Il narratore inaffidabile

Prefazione e preambolo de La coscienza di Zeno

Luca Pirola
7 min readNov 30, 2020
Umberto Boccioni, L’antigrazioso 1912–13

È il dottor S., lo psicoanalista che ha avuto in cura Zeno, il protagonista, a rivolgersi per primo al lettore. Egli spiega da quali ragioni nascano le pagine auto- biografiche del romanzo; pagine del tutto particolari, redatte a scopo terapeutico, ma da lui pubblicate per vendicarsi del rifiuto opposto dal paziente a proseguire la cura.

Non esiste un’identificazione sicura del Dottor S. L’iniziale potrebbe far pensare addirit- tura al padre fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud. Altra possibile e forse più probabile indentificazione, quella con il freudiano dottor Stekel, conosciuto e non giudicato favorevolmente da Svevo stesso. Ma l’ambiguità è forse voluta e accentuata dal fatto che l’iniziale usata è la medesima del cognome, anagrafico come pseudonimo, dell’autore medesimo.

Nella Prefazione, dunque la voce narrante è quella dello psicoanalista, che ha indotto il suo paziente a scrivere l’autobiografia, per facilitare la terapia.

Prefazione

Io sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere. Chi di psico-analisi s’intende, sa dove piazzare l’antipatia che il paziente mi dedica. Di psico-analisi non parlerò perché qui entro se ne parla già a sufficienza. Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a scrivere la sua autobiografia; gli studiosi di psico-analisi arricceranno il naso a tanta novità.

Il medico si rivela superficiale e inattendibile: non segue un corretto metodo analitico, consiglia al paziente di scrivere le proprie memorie, invece di aiutarlo a far emergere l’inconscio attraverso il dialogo.

Ma egli era vecchio ed io sperai che in tale rievocazione il suo passato si rinverdisse, che l’autobiografia fosse un buon preludio alla psico-analisi. Oggi ancora la mia idea mi pare buona perché mi ha dato dei risultati insperati, che sarebbero stati maggiori se il malato sul più bello non si fosse sottratto alla cura truffandomi del frutto della mia lunga paziente analisi di queste memorie.
Le pubblico per vendetta e spero gli dispiaccia. Sappia però ch’io sono pronto di dividere con lui i lauti onorarii che ricaverò da questa pubblicazione a patto egli riprenda la cura.

Il Dottor S. è vendicativo e con discutibile etica professionale decide di pubblicare il diario, proponendo di dividerne gli utili. Singolare che il medico si dichiari disponibile a dividere gli eventuali “lauti onorari”, frutto della pubblicazione di informazioni a carattere riservato, e al tempo stesso non garantisca sulla loro attendibilità.

Nel romanzo la costruzione della frase risente spesso dell’influenza della lingua tedesca, come nel caso della preposizione «di», usata al posto della proposizione «a» per legare l’infinito del verbo (io sono pronto di dividere = a dividere) oppure presente là dove l’italiano non richiede alcuna proposizione.

Sembrava tanto curioso di se stesso! Se sapesse quante sorprese potrebbero risultargli dal commento delle tante verità e bugie ch’egli ha qui accumulate!…

Dottor S.

Infatti con l’ultimo capoverso il dottore compromette la credibilità del paziente affermando che nel suo scritto ha mescolato verità e bugie. Ne consegue che viene messa in dubbio l’autorevolezza del narratore: il nevrotico Zeno è un insicuro, pone una serie di perplessità e di interrogativi nel giudicare il proprio presente e il proprio passato (nel romanzo ottocentesco, viceversa, il narratore non mostrava dubbi sulla capacità di comprendere i meccanismi dei fatti umani).

Tutto ciò in parte giustifica i sotterfugi di Zeno, che abbandona la terapia senza averla capita. In conclusione, il Dottor S. svilisce la propria immagine (l’autore attua un rovesciamento ironico anche della figura dello psicoanalista) e fa convergere la simpatia del lettore sul proprio paziente.

Il lettore sa che deve leggere il romanzo con spirito critico, perché Zeno è un vecchio poco sincero, che alterna verità a menzogne consapevoli (si sente giudicato dal medico e vuole apparire innocente) o inconsapevoli (si autogiustifica e fa tacere i propri sensi di colpa). Se il narratore è inattendibile, non è sempre facile comprendere il limite tra verità e bugia, e, se anche lo psicoanalista è screditato, resta affidata alla collaborazione del lettore l’interpretazione del racconto e del significato degli eventi

Dopo la prefazione del Dottor S. compare sulla scena il protagonista, colto nell’atto di cominciare a scrivere la propria autobiografia.

Preambolo

Vedere la mia infanzia? Più di dieci lustri me ne separano e i miei occhi presbiti forse potrebbero arrivarci se la luce che ancora ne riverbera non fosse tagliata da ostacoli d’ogni genere, vere alte montagne: i miei anni e qualche mia ora.

Zeno Cosini conferma la sfiducia e l’antipatia nei confronti del Dottor S.. Infatti Zeno racconta di come, contravvenendo alle indicazioni del medico, avesse cercato di ordinare i ricordi, cominciando a rintracciare i più lontani. Gli occhi presbiti creano un gioco di contrasto ironico tra la materialità delle possibilità di visione, e la vista interna, basata sul recupero del tempo, che la psicoanalisi pretenderebbe di conferire.

Il dottore mi raccomandò di non ostinarmi a guardare tanto lontano. Anche le cose recenti sono preziose per essi e sopra tutto le immaginazioni e i sogni della notte prima. Ma un po’ d’ordine pur dovrebb’esserci e per poter cominciare ab ovo, appena abbandonato il dottore che di questi giorni e per lungo tempo lascia Trieste, solo per facilitargli il compito, comperai e lessi un trattato di psico-analisi. Non è difficile d’intenderlo, ma molto noioso.
Dopo pranzato, sdraiato comodamente su una poltrona Club, ho la matita e un pezzo di carta in mano. La mia fronte è spianata perché dalla mia mente eliminai ogni sforzo. Il mio pensiero mi appare isolato da me. Io lo vedo. S’alza, s’abbassa… ma è la sua sola attività. Per ricordargli ch’esso è il pensiero e che sarebbe suo compito di manifestarsi, afferro la matita. Ecco che la mia fronte si corruga perché ogni parola è composta di tante lettere e il presente imperioso risorge ed offusca il passato.

La memoria precisa del passato non è recuperabile in quanto il presente, con la sua necessità di scrittura, ne elimina una dimensione puramente conoscitiva.

Ieri avevo tentato il massimo abbandono. L’esperimento finì nel sonno più profondo e non ne ebbi altro risultato che un grande ristoro e la curiosa sensazione di aver visto durante quel sonno qualche cosa d’importante. Ma era dimenticata, perduta per sempre.

La sua autoanalisi si concentra, dapprima, sull’atto stesso di pensare la memoria, sul pensiero che pensa se stesso, ma purtroppo quel tentativo finisce con il farlo addormentare. Lo psicanalista aveva evidentemente suggerito una forma di auto-ipnosi, ossia di sonno leggero provocato, atto a fare emergere visioni e immagini del passato. La risposta del paziente, che finisce per dormire sul serio, è eloquente quanto mai.

Mercé la matita che ho in mano, resto desto, oggi. Vedo, intravvedo delle immagini bizzarre che non possono avere nessuna relazione col mio passato: una locomotiva che sbuffa su una salita trascinando delle innumerevoli vetture; chissà donde venga e dove vada e perché sia ora capitata qui!
Nel dormiveglia ricordo che il mio testo asserisce che con questo sistema si può arrivar a ricordare la prima infanzia, quella in fasce. Subito vedo un bambino in fasce, ma perché dovrei essere io quello? Non mi somiglia affatto e credo sia invece quello nato poche settimane or sono a mia cognata e che ci fu fatto vedere quale un miracolo perché ha le mani tanto piccole e gli occhi tanto grandi.

Il giorno dopo va meglio: strane immagini cominciano ad apparire. L’idea di poter risalire alla prima infanzia, fa affacciare alla sua mente il pensiero di un altro bambino (figlio della cognata), che vorrebbe avvertire della necessità di ricordare tutta la vita, proprio tutta, a vantaggio dell’intelligenza e della salute.

L’immagine del bambino in fasce, come la locomotiva nominata in precedenza, indica con ironia la totale casualità delle associazioni psichiche, creando un contrasto umoristico tra il rigore della teoria e le situazioni empiriche dell’esistenza, ciascuna diversa.

Povero bambino! Altro che ricordare la mia infanzia! Io non trovo neppure la via di avvisare te, che vivi ora la tua, dell’importanza di ricordarla a vantaggio della tua intelligenza e della tua salute. Quando arriverai a sapere che sarebbe bene tu sapessi mandare a mente la tua vita, anche quella tanta parte di essa che ti ripugnerà? E intanto, inconscio, vai investigando il tuo piccolo organismo alla ricerca del piacere e le tue scoperte deliziose ti avvieranno al dolore e alla malattia cui sarai spinto anche da coloro che non lo vorrebbero.

Il termine inconscio proviene dalla terminologia freudiana; qui il linguaggio specifico viene usato solo strumentalmente, come punto di riferimento ma senza conferirvi credibilità.

Le considerazioni sull’evoluzione della vita del fanciullo riepilogano la concezione della vita nell’ottica di Svevo, per cui piacere, dolore, malattia, sono le tre grandi componenti dell’esistenza umana. Si tratta di un’ottica materialistica, la saggezza amara dell’uomo maturo, che si sovrappone al metodo della terapia, che richiederebbe invece un azzeramento iniziale delle proprie posizioni.

Come fare? È impossibile tutelare la tua culla. Nel tuo seno — fantolino! — si va facendo una combinazione misteriosa. Ogni minuto che passa vi getta un reagente. Troppe probabilità di malattia vi sono per te, perché non tutti i tuoi minuti possono essere puri. Eppoi — fantolino! — sei consanguineo di persone ch’io conosco. I minuti che passano ora possono anche essere puri, ma, certo, tali non furono tutti i secoli che ti prepararono.

La vita del bambino nato da poco, pervasa dal senso della malattia, è solo prosecuzione di una condizione antichissima dell’uma- nità. Gioca in questa osservazione con ogni probabilità il senso di colpa insito nella spiritualità ebraica.

Eccomi ben lontano dalle immagini che precorrono il sonno. Ritenterò domani.

Le difficoltà di Zeno, che abbandona velocemente il tentativo di autoanalisi, la sua curiosità mista a incredulità, l’emozione mista a scetticismo sono rispecchiate nello stile molto mosso del Preambolo : si possono notare l’abbondanza di interrogative ed esclamative e il ritmo frammentato del discorso. L’intero Preambolo sembra essere così un’improvvisata pagina di diario.

--

--

Luca Pirola
Luca Pirola

Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

No responses yet