La locandiera
atto 2 scene 1 e 2
Nel primo atto appare in scena il Cavaliere di Ripafratta, che rappresenta la terza tipologia di aristocratico: egli è superbo, prepotente e autoritario, mostra disprezzo per le donne e per le classi sociali inferiori. Il Cavaliere di Ripafratta si dichiara nemico delle donne, e pare risiedere a Firenze solo per sbrigare i propri affari. Egli si caratterizza ome elemento dissonante rispetto ai tre caratteri presentati in precedenza poiché il Conte, il Marchese e Fabrizio — il cameriere — sono tutti innamorati di Mirandolina.
Goldoni attraverso la misoginia del cavaliere mette in scena il pregiudizio antifemminile diffuso nel Settecento (“Per me stimo più di lei quattro volte un buon cane da caccia”). La prosecuzione della vicenda mostrerà i valori di uguaglianza e emancipazione promossi dall’illuminismo.
Il disprezzo ostentato dal cavaliere spinge Mirandolina a sfidarlo; le due scene proposte rappresentano la seduzione del Cavaliere da parte della locandiera.
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Camera del Cavaliere, con tavola apparecchiata per il pranzo e sedie.
Il Cavaliere ed il suo Servitore, poi Fabrizio.
Il Cavaliere passeggia con un libro. Fabrizio mette la zuppa in tavola.FABRIZIO: Dite al vostro padrone, se vuol restare servito, che la zuppa è in tavola. (Al Servitore.)
SERVITORE: Glielo potete dire anche voi. (A Fabrizio.)
FABRIZIO: È tanto stravagante, che non gli parlo niente volentieri.
SERVITORE: Eppure non è cattivo. Non può veder le donne, per altro cogli uomini è dolcissimo.
FABRIZIO: (Non può veder le donne? Povero sciocco! Non conosce il buono). (Da sé, parte.)
SERVITORE: Illustrissimo, se comoda, è in tavola.
(Il Cavaliere mette giù il libro, e va a sedere a tavola.)
CAVALIERE: Questa mattina parmi che si pranzi prima del solito. (Al Servitore, mangiando.)
(Il Servitore dietro la sedia del Cavaliere, col tondo sotto il braccio.)
SERVITORE: Questa camera è stata servita prima di tutte. Il signor Conte d’Albafiorita strepitava che voleva essere servito il primo, ma la padrona ha voluto che si desse in tavola prima a V.S. illustrissima.
CAVALIERE: Sono obbligato a costei per l’attenzione che mi dimostra.
Il cavaliere si compiace che sia stato servito per primo. Egli considera questo trattamento di favore come dovuto, perché la sua presunta superiorità è fondata sull’orgoglio aristocratico che non gli permette di comprendere ciò che accade intorno a lui e di individuare la trama seduttiva della locandiera. L’aristocrazia ormai non è più adeguata a intepretare le esigenze della contemporaneità, il suo privilegio è anacronistico.
SERVITORE: È una assai compita donna, illustrissimo. In tanto mondo che ho veduto, non ho trovato una locandiera più garbata di questa.
CAVALIERE: Ti piace, eh? (Voltandosi un poco indietro.)
SERVITORE: Se non fosse per far torto al mio padrone, vorrei venire a stare con Mirandolina per cameriere.
CAVALIERE: Povero sciocco! Che cosa vorresti ch’ella facesse di te? (Gli dà il tondo, ed egli lo muta.)
SERVITORE: Una donna di questa sorta, la vorrei servir come un cagnolino. (Va per un piatto.)
Il dialogo tra il Cavaliere e il suo servitore è costituito da battute secche, sbrigative, espressione da un lato dell’arroganza nobiliare, dall’altro della sottomissione servile. Il disprezzo del Cavaliere nei confronti delle donne enfatizza la superbia del nobile personaggio. La misoginia, d’altronde, non esclude una relazione opportunistica con le donne come espresso dalla battuta Per un poco di divertimento mi fermerei più tosto con questa [Mirandolina] che con un’altra (atto 1, scena 13).
CAVALIERE: Per bacco! Costei incanta tutti. Sarebbe da ridere che incantasse anche me. Orsù, domani me ne vado a Livorno. S’ingegni per oggi, se può, ma si assicuri che non sono sì debole. Avanti ch’io superi l’avversion per le donne, ci vuol altro.
La scena si chiude con una prolessi che anticipa ironicamente la sconfitta del Cavaliere. Egli è un aristocratico burbero, altezzoso, superbo, un personaggio non costruito sull’evoluzione di una maschera della commedia dell’arte, infatti risulta essere un personaggio tragico, perché esprime un tormento interiore — indotto dalla seduzione di Mirandolina — che smentisce la percezione che ha si sé, mostrandone l’inconsistenza.
SCENA SECONDA
Il Servitore col lesso ed un altro piatto, e detto.SERVITORE: Ha detto la padrona, che se non le piacesse il pollastro, le manderà un piccione.
CAVALIERE: Mi piace tutto. E questo che cos’è?
SERVITORE: Disse la padrona, ch’io le sappia dire se a V.S. illustrissima piace questa salsa, che l’ha fatta ella colle sue mani.
CAVALIERE: Costei mi obbliga sempre più. (L’assaggia.) È preziosa. Dille che mi piace, che la ringrazio.
SERVITORE: Glielo dirò, illustrissimo.
CAVALIERE: Vaglielo a dir subito.
SERVITORE: Subito. (Oh che prodigio! Manda un complimento a una donna!). (Da sé, parte.)
CAVALIERE: È una salsa squisita. Non ho sentita la meglio. (Va mangiando.) Certamente, se Mirandolina farà così, avrà sempre de’ forestieri. Buona tavola, buona biancheria. E poi non si può negare che non sia gentile; ma quel che più stimo in lei, è la sincerità. Oh, quella sincerità è pure la bella cosa! Perché non posso io vedere le donne? Perché sono finte, bugiarde, lusinghiere. Ma quella bella sincerità…
L’elogio della sincerità di Mirandolina evidenzia il crescendo dei dubbi del Cavaliere, la cui arroganza vacilla di fronte ai primi attacchi della seduttrice. Goldoni costruisce una complicità con il pubblico, che è già a conoscenza dei progetti della locandiera, perciò le affermazioni del Cavaliere suonano com un misero autoinganno.