Il Novecento

Secolo Breve o Secolo Lungo?

Luca Pirola
3 min readSep 11, 2020

Quando il secondo millennio stava per concludersi molti storici si sono interrogati su un’interpretazione da dare al Novecento. Tra le proposte di analisi ha avuto particolare rilievo quella dello storico Eric Hobsbawm, il quale definisce il Novecento il secolo breve.

Hobsbawm sostiene che nella cronologia degli eventi del XX secolo si possono individuare tre fasi:

Tra lo scoppio della prima guerra mondiale e la fine della seconda si identifica l’età della catastrofe, caratterizzata — per l’appunto — dalle due guerre mondiali, dal crollo del liberismo e del mercato mondiale, dalla crisi delle istituzioni liberali e dall’affermarsi di sistemi politico-ideologici ad esso alternativi come il comunismo e i fascismi.

I trent’anni successivi, compresi tra il 1946 (fine del secondo conflitto mondiale) e il 1973 (crisi petrolifera e finanziaria), sono chiamati l’età dell’oro grazie al velocissimo sviluppo tecnologico verificatosi nel mondo occidentale, alla diffusione del benessere e dei beni di consumo, ma anche dalla dissoluzione degli imperi coloniali e dalla conseguente indipendenza dei popoli asiatici e africani.

Infine, conclude il Novecento la frana, tra il 1973 e il 1991, un’epoca di profonda crisi e incertezza derivante dalla dissoluzione della visione polarizzata del mondo in seguito al collasso dell’URSS e alla perdita di speranza di sviluppo dei paesi “in via di sviluppo”, destinati a rimanere tali senza mai compiere il proprio cammino verso il benessere. Hobsbawm, infatti, sostiene che il secolo breve «è finito in un disordine mondiale di natura poco chiara e senza che ci sia un meccanismo ovvio per porvi fine o per tenerlo sotto controllo».

Se per Hobsbawm il Novecento è breve perché sviluppa i temi generali che lo caratterizzano tra il 1914 e il 1991 altri storici definiscono il Novecento il secolo lungo, in particolare Barraclough afferma che i processi storici iniziati negli ultimi decenni del XIX secolo trovano conclusione solo con la prima guerra mondiale.

Quest’ultimo, dunque, indica il primo conflitto mondiale come la soluzione agli eventi ottocenteschi, che poi hanno dato adito a quello che Scipione Guarracino ha chiamato il triplo, vale a dire la contrapposizione tra fascismi, comunismo e democrazia.

Tornando a Hobsbawm, si può approfondire la sua analisi del Novecento osservando come egli non esponga una semplice questione cronologica, bensì inquadri le proprie conclusioni in una dimensione di trasformazioni di lunghissimo periodo. Egli considera evento fondamentale del Novecento la trasformazione avvenuta durante quella che lui chiama l’età dell’oro, ovverosia l’affermazione dell’economia industriale e consumistica nella maggior parte delle regioni del mondo, la quale ha determinato la riduzione drastica degli addetti all’agricoltura e all’allevamento a vantaggio dei lavoratori dell’industria e del terziario.
alla luce di questa considerazione Hobsbawm stesso indica il conflitto tra capitalismo e comunismo, individuato come elemento caratterizzante il XX secolo, come un evento importante, ma circoscritto entro le trasformazioni di lunga durata.

Hobsbawm conclude la sua analisi descrivendo la crisi dei modelli interpretativi del Novecento derivati dalla fine della guerra fredda. Egli pubblica il suo saggio nel 1995, venticinque ani dopo possiamo individuare delle linee di sviluppo nel periodo successivo, ma essendo tempi recenti non sono oggetto del lavoro dello storico.

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