alla velocità e immediatezza del discorso. Tutto concorre a distruggere la letteratura dell’io, sostituita dall’ossessione della materia in una concezione meccanica dell’uomo e della realtà.

In aeroplano, seduto sul cilindro della benzina, scaldato il ventre dalla testa dell’aviatore, io sentii l’inanità ridicola della vecchia sintassi ereditata da Omero. Bisogno furioso di liberare le parole, traendole fuori dalla prigione del periodo latino! Questo ha naturalmente, come ogni imbecille, una testa previdente un ventre, due gambe e due piedi piatti, ma non avrà mai due ali. Appena il necessario per camminare, per correre un momento e fermarsi quasi subito sbuffando!

Ecco che cosa mi disse l’elica turbinante, mentre filavo a duecento metri sopra i possenti fumaiuoli di Milano. E l’elica soggiunse:

1. Bisogna distruggere la sintassi disponendo i sostantivi a caso, come nascono.

Il presupposto del poeta futurista è la rinuncia a ogni strutturazione logica del discorso.

2. Si deve usare il verbo all’infinito, perché si adatti elasticamente al sostantivo e non lo sottoponga all’io dello scrittore che osserva o immagina. Il verbo all’infinito può, solo, dare il senso della continuità della vita e l’elasticità dell’intuizione che la percepisce.

3. Si deve abolire l’aggettivo, perché il sostantivo nudo conservi il suo colore essenziale. L’aggettivo avendo in sé un carattere di sfumatura, è inconcepibile con la nostra visione dinamica, poiché suppone una sosta, una meditazione.

4. Si deve abolire l’avverbio, vecchia fibbia che tiene unite l’una all’altra le parole. L’avverbio conserva alla frase una fastidiosa unità di tono.

5. Ogni sostantivo deve avere il suo doppio, cioè il sostantivo deve essere seguito, senza congiunzione, dal sostantivo a cui è legato per analogia. Esempio: uomo-torpediniera, donna-golfo, folla-risacca, piazza-imbuto, porta-rubinetto. […]

6. Abolire anche la punteggiatura. Essendo soppressi gli aggettivi, gli avverbi e le congiunzioni, la punteggiatura è naturalmente annullata, nella continuità varia di uno stile vivo che si crea da sé, senza le soste assurde delle virgole e dei punti. Per accentuare certi movimenti e indicare le loro direzioni, s’impiegheranno segni della matematica: + — x : = > <, e i segni musicali.

I futuristi mirano alla contaminazione dei diversi linguaggi per rendere con maggiore immediatezza la materialità del reale.

7. Gli scrittori si sono abbandonati finora all’analogia immediata. Hanno paragonato per esempio l’animale all’uomo o ad un altro animale, il che equivale ancora, press’a poco, a una specie di fotografia… (Hanno paragonato per esempio un fox-terrier a un piccolissimo puro-sangue. Altri, più avanzati, potrebbero paragonare quello stesso fox-terrier trepidante a una piccola macchina Morse. Io lo paragono invece a un’acqua ribollente. V’è in ciò una gradazione di analogie sempre più vaste, vi sono dei rapporti sempre più profondi e solidi, quantunque lontanissimi.)

L’attenzione all’analogia che collega cose distanti richiama all’esperienza di Baudelaire (Corrispondenze), nonostante Marinetti rifiuti la poetica simbolista.

L’uso delle analogie, il più possibile insolite e ardite, collegate tra loro in “catene” e gradazioni libere dalla logica consueta, cui deve sostituirsi la libera intuizione, unito alla distruzione della sintassi porta alla creazione di un linguaggio tutto nuovo e immediato, fondato sulle “parole in libertà”, la cui collocazione nella pagina corrisponde alla “immaginazione senza fili”. Questa nuova arte, volta a rendere percepibile in modo immediato la materialità del reale, si contrappone polemicamente ai canoni estetici tradizionali, spingendosi consapevolmente fino al nonsenso e al brutto.

L’analogia non è altro che l’amore profondo che collega le cose distanti, apparentemente diverse ed ostili. Solo per mezzo di analogie vastissime uno stile orchestrale, ad un tempo policromo, polifonico, e polimorfo, può abbracciare la vita della materia. […]

8. Non vi sono categorie d’immagini, nobili o grossolane o volgari, eccentriche o naturali. L’intuizione che le percepisce non ha né preferenze né partiti-presi. Lo stile analogico è dunque padrone assoluto di tutta la materia e della sua intensa vita.

9. Per dare i movimenti successivi d’un oggetto bisogna dare la catena delle analogie che esso evoca, ognuna condensata, raccolta in una parola essenziale. […] Per avviluppare e cogliere tutto ciò che vi è di più fuggevole e di più inafferrabile nella materia, bisogna formare delle strette reti d’immagini o analogie, che verranno lanciate nel mare misterioso dei fenomeni. […]

10. Siccome ogni specie di ordine è fatalmente un prodotto dell’intelligenza cauta e guardinga, bisogna orchestrare le immagini disponendole secondo un maximum di disordine.

11. Distruggere nella letteratura l’«io», cioè tutta la psicologia. L’uomo completamente avariato dalla biblioteca e dal museo, sottoposto a una logica e ad una saggezza spaventose, non offre assolutamente più interesse alcuno. Dunque, dobbiamo abolirlo nella letteratura, e sostituirlo finalmente colla materia, di cui si deve afferrare l’essenza a colpi d’intuizione, la qual cosa non potranno mai fare i fisici né i chimici. Sorprendere attraverso gli oggetti in libertà e i motori capricciosi, la respirazione, la sensibilità e gli istinti dei metalli, delle pietre, del legno ecc. Sostituire la psicologia dell’uomo, ormai esaurita, con l’ossessione lirica della materia.

Lo scopo primario della poesia futurista è la rappresentazione della realtà moderna nella sua concretezza.

Bisogna introdurre nella letteratura tre elementi che furono finora trascurati:

1. il rumore (manifestazione del dinamismo degli oggetti);

2. il peso (facoltà di volo degli oggetti);

3. l’odore (facoltà di sparpagliamento degli oggetti).

Sforzarsi di rendere per esempio il paesaggio di odori che percepisce un cane. Ascoltare i motori e riprodurre i loro discorsi. […]

Noi inventeremo insieme ciò che io chiamo l’immaginazione senza fili. Giungeremo un giorno ad un’arte ancor più essenziale, quando oseremo sopprimere tutti i primi termini delle nostre analogie per non dare più altro che il seguito ininterrotto dei secondi termini. Bisognerà, per questo, rinunciare ad essere compresi. Esser compresi, non è necessario. Noi ne abbiamo fatto a meno, d’altronde, quando esprimevamo frammenti della sensibilità futurista mediante la sintassi tradizionale e intellettiva. […]

Ci gridano: «La vostra letteratura non sarà bella! Non avremo più la sinfonia verbale, dagli armoniosi dondolii, e dalle cadenze tranquillizzanti!» Ciò è bene inteso! E che fortuna! Noi utilizziamo, invece, tutti i suoni brutali, tutti i gridi espressivi della vita violenta che ci circonda. Facciamo coraggiosamente il «brutto» in letteratura, e uccidiamo dovunque la solennità. Via! non prendete di quest’arie da grandi sacerdoti, nell’ascoltarmi! Bisogna sputare ogni giorno sull’Altare dell’Arte! Noi entriamo nei dominii sconfinati della libera intuizione. Dopo il verso libero, ecco finalmente le parole in libertà!

Nella conclusione i futuristi non si preoccupano della fruibilità della loro opera, che deve innanzitutto stupire. All’idea tradizionale della sacralità dell’arte Marinetti contrappone un tono violentemente dissacratore.

Lo stile adotta la forma del Manifesto, ossia dello scritto tecnico programmatico rivolto a un vasto pubblico e particolarmente studiato nell’aspetto grafico.
Il ricorso all’elenco e a caratteri tipografici diversi evidenzia con chiarezza i punti centrali del testo. Lo stile è perentorio e imperativo, come sottolineato dall’anafora del “bisogna” e del “si deve”.
I periodi sono brevi e scanditi, mentre nell’ultima parte prevale un tono più enfatico.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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