Il primo incontro con Teresa
Le ultime lettere di Jacopo Ortis — 26 ottobre 1797
Divinità e bellezza della donna
La lettera, scritta il 26 ottobre 1797, narra l’incontro di Jacopo con Teresa. Insieme al mito della poesia, l’amore è l’altro importante e fondamentale mito di consolazione: bellezza poetica e bellezza femminile sono i due valori che riscattano la meschinità e la prosaicità della realtà e, dunque, ambedue questi valori sono divini, come si vede dall’appellativo attribuito nella lettera precedente a Plutarco (divino Plutarco) e che è ora di Teresa (divina fanciulla).
26 Ottobre
La ho veduta, o Lorenzo, la divina fanciulla; e te ne ringrazio. La trovai seduta, miniando il proprio ritratto. Si rizzò salutandomi come s’ella mi conoscesse, e ordinò a un servitore che andasse a cercar di suo padre. “Egli non si sperava”, mi diss’ella, “che voi sareste venuto; sarà per la campagna; ne starà molto a tornare”. Una ragazzina le corse fra le ginocchia dicendole non so che all’orecchio. “È un amico di Lorenzo”, le rispose Teresa; “è quello che il babbo andò a trovare l’altr’jeri”. Tornò frattanto il signore T***: m’accoglieva famigliarmente, ringraziandomi che io mi fossi sovvenuto di lui. Teresa intanto, prendendo per mano la sua sorellina, partiva. “Vedete”, mi diss’egli, additandomi le sue figliuole che uscivano dalla stanza; “eccoci tutti”. Proferì, parmi, queste parole, come se volesse farmi sentire che gli mancava sua moglie. Non la nominò. Si ciarlò lunga pezza. Mentr’io stava per congedarmi, tornò Teresa: “Non siamo tanto lontani”, mi disse; “venite qualche sera a veglia con noi”.
Nella parte iniziale della lettera Teresa è inquadrata nel suo contesto familiare, colta mentre è intenta a disegnare.
L’espressione la divina fanciulla è in corsivo nel testo originale probabilmente perché Jacopo cita una definizione dell’amico Lorenzo, che gli aveva parlato di Teresa e della sua famiglia con i quali era in ottimi rapporti. Questo è dunque il primo incontro di Jacopo con la ragazza, che viene incontro al lettore non con una descrizione accurata, ma con una definizione sintetica che ne sottolinea il carattere sovrumano e la bellezza divina. Teresa si presenta dunque da subito come una donna idealizzata, segnata da un’aura di sacralità. Jacopo, infatti, descrive Teresa con tratti piuttosto stereotipati, attingendo a modelli femminili presenti nella tradizione letteraria. Come era tipico di chi fosse cresciuto in una buona famiglia, una ragazza doveva sapere suonare uno strumento e dipingere, cosa che sta per l’appunto facendo Teresa in questa occasione. L’autoritratto sarà poi donato a Jacopo, che lo bacerà in punto di morte.
Questa presentazione risponde ai canoni dell’idillio preromantico e a una serie di suggestioni letterarie, soprattutto la poesia della famiglia e quella della bellezza e della sensibilità presenti in Goethe e Rousseau. Lo stile narrativo di questa prima parte comprende discorsi diretti e la presenza di molti verbi e di pochissimi aggettivi (solo tre “divina — lunga — lontani”)
La descrizione di Teresa rimanda direttamente alla tradizione lirica italiana — si pensi allo Stilnovo — per la quale la donna ha un carattere sacro e la sua parola ha la capacità di cambiare il destino di un uomo. Anche qui Teresa parla a Jacopo e produce in lui una gioia profonda (ha infatti il cuore in festa)
Io tornava a casa col cuore in festa. — Che? lo spettacolo della bellezza basta forse ad addormentare in noi tristi mortali tutti i dolori? vedi per me una sorgente di vita: unica certo, e chi sa! fatale.
La lettera prosegue trattando i motivi dell’infelicità e dell’ossessività, che configurano per il protagonista un destino tragico fatalmente segnato. La bipartizione è funzionale alla costruzione del contrasto fra il destino di morte e la bellezza che allevia il dolore e vivifica: ciò riflette il dissidio che è alla base della tempestosità interiore tipica dell’eroe romantico. Lo stile è appassionato, grazie alla presenza di frasi interrogative, esclamative e all’abbondanza di aggettivi qualificativi.
Al tema della gioia, prodotta dalle parole della donna amata, Foscolo accosta un tema molto importante nella sua concezione poetica, ossia la funzione consolatrice e rasserenante della bellezza, che è capace di addormentare in noi tristi mortali tutti i dolori. Questo tema si lega al rapporto tra amore e morte (sorgente di vita: unica certo, e chi sa! fatale): l’amore è un’esperienza di vita che può però condurre alla distruzione. In queste righe sono dunque presenti i nuclei centrali della riflessione di Foscolo.
Ma se io sono predestinato ad avere l’anima perpetuamente in tempesta, non è tutt’uno?
L’immagine dell’anima in tempesta rimanda allo Sturm und Drang, “Tempesta e impeto”, movimento nato in Germania nella seconda metà del Settecento. I rappresentanti di tale corrente, che è alla base del Romanticismo europeo, si richiamano a Rousseau e contrappongono al razionalismo illuminista la libertà della passione e dei sentimenti, esaltando la riscoperta della natura, dell’istintività e della rottura delle convenzioni.