Italo Svevo

La malattia esistenziale

Luca Pirola
10 min readNov 27, 2020

Italo Svevo (nome d’arte del Hector Schmitz) è considerato il fondatore del romanzo d’avanguardia in Italia. La scelta dello pseudonimo denuncia la consapevolezza delle propria duplicità culturale tipica della sua città, Trieste, e della cultura mitteleuropea dell’Impero Austro-Ungarico.

La formazione culturale

L’origine triestina permette a Svevo di vivere in un clima culturale ampio, infatti, fino all’annessione al Regno d’Italia, Trieste è una città vivace, attraversata dalla più moderne correnti culturali del tempo; caratteristica che gli consente di coltivare svariati interessi filosofici e letterari europei, a volte contraddittori, ma sempre assimilati dall’autore in modo coerente. Dal Positivismo Svevo riprende la tendenza all’uso di tecniche scientifiche di conoscenza e il rifiuto di qualunque punto di vista spiritualistico sulla realtà. La conoscenza delle teorie di Darwin gli induce la considerazione della vita come lotta violenta e selettiva per la sopravvivenza; dal filosofo Schopenhauer mutua concezione dell’inconsistenza della volontà e dei desideri umani, ma non accetta la proposta di una saggezza da raggiungere mediante il soffocamento degli istinti vitali. Il pensiero di Marx gli permette di sviluppare la concezione della società industriale e delle sue “malattie”, concetto rafforzato dalla critica di Nietzsche ai valori della società borghese. Tra le influenze culturali fondamentali è da annoverare quella di Freud, di cui Svevo riprende l’indagine dei condizionamenti interni dell’inconscio e la tecnica di indagine della psicoanalisi; Svevo tuttavia non vede tale tecnica conoscitiva come percorso curativo.

Il ritratto dell’uomo moderno: l’inetto

Fin dalle prime opere di Svevo si presenta la coscienza della crisi della società occidentale. infatti i personaggi di Svevo sono“inetti” che soggiacciono ai condizionamenti dell’ambiente e alle pulsioni dell’inconscio. Nei suoi romanzi, dunque, è ritratto l’uomo moderno, che ha un rapporto irrisolto con la realtà indefinita e soggettiva, in cui si trova a disagio. I personaggi sono analizzati sul piano psicologico, definendo un ritratto dell’uomo caratterizzato da malattia e inettitudine.

La scrittura, dunque, diventa l’unico strumento che dia senso all’esistenza incomprensibile, l’unico mezzo di salvezza, perché consente di raccogliere i propri pensieri e sottrarli all’oblio. L’uomo può solo ricordare e capire per descrivere con ironia la sua incapacità di intervenire nel reale: il soggetto della letteratura non può che essere l’inettitudine.

Il disagio esistenziale è causato dal fatto che i valori della società moderna sono lontani dalla condizione naturale dell’uomo, pertanto l’uomo vive nella società moderna in una condizione di alienazione, che Svevo definisce una malattia. Questa malattia può essere percepita, perciò l’uomo rifiuta i valori e modelli sociali dominanti: non riconoscendosi in essi coglie l’impossibilità di realizzare i propri sogni e desideri, è consapevole della sua incapacità di decidere sul reale, perciò arriva all’amissione della propria mancanza di volontà. Questa condizione è proprio l’inettitudine.
D’altronde la malattia può non essere percepita, l’uomo si sente parte della società e ne condivide i valori e gli obiettivi, ritenendosi realizzato nella propria esistenza. L’individuo inconsapevole non è sano, ma ritiene di essere sano, quindi è ancora più malato dell’inetto.

Il primo romanzo: Una vita (1892)

L’esordio letterario di Svevo è precoce, in quanto pubblica il suo primo romanzo, Una vita nel 1892. Il protagonista è un inetto, Alfonso Nitti, espressione dell’incapacità di affrontare la vita. Le vicende di Alfonso Nitti permettono a Svevo di affrontare i temi della sconfitta esistenziale e del fallimento dell’individuo, che patisce l’oppressione della società di cui l’uomo fa parte. L’inetto, tuttavia, è contemporaneamente vittima e oppressore.

trama
Alfonso Nitti, orfano di un medico condotto, è accolto come impiegato nella banca Maller di Trieste, ma desidera diventare scrittore e conquistare i cuori femminili; tuttavia non tenta neanche di realizzare i propri sogni lasciando sempre il progetto letterario nel cassetto. Conosce Annetta, figlia del banchiere Maller, che è sedotta da Alfonso. Annetta desidera sposare l’impiegato, ma Alfonso non vuole abbandonare la sua identità per il matrimonio socialmente vantaggioso. Fugge da Trieste accampando come scusa la morte della madre. Al suo ritorno è sfidato a duello dal fratello di Annetta. Alfonso si suicida come unica soluzione possibile per rimanere fedele all’immagine di contemplatore sconfitto che si era costruito.

Eduard Munch, Verzweiflung

Una vita è scritto in terza persona, condotta da un narratore esterno che esprime giudizi contrastanti con quelli del protagonista. La storia, tuttavia, viene spesso illuminata dalla focalizzazione interna sul protagonista, permettendo al lettore di vedere la sua percezione della realtà e di addentrarsi nella sua psiche, conducendo un’analisi della società indagata attraverso la coscienza del personaggio.

Sul piano stilistico il romanzo mostra una prosa dimessa e scolorita, specchio del mondo grigio in cui si muove il protagonista. La Trieste in cui è ambientato il romanzo è descritta come una comunità ingiusta, nonostante la classe dirigente mantenga un atteggiamento benevolo e protettivo.

Svevo descrive in Una vita la prima fase della crisi borghese, perché coglie la crisi della società in cui l’individuo si sente disancorato dai valori dominanti, ma conserva la fiducia nel proprio “io”. Alfonso, infatti, si crede vittima della società contemporanea, ma ne adotta esteriormente valori e comportamenti, tuttavia questi ideali — che non sono propri — lo aiutano a morire, non a vivere.

Senilità (1898)

Eduard Munch, Anxiety, 1894

Il romanzo presenta il personaggio dell’impiegato inetto, visto dalla prospettiva del protagonista Emilio Brentani, il quale pur sperando di fare carriera come letterato, si uniforma alle consuetudini borghesi accettando una “normalità” di facciata. Il contrasto tra individuo e società è trasferito nella dimensione interiore del protagonista fra desiderio e repressione, fra la spinta delle passioni e la legge morale o sociale, fra il principio di piacere e quello di realtà.

Le tematiche affrontate nella vicenda di Emilio e degli altri tre personaggi sono la constatazione che la vita premia i forti e infierisce sui deboli, la consapevolezza dell’inetto riguardo alla sua condizione di incapace e l’autoinganno cosciente che l’inetto si costruisce per non affrontare la realtà stessa.

trama
Emilio Brentani, un impiegato, vive con la sorella Amalia. Emilio ama Angiolina, una ragazza di facili costumi, che Emilio considera una creatura eletta. Angiolina, chiamata da Emilio Angela o Ange, ama lo scultore Balli, con cui la ragazza fugge. Amalia, innamorata segretamente del Balli, si droga per la disperazione e muore dopo un’atroce agonia. La morte della sorella induce Emilio a rinchiudersi in se stesso, allontanando i sussulti della giovinezza — gli errori e i pentimenti — sostituiti dalla “senilità”, la triste saggezza di chi “vede grigio e sente grigio”

Emilio Brentani è espressione del male oscuro dell’uomo, condizione che è rappresentata anche dall’inconsistenza della trama, che ruota intorno a tre personaggi e tre luoghi. Il romanzo, infatti, è costruito su un “quadrilatero perfetto” di personaggi: i due uomini — Emilio e il Balli — contrapposti fra loro e le due donne — Angiolina e Amalia — anch’esse contrapposte.
Stefano Balli rappresenta l’”adatto alla vita”, opposto all’inetto Emilio: il Balli è forte, deciso, fortunato con le donne, anche se la sua inettitudine si svela nei suoi insuccessi artistici. Allo stesso modo Angiolina, disponibile alla vita e all’avventura, è opposta alla timida e repressa Amalia. Si individuano, così altre due coppie, in questo caso omogenee: Emilio e Amalia, sconfitti e frustrati; Balli e Angiolina, spregiudicati e attivi.

Dal punto di vista narrativo nel romanzo si oppongono due punti di vista: quello della prevalente focalizzazione interna (corrispondente alla prospettiva di Emilio) e quello del giudizio critico del narratore, il quale interviene smentendo il protagonista o osservando ironicamente quanto sia falsa la sua coscienza.
Il predominio del monologo interiore trasforma l’esasperata analisi della realtà in autoanalisi del personaggio.

L’inetto sveviano perde ogni velleità titanica per una cosciente passività in cui la vita è dominata da una crudele logica. L’uomo moderno in Senilità ha perso la fiducia nell’io e accetta passivamente il fallimento e la colpa senza reagire, perché la coscienza si guarda vivere, perdendo ogni slancio vitale. Questa è la senilità che corrisponde alla condizione interiore del protagonista, segnata dall’inazione, al ricordo e dalla rinuncia.

La coscienza di Zeno (1923)

Dopo la pubblicazione di Senilità si apre un lungo periodo di silenzio letterario per Svevo causato da fattori esterni e personali. Svevo abbandona alla fine del XIX secolo il tranquillo lavoro in banca per l’impiego nella società di vernici per navi del suocero; il nuovo impegno assorbì molto del tempo prima dedicato alla scrittura. Inoltre la delusione seguita allo scarso interesse suscitato dai primi due romanzi (pubblicati a spese proprie) si combinò con le trasformazioni subite da Trieste, che prima della guerra mondiale era una fiorente città dell’Impero Austro-Ungarico, attraversata dalle più moderne correnti culturali europee, ma che dopo l’annessione all’Italia diventa un porto economicamente marginale e culturalmente provinciale.

Dopo la lunga pausa letteraria di venticinque anni Svevo pubblica il suo capolavoro, La coscienza di Zeno è un romanzo innovativo per struttura e tematiche. Infatti la narrazione è un lungo monologo che il protagonista tiene a se stesso; si attua la disintegrazione del tempo narrativo, perché i sei episodi non sono legati da trama e la narrazione si dipana mantenendo un tono che oscilla tra ironia e autoinganno.

Il protagonista, Zeno Cosini, è un uomo di successo, ma è malato, perché è cosciente della sua incapacità di incidere sul reale. Tale consapevolezza lo porta a sentire la necessità di autoanalisi, pur in assenza di una patologia conclamata. D’altronde secondo il pensiero di Svevo tutti sono malati: la differenza tra gli uomini risiede nella consapevolezza della malattia.
La malattia, dunque, è parte integrante della vita perché la società stessa è malata.

Il romanzo è costituito da otto capitoli. il protagonista/narratore della vicenda, ambientato nella Trieste ben nota a Svevo, è Zeno Cosini un inetto di successo. La narrazione segue una struttura aperta, perché la vicenda si sviluppa secondo un percorso tematico, affrontando cioè temi diversi, legati alla nevrosi del protagonista.

Prefazione lo psicologo dottor S. spiega che ha spinto Zeno a scrivere la storia della sua malattia, convinto che tale attività sia “un buon preludio alla psico-analisi”. Deluso dal paziente, che abbandona la terapia, il dottore pubblica il suo diario “per vendetta”.

Preambolo L’ormai anziano Zeno riflette sull’efficacia della scrittura come cura della propria malattia e sulla possibilità che la cosiddetta “salute” sia veramente raggiungibile.

Il fumo Zeno racconta di come, poco più che bambino, abbia iniziato a fumare e di come non sia più riuscito a smettere, perché il vizio è legato all’idea infantile di trasgressione; il capitolo narra di tutte le “ultime sigarette” che hanno accompagnato la sua vita: segno della mancanza di volontà.

La morte di mio padre analizza il difficile rapporto con il genitore, ricostruito e rivissuto a partire dalla morte di quest’ultimo.

La storia del mio matrimonio Zeno si è innamorato di Ada Malfenti, ma giunge a sposare la sorella “brutta” Augusta, senza volerlo veramente, per una serie di eventi paradossali.

La moglie e l’amante Zeno ama sua moglie, sana perché non si analizza, ignorando contraddizioni e menzogne. Il suo rifiuto della salute lo porta a tradirla con Carla. La relazione con Carla si protrae nonostante i tentativi di Zeno di troncarla, perché l’ultimo abbraccio viene sempre rimandato. Alla fine è Carla a interrompere la relazione, dopo aver spiato la moglie di Zeno (in realtà vede la sorella Ada, non la moglie) e averne colto la sofferenza, così da accettare la proposta di matrimonio del suo maestro di canto.

Storia di un’associazione commerciale Zeno si trova coinvolto in una fallimentare impresa commerciale a causa del cognato Guido Speier, invidiato marito di Ada. Il perdente Zeno è in realtà un vincente involontario: una malattia imbruttisce Ada e Guido fallisce in borsa e muore per un fallito suicidio simulato. Zeno gioca in borsa e recupera i capitali persi da Guido.

Psicoanalisi Il capitolo è strutturato come un diario scritto tra il 3 maggio 1915 e il 24 marzo 1916. Zeno esprime la sua mancanza di fiducia nella psicoanalisi. E’ sorpreso dalla guerra e separato dalla famiglia: mentre al fronte i soldati muoiono egli fa fortuna con spregiudicate speculazioni; conclude di essere guarito, perché la malattia risiede nella coscienza, ma non è reale. Le ultime pagine sono dedicate ad alcune considerazioni sulla vita attuale “inquinata alle radici”, nella quale ogni sforzo di procurarsi la salute è inutile. La salute, forse, potrà essere recuperata dopo la distruzione della Terra attraverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni.

Il romanzo si configura come un’opera in fieri, cioè non preesistente al narratore, cresce nel corso della lettura. Fin dall’inizio, però, il narratore si dimostra inattendibile, che non dice tutta la verità. Altrettanto inaffidabile è il dottor S., che infrange il rapporto di fiducia tra paziente e medico pubblicando le sue memorie. L’autore non interviene mai nella narrazione, lasciando il lettore in balia di due narratori che raccontano consapevolmente una storia in cui la verità è rielaborata consapevolmente. Il lettore, quindi, è costantemente impegnato a ricostruire il senso di quanto sta leggendo, ipotizzando interpretazioni soggettive.

Il tempo della memoria organizza la narrazione in modo assolutamente soggettivo, infatti sono presenti numerose interferenze temporali: Zeno scrive nel presente di fatti a lui accaduti nel passato con anticipazioni, riflessioni, premonizioni. Dunque non esiste più scansione cronologica ordinata.
la soggettività della narrazione è evidenziata dal monologo interiore, per cui il narratore confronta le sue decisioni del passato con quelle del presente, modificandone il senso e — a volte- gli eventi; il monologo diventa uno strumento razionale di indagine che modifica continuamente l’interpretazione delle vicende personali.

Il linguaggio di Svevo conserva durezze sintattiche ed espressive che derivano dall’ambiente mitteleuropeo di Trieste in cui è cresciuto e si è formato l’autore, ma anche dalla necessità di esprimere una lingua interiore. Le asprezze si riscontrano soprattutto a livello sintattico e spesso ricordano calchi dal tedesco. Anche le scelte stilistiche contribuiscono a creare un’opera aperta, in quanto l’ironia è un tratto costitutivo della narrazione, rendendo equivoco il senso delle parole. Si spiega allo stesso modo la frequenza di alcune figure retoriche ricorrenti come l’ossimoro e l’antitesi, destinata la prima a suggerire una tensione del significato con l’accostamento di due opposti, l’altra a ribaltare il senso letterale dell’affermazione.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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