Io voglio del ver la mia donna laudare
Guinizzelli, “padre” della nuova poesia
Guido Guinizzelli anticipa in questo sonetto temi e moduli poetici che saranno propri dello Stilnovo. In esso si ritrovano due importanti topoi, o temi ricorrenti: il motivo della lode di madonna attraverso similitudini naturalistiche e il tema del saluto dell’amata. Entrambi assumono connotati religiosi e sono congiunti con una novità di immagini, di linguaggio e di pensiero che sarà ripresa da molti rimatori successivi.
Schema metrico: sonetto con quartine ABAB e terzine CDE CDE
Io vogliọ del ver la mia donna laudare
ed asembrarli la rosa e lo giglio:
più che stella dïana splende e pare,
e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio.
Il sonetto si apre con il tema della lode della donna, che è compiuta attraverso le similitudini annunciate e presentate nelle strofe successive.
Nel verso 1 le allitterazioni della V (Voglio del Ver) della sillaba LA e della D (LA mia Donna LAuDare) accentuano la musicalità e la ricercatezza stilistica del componimento.
La rosa e il giglio sono due fiori associati a Maria, perciò la similitudine accosta la donna amata alla sfera religiosa. Infine, al verso 3 la dittologia sinonimica splende e pare enfatizza la lucentezza della stella.
Verde river’ a lei rasembro e l’âre,
tutti color di fior’, giano e vermiglio,
oro ed azzurro e ricche gioi per dare:
medesmo Amor per lei rafina meglio.
Le prime due quartine hanno un impianto statico: la donna è paragonata a una serie di oggetti e di realtà portatrici di bellezza, riprendendo le modalità del plazer provenzale. Fra questi Guinizzelli inserisce sia elementi terreni come fiori, metalli e pietre preziose, sia celesti come il cielo e le stelle. Da sottolineare soprattutto il paragone con la stella del mattino (stella diana, cioè il pianeta Venere — v. 3), immagine di origine biblica comunemente utilizzata tra gli attributi della Vergine Maria; questo espediente permette a Guinizzelli di sovrapporre al topos cortese della lode echi tipicamente biblici.
Le similitudini sono anche in questa strofa organizzate per coppie, riprendendo lo schema della prima quartina (rosa e giglio, v. 2 — giano e vermiglio, v. 6 e oro e azzurro, v. 7); ciò crea un effetto di continuità tra le parti, scandendo un ritmo piano e lento che rende l’ammirazione del poeta.
Passa per via adorna, e sì gentile
ch’abassa orgoglio a cui dona salute,
e fa ’l de nostra fé se non la crede;
salute ha qui una doppia valenza: “saluto” ma anche “salvezza”, dal latino salus. Il termine introduce implicitamente il tema di Amore come percorso di miglioramento spirituale, come il verso successivo esprime in modo esplicito.
e no·lle pò apressare om che sia vile;
ancor ve dirò c’ha maggior vertute:
null’ om pò mal pensar fin che la vede.
Le due terzine vedono sviluppato il tema del saluto salvifico. La donna diventa soggetto dell’azione dinamica che narra il suo incedere meraviglioso (Passa per via adorna …, v. 9) È esplicitato l’effetto di nobilitazione spirituale che la donna produce in chiunque entri in contatto con lei (null’ om pò mal pensar fin che la vede, v. 14): il saluto della donna reca salute (salvezza spirituale, dal latino salus) in chi lo accoglie.
I riferimenti di carattere sacro donano unità al sonetto: la lode, basata su richiami biblici al Cantico dei Cantici, si sposa con l’idea di considerare la donna una nuova Vergine venuta in Terra per convertire i miscredenti e purificare i pensieri di chi ha la fortuna di vederla.
Altro elemento unificante tra quartine e terzine è lo stile melodico, ottenuto tramite le proposizioni coordinate, che costruiscono i periodi della lirica con l’unica eccezione della consecutiva della prima terzina (sì gentile/ch’abassa orgoglio, vv. 9–10), e tramite la coincidenza tra metrica e sintassi.