La complessità del reale

Guicciardini, Ricordi, 1–125–160

Luca Pirola
4 min readMay 19, 2022
Danza macabra

Coerente con il suo pensiero Guicciardini non pubblica un trattato strutturato sulla politica, ma colleziona nei Ricordi civili e politici oltre 200 annotazioni, che raccolgono pensieri, aneddoti e massime tratti dalla sua diretta esperienza politica; di fatto l’opera — che manca di sistematicità — è una collezione di memoranda, di cose da ricordare e consigli da tenere presente nella conduzione della propria vita. I destinatari dei consigli sono i discendenti, poiché l’intento di Guicciardini si limita alla scrittura privata destinata ai discendenti, al fine di mantenere il rango e il patrimonio familiare. La scrittura dei Ricordi rappresenta la rinuncia a creare un sistema chiuso e organico: l’intellettuale è isolato, ritiene di non poter più influire sulla realtà.

I Ricordi sono disposti secondo una numerazione progressiva, ma senza un ordine tematico. É dunque tipico il caso di frammenti che, a distanza, ritornano sullo stesso argomento, affrontandolo da diversi punti di vista.

Il primo ricordo della raccolta medita sulla determinazione che la fede può produrre nell’uomo.

1. Quello che dicono le persone spirituali che chi ha fede conduce cose grandi; e come dice lo Evangelo, chi ha fede può comandare a’ monti ecc., procede perché la fede fa ostinazione. Fede non è altro che credere con opinione ferma, e quasi certezza le cose che non sono ragionevole; o, se sono ragionevole, crederle con piú resoluzione che non persuadono le ragione. Chi adunque ha fede diventa ostinato in quello che crede, e procede al cammino suo intrepido e resoluto, sprezzando le difficultá e pericoli, e mettendosi a sopportare ogni estremitá.

Guicciardini ricorre spesso a frasi proverbiali e a citazioni: queste massime della saggezza popolare offrono al ragionamento una solida base e fanno risaltare le conclusioni originali dell’autore. Guicciardini individua un legame tra fede e ostinazione una corrispondenza che va letta in un’ottica estranea alla religione. La fede rappresenta un valore laico di perseveranza, un’ostinata resistenza ai mille casi e accidenti da cui dipende lo svolgimento delle cose del mondo e quindi la vita dell’uomo.

Donde nasce che essendo le cose del mondo sottoposte a mille casi e accidenti, può nascere per molti versi nella lunghezza del tempo aiuto insperato a chi ha perseverato nella ostinazione; la quale essendo causata dalla fede, si dice meritamente: chi ha fede ecc. Esemplo a’ dí nostri ne è grandissimo questa ostinazione de’ Fiorentini, che essendosi contro a ogni ragione del mondo messi a aspettare la guerra del papa ed imperadore, sanza speranza di alcuno soccorso di altri, disuniti e con mille difficultá, hanno sostenuto in sulle mura giá sette mesi gli eserciti, e’ quali non si sarebbe creduto che avessino sostenuto sette dí; e condotte le cose in luogo che se vincessino, nessuno piú se ne maraviglierebbe, dove prima da tutti erano giudicati perduti; e questa ostinazione ha causata in gran parte la fede di non potere perire secondo le predizioni di Fra Ieronimo da Ferrara

L’autore esplicita la circostanza storica che gli ha fatto trarre le sue conclusioni generali: non si tratta di episodi “esemplari” nel senso machiavelliano, ma di spunti di riflessione personale. Questo appunto evidenzia il nesso inscindibile tra comportamenti politici e analisi della natura umana. la conclusione dell’autore non rappresenta una verità generale, bensì una considerazione privata fondata sull’esperienza personale.

Al primo ricordo si possono collegare per parallelismo le riflessioni sull’impossibilità di prevedere il futuro. I tre ricordi sono legati dal tema della precarietà dell’esistenza umana.

125. E’ filosofi ed e’ teologi e tutti gli altri che scrivono le cose sopra natura o che non si veggono, dicono mille pazzie; perché in effetto gli uomini sono al bujo delle cose, e questa indagazione ha servito e serve piú a esercitare gli ingegni che a trovare la veritá.

Il ricordo 125 registra in materia fulminea un pensiero: indagare e scrutare ciò che per sua natura non può essere conosciuto è effimero e vano esercizio, che non scopre alcuna verità. Dunque il tema della precarietà dell’esistenza compare qui nel senso di imperscrutabilità del futuro, per cui gli uomini vivono al buio delle cose e farebbero meglio a non perdere tempo in inutili ragionamenti.

160. È certo gran cosa che tutti sappiamo avere a morire, tutti viviamo come se fussimo certi avere sempre a vivere; non credo sia la ragione di questo perché ci muova piú quello che è innanzi agli occhi e che apparisce al senso, che le cose piú lontane e che non si veggono; perché la morte è propinqua, e si può dire che per la esperienzia quotidiana ci apparisca a ogni ora; credo proceda perché la natura ha voluto che noi viviamo secondo che ricerca el corso o vero ordine di questa machina mondana, la quale non volendo resti come morta e sanza senso, ci ha dato proprietá di non pensare alla morte, alla quale se pensassimo sarebbe pieno el mondo di ignavia e di torpore.

L’unica certezza che ha l’uomo è l’ineluttabilità della morte (tutti sappiamo avere a morire); nonostante ciò gli uomini vivono come se non avessero tale certezza, tale inconsapevolezza risponde al naturale bisogno di sopravvivenza. La conclusione di Guicciardini sottolinea la forza della vitalità umana che, nonostante l’incombere della morte, prosegue il suo corso.

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