La Gerusalemme liberata

Proemio, I, ottave 1–11

Luca Pirola
8 min readNov 14, 2020
Antonio Tempesta, Goffredo di Buglione medicato da un angelo, XVII sec.

Il proemio della Gerusalemme liberata segue l’impostazione della tradizione classica con una protasi nella prima ottava, l’invocazione alla musa nella seconda e nella terza ottava e la dedica ad Alfonso d’Este nella quarta e nella quinta.
Le prime ottave sono occasione per Tasso per discutere i temi cardine del poema: il rapporto tra vero storico e invenzione poetica e la relazione tra unità dell’argomento e molteplicità delle storie secondarie. Il poeta chiarisce immediatamente che con il poema vuole fondare il nuovo genere dell’epica cristiana. Il tema religioso ha, infatti, subito una spiccata centralità, perché l’intervento divino determina gli esiti del conflitto, concedendo il favore del Ciel all’impresa di Goffredo di Buglione.

Nelle ottave seguenti (6–10) Tasso elenca una rassegna di principi cristiani e la decisione di Dio di intervenire inviando l’arcangelo Gabriele (11)

1
Canto l’arme pietose e ’l capitano
che ’l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co ’l senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l’Inferno vi s’oppose, e in vano
s’armò d’Asia e di Libia il popol misto.
Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
segni ridusse i suoi compagni erranti.

L’incipit del poema è esemplato sul primo verso dell’Eneide di Virgilio: Canto l’armi e l’eroe… (Arma virumque cano…). L’esordio è dunque stilisticamente solenne e, fin dall’inizio, indirizza l’attenzione del lettore su toni e tematiche ben differenti dal tradizionale poema cavalleresco in ottave. L’arme non identificano qui le semplici battaglie, ma sono definite pietose, poiché si sono messe al servizio del volere di Dio e della cristianità: la cavalleria è in Tasso sottoposta alla religione.

Il capitano è Goffredo di Buglione (Godefroy de Bouillon), duca della Bassa Lorena, che appoggiò l’imperatore Enrico IV nella lotta contro il papato. Convertitosi poi alla causa della Chiesa, guidò la prima crociata e nel 1099 espugnò Gerusalemme, dove venne incoronato come “difensore del Santo Sepolcro”.

L’argomento del poema è raccontare in versi la liberazione di Gerusalemme e del Santo sepolcro dalle popolazioni musulmane. Fin dalla prima ottava, Tasso identifica lo scopo dei guerrieri cristiani nella battaglia necessaria al riscatto dei luoghi santi. Significativamente compare perciò alla fine del v. 2 la parola Cristo, termine ultimo del destino dei paladini. Il secondo verso è costruito su un’anastrofe.

Nei versi 3 e 4 Tasso mette al centro dell’ottava la figura dell’eroe. I due versi legati da anafora (Molto… molto) hanno l’intento di amplificare le gesta del protagonista, mostrando le azioni che qualificano la sua persona: operare e patire. Goffredo si mostra fin dall’inizio come un imitatore di Cristo che, come Lui, agisce e soffre.

Goffredo resiste alle potenze del male e alle forze nemiche (che operano invano), poiché agisce per volontà divina (Il Ciel gli diè favore) e riesce a ricondurre sulla retta via i compagni erranti: l’aggettivo qui è indice di una “dispersione” tanto reale (poiché l’esercito cristiano aveva una molteplicità di comandanti), quanto morale, poiché i paladini sono travolti da varie passioni. La grandezza dell’eroe consiste nella capacità di aver ricondotto all’unità sotto i santi / segni un esercito numeroso e deviato dall’obiettivo.

2
O Musa, tu che di caduchi allori
non circondi la fronte in Elicona,
ma su nel cielo infra i beati cori
hai di stelle immortali aurea corona,
tu spira al petto mio celesti ardori,
tu rischiara il mio canto, e tu perdona
s’intesso fregi al ver, s’adorno in parte
d’altri diletti, che de’ tuoi le carte.

La scansione del prologo del poema procede, dopo la definizione dell’argomento, con la reiterata invocazione alla Musa (O Musa, tu… tu spira… tu rischiara… tu perdona), che è qui Urania, classicamente intesa come musa dell’astronomia, ma da Tasso interpretata come una “musa cristiana”, poiché risiede nel cielo tra i cori dei beati che contemplano Dio. Tasso chiede alla musa di ispirare celesti ardori, ossia una forte passione verso Dio. La sua ispirazione conferisce dunque all’opera del poeta carattere di verità.

3
Sai che là corre il mondo ove più versi
di sue dolcezze il lusinghier Parnaso,
e che ’l vero, condito in molli versi,
i più schivi allettando ha persuaso.
Così a l’egro fanciul porgiamo aspersi
di soavi licor gli orli del vaso:
succhi amari ingannato intanto ei beve
e da l’inganno suo vita riceve.

Il tema toccato da Tasso nell’invocazione è il rapporto tra il vero (la storia) e l’invenzione (la poesia). Il poeta sostiene che il vero, all’apparenza spiacevole, ha la necessità di essere mescolato con la dolcezza della poesia (condito in molli versi) per condurre alla persuasione. Dunque, le trasgressioni che Tasso imporrà al vero storico e gli abbellimenti che inserirà nel testo sono legittimati per ottenere il fine educativo e morale dell’opera d’arte, il cui ultimo effetto è un nutrimento che dà vita.

La similitudine del fanciullo malato, che tende a conferire immediatezza al concetto appena esposto, deriva dal poeta latino Lucrezio. La scelta di narrare una vicenda realmente accaduta porta Tasso a interrogarsi su quale rapporto debba intercorrere tra vero e invenzione fantastica nel poema. Il mondo fantastico attrae il poeta, e tuttavia egli sente la necessità morale di condannarlo in nome dei valori cristiani del vero e del giusto. Alcuni elementi fantastici sono ammessi nella misura in cui servono a interessare il pubblico e ad avvicinarlo agli insegnamenti religiosi.

4
Tu, magnanimo Alfonso, il qual ritogli
al furor di fortuna e guidi in porto
me peregrino errante, e fra gli scogli
e fra l’onde agitato e quasi absorto,
queste mie carte in lieta fronte accogli,
che quasi in voto a te sacrate i’ porto.
Forse un dì fia che la presaga penna
osi scriver di te quel ch’or n’accenna.

Si noti la ripresa dell’aggettivo errante, già comparso alla fine della prima ottava. Si tratta di una ripresa significativa poiché, nella costruzione di Tasso, Alfonso è Emulo di Goffredo, infatti ha la sua stessa funzione, quella cioè di radunare sotto la sua guida e la sua protezione il poeta errante nel mare della vita. In questa ottava Tasso attribuisce l’aggettivo a se stesso, esule e vagabondo che, perseguitato dalla sfortuna, trova alla corte di Ferrara in rifugio sicuro. Questa immagine mostra i due poli della sua personalità: la tendenza alla irregolarità da un lato e la ricerca di riconoscimento e protezione dall’altro.

5
È ben ragion, s’egli averrà ch’in pace
il buon popol di Cristo unqua si veda,
e con navi e cavalli al fero Trace
cerchi ritòr la grande ingiusta preda,
ch’a te lo scettro in terra o, se ti piace,
l’alto imperio de’ mari a te conceda.
Emulo di Goffredo, i nostri carmi
intanto ascolta, e t’apparecchia a l’armi.

Nelle ottave 4 e 5 Tasso paragona Alfonso a Goffredo, nella speranza di poter un giorno scrivere nuovamente di lui come protagonista di una nuova crociata. L’argomento della crociata di rivela di attualità, perché nella seconda metà del Cinquecento la necessità di una seconda crociata era molto sentita in Occidente a causa dell’inarrestabile avanzata dell’Impero Ottomano nei Balcani e nel Mediterraneo. La materia scelta dal Tasso si configura essere ben lontana dalla semplice evasione culturale, perché punta a stimolare la cosciena religiosa del pubblico, invitando la Cristianità a una riscossa.

6
Già ’l sesto anno volgea, ch’in oriente
passò il campo cristiano a l’alta impresa;
e Nicea per assalto, e la potente
Antiochia con arte avea già presa.
L’avea poscia in battaglia incontra gente
di Persia innumerabile difesa,
e Tortosa espugnata; indi a la rea
stagion diè loco, e ’l novo anno attendea.

Una delle tematiche fondanti la Liberata è il rapporto tra storia e poesia. Tasso impiegò per la ricostruzione dei fatti storici la cronache medievali , seppur con molta libertà, come dimostra questa ottava. Il poeta inizia infatti la sua narrazione dicendo che erano ormai trascorsi sei anni. La crociata era in realtà cominciata nel 1096, mentre la conquista di Gerusalemme accadde nel 1099: erano perciò trascorsi solo tre anni. Tasso sostenne che questa scelta aveva lo scopo di accrescere le fatiche e i pericoli della riconquista.

7
E ’l fine omai di quel piovoso inverno,
che fea l’arme cessar, lunge non era;
quando da l’alto soglio il Padre eterno,
ch’è ne la parte più del ciel sincera,
e quanto è da le stelle al basso inferno,
tanto è più in su de la stellata spera,
gli occhi in giù volse, e in un sol punto e in una
vista mirò ciò ch’in sé il mondo aduna.

Lo sguardo divino si posa su Gerusalemme e sul campo cristiano e abbraccia in un istante e in un solo sguardo tutta la realtà. Lo sguardo di Dio tende all’unità, caratteristica che Tasso rende stilisticamente con la ripetizione di un, una, indicando a un tempo la totalità e l’istantaneità della visione divina. Ma lo sguardo di Dio è capace anche di vedere nel profondo, scorgendo gli intimi moti del cuore e le più riposte passioni dei paladini.

8
Mirò tutte le cose, ed in Soria
s’affisò poi ne’ principi cristiani;
e con quel guardo suo ch’a dentro spia
nel più secreto lor gli affetti umani,
vide Goffredo che scacciar desia
de la santa città gli empi pagani,
e pien di fé, di zelo, ogni mortale
gloria, imperio, tesor mette in non cale.

Lo sguardo di Dio si concentra su Goffredo, che è l’esempio del vero comandante cristiano, colui cioè che pone in secondo ordine i propri interessi personali e il cui unico fine è di riconquistare il Santo sepolcro. Goffredo è, al contempo, un modello per il sovrano ideale. Tasso, delineando il suo profilo, desidera anche proporre ai suoi contemporanei una figura eroica e magnanima capace di governare al di là del proprio tornaconto.

9
Ma vede in Baldovin cupido ingegno;
ch’a l’umane grandezze intento aspira:
vede Tancredi aver la vita a sdegno,
tanto un suo vano amor l’ange e martira:
e fondar Boemondo al novo regno
suo d’Antiochia alti princìpi mira,
e leggi imporre, ed introdur costume
ed arti e culto di verace nume;

10
e cotanto internarsi in tal pensiero,
ch’altra impresa non par che più rammenti:
scorge in Rinaldo e animo guerriero
e spirti di riposo impazienti;
non cupidigia in lui d’oro o d’impero,
ma d’onor brame immoderate, ardenti:
scorge che da la bocca intento pende
di Guelfo e i chiari antichi essempi apprende.

In queste ottave si possono ricavare i primi ritratti degli eroi cristiani. Tutti i paladini, eccettuato Goffredo, presentano una certa ambivalenza, subendo le tentazioni terrene e passionali. L’interiorità inquieta dei personaggi si rivelerà un tema chiave del poema, nonché principale ostacolo al compimento dell’impresa. Allo zelo di Goffredo, dunque, corrispondono per contrasto le varie passioni che agitano gli altri paladini: Baldovino (fratello di Goffredo) desidera onori; Tancredi (d’Altavilla) è tormentato dall’amore; Boemondo (figlio di Roberto il Guiscardo) è spinto dal desiderio di governare Antiochia; Rinaldo (personaggio immaginario) è scosso dalla passione per le armi; Guelfo (figlio di Alberto Azzo d’Este) è personaggio storico, ma in realtà non partecipò alla crociata.

La concezione poetica tassiana è contraria alla molteplicità delle azioni nel poema epico, come avviene per esempio nell’Orlando furioso di Ariosto. Anzi, egli seguendo le direttive di Aristotele ritiene che vi siano due generi differenti: il romanzo cavalleresco, il cui tratto tipico è la molteplicità delle avventure e delle storie; e il poema epico, che è caratterizzato dall’unità dell’argomento. Tasso desidera quindi creare un vero e proprio “poema epico”, con una sola azione principale eventualmente arricchita da una varietà di azioni secondarie ma sempre a essa subordinate.

11
Ma poi ch’ebbe di questi e d’altri cori
scorti gl’intimi sensi il Re del mondo,
chiama a sé da gli angelici splendori
Gabriel, che ne’ primi era secondo.
È tra Dio questi e l’anime migliori
interprete fedel, nunzio giocondo:
giù i decreti del Ciel porta, ed al Cielo
riporta de’ mortali i preghi e ’l zelo.

Il campo cristiano è dunque caratterizzato dalla “molteplicità” che è un carattere pericoloso e potenzialmente distruttivo, poiché genera dispersione e impedisce di perseguire l’obiettivo della riconquista di Gerusalemme. L’intervento divino permette di ricondurre questa “molteplicità” in “unità”, intervenendo nella storia in modo che i principi cristiani eleggano Goffredo quale loro capo e guida.
L’elemento fantastico che interviene nelle vicende del poema proviene dal sovrannaturale cristiano (il meraviglioso cristiano), rappresentato dall’intervento divino per mezzo dell’arcangelo Gabriele.

Per riepilogare

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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