La letteratura del Rinascimento
La ricerca di nuove espressioni
L’Umanesimo pone l’uomo al centro della riflessione intellettuale e artistica, ponendolo al centro del creato di tutto il creato e indicandolo come modello di armonia e perfezione. Ciò comporta che la Natura e il piacere siano rivalutati, perché non soddisfa più la concezione esistenziale del Medioevo che vedeva l’uomo come un pellegrino in viaggio verso la Salvezza.
Se in arte il cambiamento del punto di vista porta all’introduzione della prospettiva e degli studi anatomici, in letteratura la riscoperta degli autori classici (greci e latini) significa intraprendere lo studio dei loro testi per comprendere il loro significato originario; di conseguenza si sviluppano la filologia e lo studio del latino e del greco classici.
Mutano anche i luoghi di produzione e diffusione della cultura: ora gli intellettuali vivono presso le corti italiane, frequentano i cenacoli, consultano le biblioteche e si ritrovano nelle accademie.
La trattatistica
I testi classici sono presi come modelli letterari di una produzione mirata a definire i nuovi concetti del mondo contemporaneo. I trattati tra Quattro e Cinquecento sono fondamentali per la definizione delle regole nei campi dell’attività umana: non valgono più le auctoritates, perciò si devono ricostruire i riferimenti culturali. contemporaneamente si afferma la necessità di identificare il ruolo dell’intellettuale come guida e interprete della società.
Cresce, dunque, a dismisura la produzione di trattati in forma di dialogo — a imitazione di Platone — per rendere il processo conoscitivo della discussione attuata nei cenacoli. I trattati contemplano tutte le discipline: ad esempio i Libri di famiglia di Leon Battista Alberti, la prosa scientifica che di cerca definire le regole di ogni campo el sapere, quali il Trattato sulla pittura di Leonardo da Vinci o le Vite dei più eccellenti pittori di Giorgio Vasari; numerosi sono le versioni dello Speculum principum, ovvero di manuali di governo per i podestà, precursori di veri e propri trattati storico-politici, quali Il principe di Niccolò Machiavelli e le Considerazioni sui discorsi di Machiavelli di F. Guicciardini. Per nulla futili sono i trattati sul comportamento dell’uomo ideale, i più conosciuti dei quali sono Il cortegiano di Baldassar Castiglione e Il galateo di Giovanni della Casa, perchè definiscono le virtù da praticare e i vizi da evitare nel mondo ideale, rappresentazione della perfetta realtà, che è la corte. Anche la lingua è soggetta a una riflessione classificatoria nelle Prose della volgar lingua di Pietro Bembo, testo che definisce i canoni della lingua colta per tre secoli.
La poesia lirica
L’Umanesimo tralascia la produzione lirica a favore di testi in prosa latina, fino al 1441, quando si celebra il Certame coronario, una gara poetica di liriche in volgare che segna la ripresa della poesia. Le liriche rinascimentali sono caratterizzate dallo sperimentalismo e dalla contaminatio con la produzione latina classica, di cui si cerca di imitare lo stile e rinverdire i temi. Altro carattere della produzione del periodo è il petrarchismo, concezione per i poeti scrivono testi il cui tratto fondamentale è l’imitazione delle forme e ripresa dei temi del Canzoniere, preso a modello assoluto della poesia amorosa. L’imitazione di Petrarca genera anche la sua reazione nell’antipetrarchismo che reagisce al rigido classicismo, riprendendo in forma parodistica la poesia dei petrarchisti
I maggiori centri di produzione poetica sono Napoli, dove si pubblica l’Arcadia, un prosimetro di argomento bucolico con riferimenti autobiografici, scritto da Jacopo Sannazzaro, e la Firenze di Lorenzo de’ Medici.
Lorenzo stesso è autore dei versi del poemetto comico Nencia da Barberino e dei canti carnascialeschi, il più famoso dei quali è il Trionfo di Bacco e Arianna. Autore di pregio è Angelo Poliziano con la sua Imitazione di classici greci e latini.
La poesia epico — cavalleresca
Il genere poetico di maggiore fortuna è il poema epico cavalleresco, che nel Rinascimento conosce un periodo di grande splendore. Ispirandosi ai cicli carolingio e bretone, durante i secoli del Medioevo la poesia cavalleresca era rimasta vitale nella produzione popolare dei cantari, componimenti narrativi in versi che contaminano i due cicli, in particolare inseriscono i personaggi carolingi ( Rolando, Carlo Magno e altri) entro tematiche bretoni (amore cortese, quête).
Nel XV secolo letterati di corte riprendono la materia dei cantari, prima scrivendone una parodia comico — realistica (Luigi Pulci, Morgante), poi valorizzando la contaminazione dei due cicli con un più chiaro intento letterario. Matteo Maria Boiardo, cortigiano degli Estensi a Ferrara, scrive L’Orlando innamorato, poema cavalleresco in cui il paladino lotta e compie imprese eroiche per conquistare l’amore della bella Angelica. Queste opere ispirano in seguito i capolavori dell’Ariosto e del Tasso.