La casa dei doganieri
Eugenio Montale, Le occasioni
Il testo trae spunto dal ricordo delle estati dell’adolescenza trascorse a Monterosso, di cui viene eletta ad emblema la casa delle guardie di finanza, che dall’alto della scogliera dominava le rotte marittime e le coste. La casa diventa il correlativo oggettivo di tutto ciò che è distrutto dal tempo e che conserva una parvenza di esistenza solo nella memoria.
metro quattro strofe di versi liberi secondo uno schema di rime con una certa regolarità ABBAc, DCDEEF, FGHGH, IBIILL
Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.
La negazione iniziale dimostra che il poeta sa già che nella memoria della donna non c’è più posto per ricordare la casa dei doganieri, un tempo luogo dei loro incontri amorosi (la casa cui allude il poeta era una stazione della guardia di Finanza, a Monterosso in Liguria). I versi finali della strofa con pochi particolari disegnano efficacemente una figura femminile colta nella
sua irrequietezza giovanile: probabilmente si tratta di Annetta o Arletta, trasfigurazione poetica di Anna degli Uberti, una donna che Montale frequentò in gioventù (dal 1920 al 1924) a Monterosso; sciame è
una metafora dell’agitazione e del tumulto dell’animo della donna.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.
Il ricordo domina nella seconda strofa, infatti il suono del tuo riso è ormai un ricordo d’altri tempi, ora vanificato dalla consapevolezza dell’assenza della donna.
Le due metafore della bussola e dei dadi testimoniano il disorientamento e
la mancanza di certezze del poeta: la sua condizione è come quella di una bussola che non sa più indicare la direzione giusta perché l’ago ha perduto la sua attrazione magnetica, o è paragonabile al giuoco dei dadi, retto da una casualità cieca. Il filo che si addipana è il filo che si riavvolge nella matassa della memoria, disperdendosi: l’immagine indica il rifluire del ricordo nell’inconscio. Il poeta è solo nell’atto del ricordare, ma anche la memoria sta svanendo.
L’inquietudine e il disorientamento esistenziale sono resi attraverso oggetti — simbolo. Alla casa il poeta attribuisce lo squallore e la desolazione che sono nel suo animo; essa è vuota e sferzata dal libeccio, simbolo del tempo che spazza via ogni cosa; la sua posizione è a strapiombo, così che evoca un senso di precarietà; è la casa dei doganieri, la qual cosa suggerisce l’idea di un confine che non si sa se potrà essere varcato.
L’ago della bussola che non sente più l’attrazione magnetica ed è come impazzito indica la difficoltà di trovare la strada giusta, così come il giuoco dei dadi, il cui calcolo non torna più, indica l’impossibilità di ogni previsione.
Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.
La casa si allontana anche nella memoria del poeta. L’enjambement lascia isolato il verbo s’allontana, sottolineando il graduale dissolversi dell’oggetto — casa. L’effetto è ampliato dalla banderuola segnavento che sul tetto gira senza pietà, infatti indica anch’essa il trascorrere inesorabile del tempo, che travolge ogni ricordo. La donna rimane isolata estranea a quello che accade al poeta, che è da solo nel buio.
Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende…)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.
La linea dell’orizzonte, che sembra allontanarsi (in fuga) e confondersi con la distesa del mare, è resa a tratti visibile dalla luce intermittente (rara) della petroliera.
Montale si chiede se è questo il punto di passaggio (il varco è qui)̀ la meta- fora del varco è cara al poeta, che si domanda angosciato se quella luce misteriosa (recupero del passato) può essere un’indicazione di salvezza. Il mare, nella poesia di Montale, è un simbolo positivo. La rivelazione appare nella ripetizione ossessiva delle medesime azioni, poiché ancora, come un tempo, le onde si infrangono sulla scogliera a picco (scoscende) sul mare.
la solitudine del poeta in queste riflessioni crea lo smarrimento che si impadronisce di lui che di nuovo ha perduto il senso delle cose, della vita e della morte.
La conclusione presenta uno dei temi fondamentali d̀ella poesia di Montale: quello del varco, inteso come superamento della solitudine esistenziale, come ricerca di una vita autentica, ma che rimane una possibilità irrealizzata.
La casa dei doganieri, un tempo luogo di incontri amorosi con una donna e ormai luogo della memoria, diviene per il poeta il pretesto, l’“occasione” per riandare a un sogno di felicità accarezzata e perduta insieme. Il poeta è consapevole che non ci può essere più corrispondenza di affetti nel ricordo: dei due è solo lui a mantenere vivo il tempo di quell’incontro e a tenere un capo del filo che non riesce però a farli ricongiungere: all’altro capo lei non c’è più, distratta da altri labirinti di vita.
Di lontano, balena a tratti una luce, forse la via di fuga dal rapido scorrere del tempo sempre uguale; ma subito la speranza del varco è vanificata. L’io lirico non può che proclamare la sua solitudine e il suo smarrimento dinanzi agli eventi: perduto il senso delle cose, dell’andare e del restare, del permanere nella memoria e del perdersi nell’oblio, egli non sa più quale significato attribuire al passato, al presente, alla vita stessa.
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