La difesa delle scelte letterarie

La conclusione del Decameron

Luca Pirola
5 min readJan 29, 2022

Nella conclusione del Decameron Boccaccio torna a rivolgersi al suo pubblico ideale — le vaghe donne — discutendo apertamente le accuse di immoralità che potrebbero essere rivolte alla sua opera. La conclusione del Decameron si configura come un’argomentazione logicamente costruita.

Saranno per avventura alcune di voi che diranno che io abbia nello scriver queste novelle troppa licenzia usata, sì come fare alcuna volta dire alle donne e molte spesso ascoltare cose non assai convenienti né a dire né ad ascoltare ad oneste donne. La qual cosa io nego, per ciò che niuna sì disonesta n’è, che, con onesti vocaboli dicendola, si disdica ad alcuno; il che qui mi pare assai convenevolmente bene aver fatto.

L’autore si rivolge direttamente alle donne (alcune di voi) a cui è dedicato il libro, anticipando un’obiezione che potrebbe essergli rivolta, cioè di aver raccontato eventi e circostanze che sono considerate inopportune per l’ascolto da parte di donne virtuose. La sua autodifesa è immediatamente enunciata: Boccaccio afferma che non esiste alcuna circostanza così volgare che — se narrata con termini decenti — sia inadatta a qualcuno.

Ma presupponiamo che così sia (ché non intendo di piatir con voi, che mi vincereste), dico, a rispondere perché io abbia ciò fatto, assai ragioni vengon prontissime. Primieramente se alcuna cosa in alcuna n’è, la qualità delle novelle l’hanno richesta, le quali se con ragionevole occhio da intendente persona fien riguardate, assai aperto sarà conosciuto (se io quelle della lor forma trar non avessi voluto) altramenti raccontar non poterle. E se forse pure alcuna particella è in quelle, alcuna paroletta più liberale che forse a spigolistra donna non si conviene, le quali più le parole pesano che’fatti e più d’apparer s’ingegnano che d’esser buone, dico che più non si dee a me esser disdetto d’averle scritte, che generalmente si disdica agli uomini e alle donne di dir tutto dì “foro e caviglia e mortaio e pestello e salciccia e mortadello”, e tutto pieno di simiglianti cose.[…]

L’argomentazione prosegue concedendo che ci possano essere alcuni punti che appaiono sconvenienti, tuttavia l’autore vede talmente tanti motivi a giustificazione della loro presenza che ciò non può suscitare scandalo. Prima di tutto la presenza di questi presunti passi sconvenienti è motivata dal fatto che non sarebbe stato possibile raccontare la realtà in modo differente. Conclude dicendo che i doppi sensi sono individuati solo dalle menti corrotte e volgari, perché si attribuiscono a parole comuni (foro e caviglia, mortaio e pestello, salsiccia e mortadello), significati che vanno oltre ciò che realmente indicano.

Niuna corrotta mente intese mai sanamente parola; e così come le oneste a quella non giovano, così quelle che tanto oneste non sono la ben disposta non posson contaminare, se non come il loto i solari raggi o le terrene brutture le bellezze del cielo.

In secondo luogo Boccaccio dichiara che il pregiudizio di chi ascolta interpreta in modo equivoco ogni affermazione o ogni situazione, infatti come le parole oneste non sono di aiuto a una mente corrotta, così le parole che possono essere volgari non possono corrompere una mente moralmente sana (ben disposta).

Quali libri, quali parole, quali lettere son più sante, più degne, più riverende, che quelle della divina Scrittura? E sì sono egli stati assai che, quelle perversamente intendendo, sé e altrui a perdizione hanno tratto. Ciascuna cosa in sé medesima è buona ad alcuna cosa, e male adoperata può essere nociva di molte; e così dico delle mie novelle. Chi vorrà da quelle malvagio consiglio o malvagia operazion trarre, elle nol vieteranno ad alcuno, se forse in sé l’hanno, e torte e tirate fieno ad averlo; e chi utilità e frutto ne vorrà, elle nol negheranno, né sarà mai che altro che utili e oneste sien dette o tenute, se a que’tempi o a quelle persone si leggeranno, per cui s e pe’quali state sono raccontate. […]

Boccaccio porta a sostegno della sua riflessione il fatto che anche le Sacre Scritture sono state spesso interpretate in maniera perversa dagli eretici, tanto che la lettura malevola e sbagliata ha causato la perdizione di molte anime. Dicendo ciò egli vuole affermare che ogni scritto è buono in sé, ma può essere dannoso se interpretato male. Dunque se qualcuno vorrà individuare degli elementi di corruzione (malvagio consiglio) nelle sue novelle, nessuno lo potrà impedire, ma in questo modo non potranno mai essere considerate utili o positive sul piano morale, perché sarà impedita una loro lettura senza pregiudizi.

Saranno similmente di quelle che diranno qui esserne alcune, che non essendoci sarebbe stato assai meglio. Concedasi: ma io non poteva né doveva scrivere se non le raccontate, e per ciò esse che le dissero le dovevan dir belle, e io l’avrei scritte belle. Ma se pur presupporre si volesse che io fossi stato di quelle e lo ‘nventore e lo scrittore (che non fui), dico che io non mi vergognerei che tutte belle non fossero per ciò che maestro alcun non si truova, da Dio in fuori, che ogni cosa faccia bene e compiutamente […].

Boccaccio considera che alcuni potrebbero obiettare che alcune situazioni avrebbero potuto essere evitate nel racconto, tuttavia egli ribatte che non le avrebbe scritte se non esistessero nella realtà, quindi — come ogni cosa al mondo — sono create da Dio, pertanto non possono essere malvagie. Boccaccio ripropone con fermezza la sua attenzione alla realtà contemporanea, che aveva già espresso nel proemio: il Decameron è una rappresentazione di tutte le varietà dell’umanità del Trecento, omettere alcuni argomenti o evitare di raccontare, per un giudizio ipocrita, alcuni fatti sarebbe negare il valore di tutto ciò che è umano.

E lasciando omai a ciascheduna e dire e credere come le pare, tempo è da por fine alle parole, Colui umilmente ringraziando che dopo sì lunga fatica col suo aiuto n’ha al desiderato fine condotto. E voi, piacevoli donne, con la sua grazia in pace vi rimanete, di me ricordandovi, se ad alcuna forse alcuna cosa giova l’averle lette.

Il congedo conclude l’argomentazione, lasciando a se stessi coloro che non sono convinti delle scelte dell’autore, in quanto Boccaccio si preoccupa di essere apprezzato dalle piacevoli donne a cui vuole rivolgersi.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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