Intuizione poetica e assoluto

Mattina di Ungaretti

Luca Pirola
2 min readFeb 16, 2021
Rembrandt, Emmaus

La poesia, datata 26 gennaio 1917 e composta di soli due versi, è un capolavoro di sintesi poetica ed è forse la più nota che abbia scritto Ungaretti. In essa il poeta, nel pieno della guerra, ha come un’illuminazione improvvisa che gli fa cogliere, con assoluta immediatezza, la dimensione dell’“immenso”. Ricordiamo che il tema non è nuovo nella letteratura italiana: pensiamo soprattutto a Leopardi, che nell’Infinito, analogamente, ci parla di immensità («Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio»). Dunque la creatura umana, pur con tutta la sua insufficienza e fragilità, è in grado di cogliere, con una grandezza inusitata, tutta l’immensità del creato, di cui si sente parte.

Mattina

Santa Maria La Longa, 26 gennaio 1917

M’illumino
d’immenso

La lirica, composta di due soli versi, in cui l’elisione fonde in un’unica pronuncia il pronome col verbo e la preposizione col sostantivo, risulta di una straordinaria concisione. La poesia rappresenta un attimo di esperienza improvvisa e inattesa, nella quale l’io lirico, solo di fronte all’infinito, viene folgorato dal sole che sorge. Il poeta, dunque, è investito da una luce che riverbera l’estensione dello spazio, associando la sfera sensoriale (luce e calore) con l’intuizione di un assoluto che viene percepito dall’anima.
Il finito e l’infinito sembrano compenetrarsi, fondendosi in una pienezza quasi soprannaturale.

Nella sua estrema semplicità il testo è uno dei risultati più rivoluzionari di Ungaretti. Nonostante la scelta di termini di uso comune, la poesia rivela un attento studio sulla parola, innanzitutto usando la formula riflessiva illuminarsi anziché illuminare, l’autore carica il verbo di un significato ulteriore, che rimanda all’esperienza religiosa o comunque eccezionale. L’effetto è, inoltre, rafforzato dall’aggettivo sostantivato immenso che costituisce una delle parole “vaghe” care a Leopardi e capaci di suscitare idee e sensazioni poetiche.

I due versi, che se fossero uniti formerebbero un settenario, sono legati da una fitta serie di assonanze e consonanze:

  • le due parole forti iniziano con la i e finiscono con la o e comprendono una m e una n.
  • i due versi sono introdotti da una lettera seguita da un apostrofo
  • attraverso la ripetizione de il fonema mi/im: M’IlluMIno/d’IMmenso crea una perfetta compenetrazione tra i significati del testo.

Il componimento rivela una tensione verso l’assoluto cancellando lo spazio e il tempo concreti e sostituendoli con gli effetti che hanno sull’io lirico (M’illumino) o sulla sensazione che comunicano (d’immenso). Infatti, l’atto dell’illuminarsi fa a meno di ogni agente esterno, suggestione suggerita anche dalla parola immenso che rimanda anche a un significato temporale (immensità come eternità), poiché rimanda anche al titolo della lirica.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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