Il matrimonio “sbagliato”

Italo Svevo, La coscienza di Zeno, capitolo 5

Luca Pirola
8 min readJan 21, 2024
Lorenzo Viani, Sposalizio, 1913–14

Zeno decide di prendere moglie poiché il matrimonio gli appare come un modo per guarire dalla sua malattia della volontà. Zeno ha conosciuto al Tergesteo, la Borsa di Trieste, Giovanni Malfenti, un abile uomo d’affari che ha iniziato a proteggerlo e lo ha introdotto nella sua ricca casa. Per diversi mesi Zeno frequenta la moglie e le quattro figlie del ricco commerciante: Ada, Augusta, Alberta e la piccola Anna. In principio Zeno considera la decisione di sposarsi, solo in seguito si innamora di Ada, la più bella, e non si accorge che Augusta a sua volta è innamorata di lui. Zeno, infatti, idealizza Ada, sovrapponendo alla ragazza reale l’immagine costruita nella sua fantasia. Al termine del corteggiamento finalmente Zeno approfitta di un momento in cui è solo con Ada per farle la sua dichiarazione d’amore. Ma la ragazza lo respinge. Ecco allora che sposta la sua domanda di matrimonio dapprima su Alberta infine proprio su Augusta, che mai avrebbe voluto sposare.

Non v’è niente di più difficile a questo mondo che di fare un matrimonio proprio come si vuole. Lo si vede dal caso mio ove la decisione di sposarmi aveva preceduto di tanto la scelta della fidanzata. Perché non andai a vedere tante e tante ragazze prima di sceglierne una? No! Pareva proprio mi fosse spiaciuto di vedere troppe donne e non volli faticare. Scelta la fanciulla, avrei anche potuto esaminarla un po’ meglio e accertarmi almeno ch’essa sarebbe stata disposta di venirmi incontro a mezza strada come si usa nei romanzi d’amore a conclusione felice. Io, invece, elessi la fanciulla dalla voce tanto grave e dalla capigliatura un po’ ribelle, ma assettata severamente e pensai che, tanto seria, non avrebbe rifiutato un uomo intelligente, non brutto, ricco e di buona famiglia come ero io. Già alle prime parole che scambiammo sentii qualche stonatura, ma la stonatura è la via all’unisono. Devo anzi confessare che pensai: «Ella deve rimanere quale è, poiché così mi piace e sarò io che mi cambierò se essa lo vorrà». In complesso ero ben modesto perché è certamente più facile di mutare sé stesso che non di rieducare altri.

Presa la decisione di sposarsi prima ancora di sapere con chi, Zeno decide che la sua sposa sarà una delle sorelle Malfenti, più per pigrizia e opportunismo che per un sentimento sincero. Tra le tre sceglie Ada, che è oggetto di un’idealizzazione evidente.

Dopo brevissimo tempo la famiglia Malfenti divenne il centro della mia vita. […] Portai talvolta con me il mio violino e passai qualche poco di musica con Augusta, la sola che in quella casa sonasse il piano. Era male che Ada non sonasse, poi era male che io sonassi tanto male il violino e malissimo che Augusta non fosse una grande musicista. Di ogni sonata io ero obbligato di eliminare qualche periodo perché troppo difficile, col pretesto non vero di non aver toccato il violino da troppo tempo. Il pianista è quasi sempre superiore al dilettante violinista e Augusta aveva una tecnica discreta, ma io, che sonavo tanto peggio di lei, non sapevo dirmene contento e pensavo: «Se sapessi sonare come lei, come sonerei meglio!» Intanto ch’io giudicavo Augusta, gli altri giudicavano me e, come appresi più tardi, non favorevolmente. Poi Augusta avrebbe volentieri ripetute le nostre sonate, ma io m’accorsi che Ada vi si annoiava e perciò finsi più volte di aver dimenticato il violino a casa. Augusta allora non ne parlò più.

Il racconto del corteggiamento è fatto a posteriori, pertanto lo stesso Zeno rileva che le affinità con Augusta era ben maggiori rispetto a quelle con la sorella; inoltre — del senno di poi — Zeno è cosciente che Augusta mostra un interesse per lui.

Purtroppo io non vivevo solo con Ada le ore che passavo in quella casa. Essa ben presto m’accompagnò il giorno intero. Era la donna da me prescelta, era perciò già mia ed io l’adornai di tutti i sogni perché il premio della vita m’apparisse più bello. L’adornai, le prestai tutte le tante qualità di cui sentivo il bisogno e che a me mancavano, perché essa doveva divenire oltre che la mia compagna anche la mia seconda madre che m’avrebbe addotto a una vita intera, virile, di lotta, e di vittoria.

Zeno porta dentro di sé l’immagine dell’amata, rievocando il topos del pensiero costante per la donna reso come immagine sempre presente nella sua interiorità.

Nei miei sogni anche fisicamente l’abellii prima di consegnarla ad altri. In realtà io nella mia vita corsi dietro a molte donne e molte di esse si lasciarono anche raggiungere. Nel sogno le raggiunsi tutte. Naturalmente non le abbellisco alterandone i tratti, ma faccio come un mio amico, pittore delicatissimo, che quando ritratta delle donne belle, pensa intensamente anche a qualche altra bella cosa per esempio a della porcellana finissima. Un sogno pericoloso perché può conferire nuovo potere alle donne di cui si sognò e che rivedendo alla luce reale conservano qualche cosa delle frutta, dei fiori e della porcellana da cui furono vestite.

Ma la realtà dei fatti è ben diversa: la donna, infatti, non ricambia l’amore per Zeno. Una sera fa la comparsa un giovane, Guido, un nuovo pretendente di Ada, che fa breccia nel cuore della donna. Il confronto con il rivale è determinante per orientare le scelte di Zeno: Guido, uomo di successo negli affari, affascinante e dotato nelle arti (è suonatore di violino) costituisce, agli occhi del protagonista, un modello inarrivabile, con cui il confronto si rivela sempre perso in partenza: da qui, una serie di umiliazioni, patetici errori o veri “atti mancati” che svelano le ossessioni di Zeno nei rapporti con gli altri.

M’è difficile di raccontare della mia corte ad Ada. […] Io che già ero passato per ogni specie di avventure condotte sempre con uno spirito intraprendente che arrivava alla sfacciataggine, ecco ch’ero ridivenuto il ragazzetto timido che tenta di toccar la mano dell’amata magari senza ch’essa se ne avveda, eppoi adora quella parte del proprio corpo ch’ebbe l’onore di simile contatto. Questa ch’è stata la più pura avventura della mia vita, anche oggi che son vecchio io la ricordo quale la più turpe. Era fuori di posto, fuori di tempo quella roba, come se un ragazzo di dieci anni si fosse attaccato al petto della balia. Che schifo!

Come spiegare poi la mia lunga esitazione di parlare chiaro e dire alla fanciulla: Risolviti! Mi vuoi o non mi vuoi? Io andavo a quella casa arrivandovi dai miei sogni; contavo gli scalini che mi conducevano a quel primo piano dicendomi che se erano dispari ciò avrebbe provato ch’essa m’amava ed erano sempre dispari essendovene quarantatré. Arrivavo a lei accompagnato da tanta sicurezza e finivo col parlare di tutt’altra cosa. Ada non aveva ancora trovata l’occasione di significarmi il suo disdegno ed io tacevo! Anch’io al posto di Ada avrei accolto quel giovinetto di trent’anni a calci nel sedere!

Devo dire che in certo rapporto io non somigliavo esattamente al ventenne innamorato il quale tace aspettando che l’amata gli si getti al collo. Non m’aspettavo niente di simile. Io avrei parlato, ma più tardi. Se non procedevo, ciò era dovuto ai dubbii su me stesso. Io m’aspettavo di divenire più nobile, più forte, più degno della mia divina fanciulla. Ciò poteva avvenire da un giorno all’altro. Perché non aspettare?

L’attesa che porta all’indecisione è una costante del comportamento di Zeno: in questo modo egli mantiene viva ogni possibilità, rinvia il pericolo del fallimento, a cui inevitabilmente andrà incontro a causa della sua stessa irresolutezza.

Mi vergogno anche di non essermi accorto a tempo ch’ero avviato ad un fiasco simile. Avevo da fare con una fanciulla delle più semplici e fu a forza di sognarne ch’essa m’apparì quale una civetta delle più consumate. Ingiusto quell’enorme mio rancore quand’essa riuscì a farmi vedere ch’essa di me non ne voleva sapere. Ma io avevo mescolato tanto intimamente la realtà ai sogni che non riuscivo a convincermi ch’essa mai m’avesse baciato.

Il ricordo porta il narratore a notare come egli avesse maturato una visione completamente distorta della realtà, sovrapponendole i suoi sogni, desideri.

È proprio un indizio di scarsa virilità quello di fraintendere le donne. Prima non avevo sbagliato mai e devo credere di essermi ingannato sul conto di Ada per avere da bel principio falsati i miei rapporti con lei. A lei m’ero avvicinato non per conquistarla ma per sposarla ciò ch’è una via insolita dell’amore, una via ben larga, una via ben comoda, ma che conduce non alla mèta per quanto ben vicino ad essa. All’amore cui così si giunge manca la caratteristica principale: l’assoggettamento della femmina. Così il maschio si prepara alla sua parte in una grande inerzia che può estendersi a tutti i suoi sensi, anche a quelli della vista e dell’udito.

Ogni comportamento di Zeno non corrisponde a una ipotesi di causa-effetto che egli ha elaborato: a ogni sua azione non corrisponde la conseguenza desiderata o pianificata. Nessuno dei suoi atti, volti a conquistare Ada, sembra produrre l’effetto desiderato; anzi ogni sua azione diviene causa di una conseguenza diversa — se non opposta — da quella programmata. Il risultato paradossale del suo corteggiamento sarà l’indignazione e il disprezzo di Ada e la “conquista” di Augusta.

Io portai giornalmente dei fiori a tutt’e tre le fanciulle e a tutt’e tre regalai le mie bizzarrie e, sopra tutto, con una leggerezza incredibile, giornalmente feci loro la mia autobiografia.

A tutti avviene di ricordarsi con più fervore del passato quando il presente acquista un’importanza maggiore. Dicesi anzi che i moribondi, nell’ultima febbre, rivedano tutta la loro vita. Il mio passato m’afferrava ora con la violenza dell’ultimo addio perché io avevo il sentimento di allontanarmene di molto. E parlai sempre di questo passato alle tre fanciulle, incoraggiato dall’attenzione intensa di Augusta e di Alberta che, forse, copriva la disattenzione di Ada di cui non sono sicuro. Augusta, con la sua indole dolce, facilmente si commoveva e Alberta stava a sentire le mie descrizioni di scapigliatura studentesca con le guancie arrossate dal desiderio di poter in avvenire passare anch’essa per avventure simili.

Molto tempo dopo appresi da Augusta che nessuna delle tre fanciulle aveva creduto che le mie storielle fossero vere. Ad Augusta apparvero perciò più preziose perché, inventate da me, le sembrava fossero più mie che se il destino me le avesse inflitte. Ad Alberta quella parte in cui non credette fu tuttavia gradevole perché vi scorse degli ottimi suggerimenti. La sola che si fosse indignata delle mie bugie fu la seria Ada. Coi miei sforzi a me toccava come a quel tiratore cui era riuscito di colpire il centro del bersaglio, però di quello posto accanto al suo.

Infine Augusta accetta la proposta di Zeno, affermando che il giovane ha bisogno di una donna che voglia vivere per lui e lei può essere quella donna, cioè una sorta di madre accondiscendente e protettiva. Quello di Zeno e Augusta diventa allora un tipico matrimonio “borghese”, in apparenza sereno e felice: alle nevrosi di Zeno (da egli stesso confessate) e alla sua futura infedeltà, corrisponde lo spirito di sacrificio (che cela a sua volta il desiderio di non rimanere nubile) della consorte.

Come si nota allora da questo episodio non è il protagonista a decidere della sua vita a fare le sue scelte e perseguirle, ma è condotto dagli eventi e dalle scelte altrui, al punto di sposare un’altra donna, che non ama. Nel mondo di Zeno sembra non esserci posto per la provvidenza o per una logica successione di cause ed effetti: al contrario, tutto appare affidato al caso. Infatti il protagonista, inetto, instabile nelle decisioni e incapace di assumersi delle responsabilità, ha un comportamento assolutamente assurdo e imprevedibile.

Nella stesura del diario gli eventi della vita di Zeno appaiono sempre precipitare prendendo una direzione differente da quella che egli aveva pianificato: anche la scelta della moglie procede con lo stesso percorso indipendente dalla volontà di Zeno. Il matrimonio “sbagliato” non sarà un legame infelice, anzi il matrimonio si rivelerà provvidenziale per Zeno, anche se compiuto per sbaglio.

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