La canzona di Bacco e Arianna

Lorenzo de’ Medici e la poesia carnascialesca

Luca Pirola
4 min readApr 20, 2024
Carracci, Il trionfo di Bacco e Arianna, Palazzo Farnese, Roma

Lorenzo de’ Medici compone rime di carattere stilnovistico e petrarchesco che contribuiscono al rinnovamento della poesia volgare del seconod Quattrocento. I suoi testi più celebri, tuttavia, sono quelli giocosi e rusticali e soprattutto la canzone di Bacco, un canto carnascialesco, composto in occasione del carnevale, destinato ad essere cantato con accompagnamento musicale dai partecipanti al corteo che percorreva le vie della città. La descrizione del corteo è il soggetto del testo.

metro: ballata di ottonari con cadenza ritmica popolare

Quant’è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

La poesia invita a godere della felicità presente; il testo popolare nei ritmi e nelle forme, presenta echi classicheggianti nei riferimenti al carpe diem oraziano e all’edonismo umanistico, che si unisce qui al realismo e alla cultura popolare. Nei versi seguenti il corteo del carnevale si presenta con una schietta vivacità e una rumorosa immediatezza.

Quest’è Bacco e Arianna,
belli, e l’un dell’altro ardenti:
perché ’l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe ed altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

L’anafora del dimostrativo dà inizio alle prime strofe accompagna il corteo di cui si identificano i partecipanti man mano che scorrono di fronte agli spettatori. La lirica descrive la successione delle figure allegoriche e dei carri che formano la sfilata di carnevale. Il primo porta in trionfo Bacco e Arianna (v.5) e introduce le ninfe (v.9), il secondo porta i satiri (v.13), seguono ancora le ninfe (v. 23). poi Sileno ubriaco a dorso d’asino (v. 30) e conclude re Mida (v. 37). Come si evince dall’elenco i personaggi che compaiono sono tutti provenienti dalla mitologia classica. Bacco apre il corteo, è il dio del vino, perciò rappresenta un diretto invito a godere l’ebbrezza e a gustare i piaceri profani della festa.

Conclude ogni strofa la ripresa è uno sviluppo del classico carpe diem perfettamente consono al clima del carnevale ma nobilitato dalla citazione classica; la formula “di doman non c’è certezza” è una traduzione dei versi di Orazio quam minimumcredula postero (confidando il meno possibile nel domani) e quid sit futuru cras fuge quaerere (non domandare cosa accadrà domani).

Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or da Bacco riscaldati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

La parola chiave della lirica è tuttavia che assume diversi significati: riferendosi al contesto del corteo, significa per tutta la via, ma anche in senso traslato continuamente. Il significato più distante e astratto è insesorabilmente, connesso all’idea di un moto continuo e inrrestabile. La parola non casualmente ricorre in rima in ogni strofa sempre prima della ripresa a sottolineare l’idea dell’ineluttabile fuga del tempo che è contrastata dai modi con cui l’uomo cerca di esorcizzarla: la festa e la ricerca continua di beni materiali che non bastano mai (re Mida)

Queste ninfe anche hanno caro
da lor essere ingannate:
non può fare a Amor riparo,
se non gente rozze e ingrate;
ora insieme mescolate
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

Questa soma, che vien drieto
sopra l’asino, è Sileno:
cosí vecchio è ebbro e lieto,
giá di carne e d’anni pieno;
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che giova aver tesoro,
s’altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

Le strofe invitano a godere della vita nella consapevolezza della sua fugacità, tuttavia prevale — nell’interpretazione di molti critici — la natura giocosa del testo, in cui l’allegria trionfa: il ritmo cadenzato e cantabile dell’ottonario, le forme “chiassose” che assume la celebrazione della festa, il motivo bacchico e quello erotico prevalgono decisamente.

Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi sian, giovani e vecchi,
lieto ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò c’ha a esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

Nella conclusione, tuttavia, pare prevalere il tema malinconico, pessimistico che riflette sull’inesorabile trascorrere del tempo, come ripreso insistentemente da ogni ripresa. Quest’ultima costituirebbe — per altre interpretazioni — una sorta di malinconico e pensoso ammonimento che, accanto a Orazio e ai classici, potrebbe riprendere acuni dei cupi moniti medievali sulla fugacità del vivere e la vanitas vanitatum.
Infatti nell’ultima strofa l’autore rivolge al suo pubblico una frase sentenziosa che sembra conferire all’avverbio tuttavia il suo vero significato: Ciò c’ha a esser, convien sia L’uomo è sottoposto a un destino inesorabile che non può controllare e di fronte al quale può solo godere delle gioie del presente.

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