Attendo tranquillamente la morte
L’incipit de Le ultime lettere di Jacopo Ortis
Nella prima lettera del romanzo Jacopo si rivolge all’amico Lorenzo mentre con il Trattato di Campoformio (1797) Napoleone cedeva la Repubblica veneta all’Austria. Il crollo dell’illusione politica porta con sé il crollo di tutte le altre, così che il romanzo si apre sotto una suggestione eroico-negativa di stampo alfieriano. Jacopo ha lasciato la nativa Venezia, ritirandosi sui colli Euganei, per sfuggire le persecuzioni che contro di lui metteranno prevedibilmente in opera gli austriaci.
Da’ colli Euganei, 11 ottobre 1797.
Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch’io per salvarmi da chi m’opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo; quanti sono dunque gli sventurati? E noi, pur troppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degl’italiani. Per me segua che può. Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente compianto da’ pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra de’ miei padri.
Nell’incipit sono identificati subito alcuni temi fondamentali
1. patria: nella prima parte Jacolo delinea la situazione politica di Venezia il “sacrificio” della patria significa che “tutto è perduto”. La tragedia collettiva diventa subito personale: dalla prima persona plurale delle prime righe, si passa immediatamente alla prima persona singolare “il mio nome”
2. esilio: la fuga di Jacopo è causata dalla preghiera della madre, non è un atto di viltà, ma di pietà filiale. La tragedia non è più solo politica, diventa intima e familiare.
3. integrità personale: Jacopo deve trasferirsi anche dai Colli Euganei, perché tradito e perseguitato: l’invettiva contro gli Italiani servi e pavidi, che per opportunismo isolano i patrioti si riferisce all’idea dell’intellettuale incompreso, che si eleva moralmente al di sopra della massa gretta e ipocrita. Il testo si conclude con la disperazione nell’esito positivo della lotta (titanismo) soprattutto per l’esiguità del numero dei “pochi uomini buoni”, che potranno solo compiangere l’eroe sconfitto recandosi sulla sua tomba, infatti la morte è l’unica soluzione alla tragedia collettiva e personale.
Stile
Lo stile dell’Ortis è definito di “prosa lirica”, reso attraverso periodi brevi, in cui sono frequenti le interrogative retoriche che sottolineano il carattere eroico e impulsivo di Jacopo. Il tono è elevato, alto e solenne, perché Jacopo scrive in modo concitato e appassionato. Foscolo utilizza le frome poetiche nella prosa per ottenere questo effetto, infatti l’incipit è costituito da un endecasillabo “Il sacrificio della patria nostra”, e due quinari “è consumato” e “Tutto è perduto”.
Tali scelte formali rendono il passionato, il trasporto emotivo con cui Jacopo scrive e a cui Foscolo tende, passando dal tono tragico, alto, solenne, spezzato da esclamazioni frequenti, a quello elegiaco, di descrizione di sentimenti puri e sereni che comparirà in lettere successive.
Temi
Subito nella prima lettera compaiono i temi fondamentali del romanzo: le illusioni. La patria perduta, da cui fugge per evitare di tradire, il legame con la famiglia — soprattutto il desiderio di protezione per la madre — , l’ansia di libertà, la coerenza spinta fino al sacrificio personale. Il dilemma di Jacopo assume fin dal primo testo una dimensione universale, infatti la sua disperazione non è solo individuale, ma di tutta la sua generazione che deve scegliere tra ideali e opportunità.
Inoltre la prima lettera anticipa al lettore attento la conclusione della tragedia: il presagio del suicidio esprime l’intolleranza di Jacopo rispetto al compromesso e la volontà di compiere un atto eroico che sia di monito a tutti. Jacopo, non potendo vincere (cioè realizzare le illusioni), afferma la sua dignità con la morte, nella quale si intravede il desiderio di essere ricordato come figura esemplare.