La gallina e il carabiniere

L’esplosione del “barocco gaddiano”

Luca Pirola
5 min readMar 18, 2021

Due carabinieri della caserma di Marino sono incaricati dell’indagine sui gioielli rubati a via Merulana. Alla ricerca di un’indiziata del furto, giungono alla borgata dei Due Santi, nella bottega di Zamira, una laida megera che unisce il mestiere di sarta e tintora a quello di maga (e di ruffiana). L’interrogatorio è interrotto da una gallina che si insinua nella stamberga.

La narrazione si concentra su un particolare insignificante, dimenticandosi completamente della vicenda principale, a esempio dello gnommero che confonde le vicende umane, impedendone la compresione. Questo sbriciolarsi della narrazione allude al carattere caotico e labirintico della realtà, richiamato anche dal termine del titolo “pasticciaccio” che rimanda al “groviglio”, al “garbuglio” metafisico delle cose.

In quel punto, come evocata di tenebra, dall’usciolo socchiuso della scaluccia approdante in bottega (di cui li regazzini fantasticavano, altri favoleggiavano e più d’uno pe via de la lettura de la mano avea pratica), si affacciò, e poi zampettò sul mattonato freddo qua e là con certi suoi chè chè chè chè tra due cumuli di maglie, una torva e a metà spennata gallina, priva di un occhio, e legato alla zampa destra uno spago, tutto nodi e giunte, che non la smetteva più di venir fuora, di venir su: tale, dall’oceano, la sàgola interminata dello scandaglio ove il verricello di poppa la richiami a bordo e tuttavia gala d’una barba la infronzoli, di tratto in tratto: una mucida, una verde alga d’abisso.

Con l’ingresso della gallina la narrazione dei fati si interrompe per lasciar posto all’indugio su un particolare assolutamente marginale. Lo spago attaccato alla zampa della gallina evoca l’immagine marinaresca della funicella cui è appeso lo scandaglio, quando viene tirata su dal verricello di poppa, ornata da qualche alga avvizzita che le è rimasta attaccata. La breve descrizione è un tipico esempio del periodare di Gadda in cui le immagini sono incastrate una dentro l’altra come scatole cinesi. L’intrusione della gallina può apparire un passo semplicemente comico, in realtà racchiude alcuni dei motivi di fondo della narrazione di Gadda. Lo scrittore sembra dimenticare ad ogni momento l’intreccio e i personaggi, come trascinato in un vortice inesauribile di divagazioni. Qualunque oggetto entri nel suo raggio visuale gli offre l’occasione per allontanarsi in direzione centrifuga, per insistere in lunghe, puntigliose descrizioni, per abbandonarsi a catene di associazioni casuali, a costruzioni fantasiose e bizzarre. La struttura romanzesca si disgrega in una miriade di frammenti isolati, collegati solamente da fili misteriosi.

Dopo aver esperito in qua in là più d’una levata di zampa, con l’aria, ogni volta, di saper bene ove intendeva andare, ma d’esserne impedita dai divieti contrastanti del fato, la zampettante guercia mutò poi parere del tutto. Spiccicò l’ali dal corpo (e parve estrinsecarne le costole per una più lauta inspirazione d’aria), mentre una bizza mal rattenuta le gorgogliava già ner gargarozzo: una catarrosa comminatoria.

La gallina è un personaggio grottesco e comico che irrompe nella serietà della perquisizione. si presenta disordinata, senza un occhio, mentre allarga le ali, emette un verso catarroso (definito capriccio, bizza) che gorgoglia nella gola. Improvvisamente starnazza dall’alto di una montagna di stracci, a completamento della sua grottesca apparizione. La gallina guercia è simbolo della stupidità del reale, della sua oltraggiosa mancanza di senso e di dignità. la realtà agli occhi dello scrittore è come affetta da una deformità mostruosa, che l’allontana dalle forme perfette assegnatele dall’ordine di Natura. Questa deformazione che colpisce gli oggetti e gli animali è definita da Gadda come “barocco”: essa non solo li rende assolutamente stupidi e insensati, ma conferisce loro un osceno turgore vitale o li trasfroma in materia turpe e ripugnante. Perciò se la gallina è guercia è un particolare comico, questa comicità è profondamente intrisa di sofferenza, ha dietro di sé la reazione esasperata dello scrittore di fronte al caos insensato e vergognoso del mondo.

A strozza invelenita principiò a gorgheggiare in falsetto: starnazzò spiritata in colmo alla montagna di que’ cenci, donde irrorò le cose e le parvenze universe del supremo coccodè, quasi avesse fatto l’ovo lassù. Ma ne svolacchiò giù senza por tempo in mezzo, atterrando sui mattoni con nuovi acuti parossistici, un volo a vela de’ più riusciti, un record: sempre tirandosi dietro lo spago. Parallelamente allo spago e alla infilata dei nodi e dei groppi, un filo di lana grigio le si era appreso a una gamba: e il filo pareva questa volta smagliarsi da reobarbara ciarpa, di sotto al ridipinto ciarpame.

Al colmo delle sue evoluzioni la gallina defeca sulla scarpa del brigadiere, con un atto descritto con particolare anatomici, quasi scientifici da Gadda. Non a caso l’oggetto principale della fissazione è la defecazione dell’animale: l’escremento è un motivo che torna ossessivamente nelle pagine di Gadda a simboleggiare la degradazione estrema del reale e il disgusto fisiologico dello scrittore per esso.

Una volta a terra, e dopo un ulteriore co co co co non si capì bene se di corruccio immedicabile o di raggiunta pace, d’amistà, la si piazzò a gambe ferme davanti le scarpe dell’allibito brigadiere, volgendogli il poco bersaglieresco pennacchietto della co da: levò il radicale del medesimo, scoperchiò il boccon del prete in bellezza: diaframmò al minimo, a tutta apertura invero, la rosa rosata dello sfintere, e plof! la fece subito la cacca: in dispregio no, è probabile anzi in onore, data l’etichetta gallinacea, del bravo sottufficiale, e con la più gran disinvoltura del mondo: un cioccolatinone verde intorcolato alla Borromini come i grumi di solfo colloide della acque àlbule: e in vetta in vetta uno scaracchietto di calce, allo stato colloidale pure isso, una crema chiara chiara, di latte pastorizzato pallido, come già allora usava.

La descrizione della deiezione gallinacea esprime al colmo l’ironia linguistica di Gadda, il quale tende a fissarsi in modo ossessivo sui singoli, insignificanti episodi della realtà. Sotto la sua lente implacabile il minimo particolare si dilata in modo abnorme, sovvertendo ogni gerarchia di importanza fra i personaggi e gli oggetti. L’insistenza sull’onomatopea (cocococò, prof!, chechecheché, coccodé) a causa della sua forma puramente imitativa colloca il testo al di qua del linguaggio e di ogni rapporto razionale con la realtà; la stessa funzione svolgono i frequenti termini di registro basso o dialettale (per gargarozzo, boccon del prete, la zozza, pure isso, incazzatissima, scaracchietto).

Il plurilinguismo di Gadda riflette una precisa visione del mondo, quella di un reale aggrovigliato e assurdo, e rimanda al “dolore” del soggetto che in quel “pasticcio” è risucchiato e travolto.

--

--

Luca Pirola
Luca Pirola

Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

No responses yet