La lirica cortese
Dai trovatori provenzali alla scuola siciliana
La letteratura francese e quella provenzale per prime abbandonarono il latino ed elaborarono lingue volgari raffinate e nuove forme liriche e narrative. Se la lingua d’oïl servì allo sviluppo dell’epica, in lingua d’oc, fiorita in Provenza e nella Francia meridionale, nacque invece la poesia d’amore dei trovatori (trobadours) e dei giullari. Questi generi letterari erano strettamente legati agli ambienti di corte e alla nobiltà feudale e cavalleresca, cui si rivolgevano e della quale cantavano i valori morali e le virtù cortesi.
I trovatori e i giullari
Nel Medioevo “trovatore” era detto il poeta che componeva versi raffinati destinati all’ascolto, al canto o alla recitazione; tali versi potevano essere recitati dallo stesso trovatore, ma in genere erano affidati ai giullari. Le liriche si ispiravano agli ideali e ai cerimoniali dell’ambiente di corte, in cui i giullari vivevano. L’arte raffinata e la tecnica stilistica dei trovatori rappresentano l’espressione più compiuta di una società feudale aristocratica e guerriera, ormai indipendente dal monopolio culturale della Chiesa.
Il giullare è l’esecutore del repertorio dei trovatori, che interpreta con molta libertà. Originariamente il giullare era un girovago (saltimbanco, attore e ballerino), che frequentava sia le corti sia le manifestazioni che si svolgevano sulle piazze e lungo le vie dei pellegrinaggi ai luoghi santi. Malvisto dalla Chiesa, che condannava le sue esibizioni, intorno al XIII secolo il giullare divenne anche un musico che viveva stabilmente a corte, stipendiato dal signore per intrattenere i nobili cortigiani.
Il codice dell’amor cortese
La lirica trovadorica è quasi esclusivamente dedicata all’amore, inteso come un sentimento puro, che ingentilisce colui che lo prova. Questo ideale influenzerà tutta la letteratura occidentale, soprattutto le più mature espressioni dello Stilnovo e di Petrarca.
L’amore cortese aveva trovato una sua codificazione nel trattato De amore di Andrea Cappellano (1150 ca.-1220 ca.), composto a Poitiers alla corte di Maria di Champagne.
La critica sociologica contemporanea sottolinea il legame profondo tra il modello provenzale e il contesto storico-sociale in cui si sviluppò. Molti poeti provenzali erano giovani cavalieri senza feudo, e la donna era il simbolo della dignità aristocratico-feudale cui essi aspiravano: la legge dell’amor cortese voleva che esso fosse corrisposto (l’animo nobile non poteva sottrarsi alla signoria dell’amore), e il poeta che non riceveva l’amore come ricompensa era come il cavaliere che non riceveva il feudo, escluso dalla società.
Gli stili dei trovatori provenzali
I trovatori posero fine all’anonimato della produzione medioevale: le loro liriche portano il sigillo della creatività e della sensibilitàdi ciascun poeta (gioia, sensualità, malinconia, pessimismo per una donna difficilmente acces- sibile), come dimostrano anche i generimetrici (canzone, canto di crociata, canto di compianto, sestina, alba e pastorella, tenzone, sirventese) e i vari stili nell’arte di poetareda essi adottati:
• trobar leu è un poetare leggero, musicale e melodioso (Jaufré Rudel, Bernart de Ventadorn);
• trobar ric è un poetare con ardite metafore e virtuosismi stilistici;
• trobar clus è un poetare oscuro e difficile da capire, usato per esprimere situazioni affettive complesse.
La Scuola Siciliana
La lirica trobadorica in lingua d’oc è alla base della lirica d’arte italiana. La lirica provenzale si diffuse nei primi decenni del Duecento, grazie al rifugio offerto dalle corti dell’Italia settentrionale a molti trovatori provenzali — anche a seguito della crociata contro gli albigesi indetta dal papa Innocenzo III, che mise a ferro e a fuoco le terre di Provenza e della Francia meridionale.
La poesia italiana in volgare nacque in Sicilia nella prima metà del Duecento (1230- 1250), alla corte di Federico II di Svevia. Qui un gruppo di rimatori (circa venticinque), provenienti anche da regioni del centro e del nord Italia, diede vita alla cosiddetta Scuola siciliana.
Con il termine “scuola” si intende sottolineare che questi poeti presentano scelte tematiche e stilistiche comuni, anche se ciascuno conferì ai propri versi un’impronta individuale.
La lirica provenzale e la Scuola siciliana
I rimatori siciliani subirono l’influenza dei trovatori provenzali in lingua d’oc e rappresentano l’unico esempio di letteratura cortese in Italia. Anche i poeti toscani e gli stilnovisti, autori nel Duecento di versi in volgare, si rifecero ai modelli provenzali, ma questi vivevano in un contesto politico-sociale diverso. Essi erano infatti intellettuali, legati alla nuova realtà comunale, e spesso trattarono nei loro versi temi sociali e politici assenti nei componimenti dei siciliani, che cantarono esclusivamente l’amore cortese.
I siciliani accolsero la concezione provenzale dell’amore e della dedizione totale alla donna, quasi sempre un’aristocratica bella e inaccessibile, come occasione di perfezionamento morale (fin’amor). Ma essi mostrarono una maggiore attenzione alle conseguenze dell’amore sull’individuo e alle teorie sulla natura dell’amore. Nelle loro rime, pertanto, l’intellettualismo e l’astrazione prevalgono sull’effusione sentimentale.
I poeti siciliani subirono un influsso determinante dalla lirica provenzale, ma la loro produzione si differenzia per molti aspetti dalla poesia in lingua d’oc e può essere compresa soltanto nell’ambito della politica e del clima culturale della corte di Federico. I poeti provenzali vivevano in un contesto politico — sociale contrassegnato dal feudalesimo e stabilirono una relazione fra rapporto di vassallaggio e rapporto amoroso; i siciliani, vivendo in uno Stato accentrato, abbandonarono questo approccio e si dedicarono con maggiore attenzione agli aspetti psicologici e intellettuali dell’esperienza amorosa.
Le loro liriche rielaborano il motivo cortese provenzale, ma i versi, destinati alla lettura e non alla recitazione, non sono più accompagnati dalla musica. L’amore è inteso come fedeltà alla donna, un’aristocratica feudataria, cui il poeta si rivolge con tono di sottomissione ma che non ha le caratteristiche della fredda castellana celebrata dai provenzali, perché la sua bellezza è calda e gioiosa. L’immagine femminile è convenzionale (creatura eccezionale, bella, virtuosa e inaccessibile, capelli biondi, sguardo luminoso e atteggiamento dolce); l’analisi dell’esperienza amorosa, astratta e poco realistica, ne descrive le conseguenze nell’interiorità dell’individuo.
Della maggior parte dei poeti siciliani non è giunto che il nome, talvolta in versioni discordanti, e i testi loro attribuiti dai copisti di fine Duecento sono spesso incerti.
Tra i poeti più noti, Giacomo da Lentini (1210 ca.-1260 ca.), Pier della Vigna (1190 ca.-1249) e Stefano Protonotaro (XIII secolo) scrissero liriche d’amore di elevato contenuto teorico-morale; Cielo d’Alcamo (XIII secolo) e altri imitarono il motivo cortese in tono più colloquiale, avvicinandosi a forme intermedie tra la poesia aulica e quella popolare-giullaresca.
Il linguaggio poetico si basa sul volgare siciliano impreziosito da innesti latini e provenzali. Il risultato è un volgare illustre, completamente nuovo per la tradizione letteraria della penisola.
La toscanizzazione della tradizione delle liriche siciliane
I componimenti dei siciliani ci sono giunti grazie a trascrizioni compilate in Toscana che, se hanno il merito di avere tramandato questa produzione, ne hanno anche mutato alcune caratteristiche linguistiche, traducendo il linguaggio aulico siciliano in forme toscane o toscaneggianti. I copisti, per esempio, hanno modificato la -u siciliana in -o (usu / amorusu sono diventate uso / amoroso) e la -i in -e, trasformando rime regolari e raffinate in rime imperfette (ura / pintura sono diventate ora / pintura; giri / gaudiri, gire / gaudere).
Le forme metriche adottate sono la canzone, la canzonetta e il sonetto, che hanno avuto una lunga fortuna nella nostra letteratura.
Sonetto Componimento poetico formato da quattordici endecasillabi, suddivisi in due quartine e due terzine, la cui invenzione si attribuisce a Giacomo da Lentini.
È una forma metrica derivata dalla canzone, di cui ripete esattamente la struttura della strofa: le quartine corrispondono ai piedi della fronte; le terzine corrispondono alle volte della sirma. Le quartine prevedono diverse combinazioni di rime: alternate (ABAB ABAB) o incrociate (ABBA ABBA); le terzine possono essere alternate (CDC DCD), ripetute (CDE CDE) o invertite (CDE EDC). Il termine “sonetto” pare derivare da sono,“suono”, perché alle origini il componimento era accompagnato dalla musica.
La canzone di contenuto lirico-amoroso è di origine provenzale e viene scelta per il tono aulico ed elevato; la canzonetta, spesso dialogata, è preferita per lo stile quotidiano. Nel sonetto si trattano temi amorosi, morali e filosofici.