La pistola del tedesco

Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cap. 2

Luca Pirola
11 min readSep 27, 2023

Trama del romanzo

Ambientato nei mesi della Resistenza, tra i vicoli di una città ligure della Riviera di Ponente ed i boschi e le valli in cui si svolge la guerra partigiana, II sentiero dei nidi di ragno racconta la storia di Pin, un bambino solo e desideroso di appartenere al mondo degli adulti del vicolo e dell’osteria, dai quali cerca di farsi accettare. Insultato per le relazioni che la sorella intrattiene con i militari tedeschi e sfidato a provare la sua fedeltà, Pin sottrae all’amante della donna una pistola e la nasconde in campagna, nel luogo in cui è solito rifugiarsi, dove i ragni fanno il nido. L’azione mette in moto una sequenza d’eventi che lo portano ad entrare in contatto con quel mondo degli adulti che gli sembrava misterioso: è preso dai tedeschi; durante l’interrogatorio non riuscendo ad ottenere alcun’informazione da Pin, i tedeschi decidono di arrestarlo; condotto in prigione Pin incontra Pietromagro, il padrone della bottega dove Pin era solito lavorare. Oltre a Pietromagro, Pin incontra anche Lupo Rosso, un partigiano dalla grande fama che era stato catturato prima di lui e che ogni giorno in carcere veniva interrogato e malmenato. Grazie all’aiuto di Lupo Rosso Pin riesce a scappare, ma una volta fuori prigione si perde ed inizia a vagare da solo nel bosco fino all’incontro con Cugino che lo porta al suo accampamento e lo presenta alla banda partigiana del Dritto, composta di personaggi dubbi e poco eroici. Pochi giorni dopo però scoppia un incendio nell’accampamento a causa di una distrazione del Dritto, e tutti sono costretti a fuggire e a ripararsi in un vecchio casolare con il tetto sfondato. Qui arrivano il comandante Ferriera e il commissario Kim, che saputo di quanto accaduto vanno a trovare gli uomini dell’accampamento, anche per riferire di una battaglia che si sarebbe svolta in un monte lì vicino e che avrebbe chiesto la partecipazione di tutti. Una volta che tutti gli uomini dell’accampamento sono tornati dalla battaglia Pin decide di canzonare tutti e mentre fa questo rivela a Mancino, il cuoco, di quanto è successo tra sua moglie Giglia e il capitano, che interviene per farlo zittire, quasi rompendogli le braccia. Pin, offeso e arrabbiato, fugge e, ritornato al posto dei nidi dei ragni scopre che Pelle, un giovane partigiano giustiziato dai compagni perché faceva la spia, aveva rubato la sua pistola. Fortunatamente la ritrova nelle mani di sua sorella e dopo avergliela presa scappa anche da lei. Solo e sconsolato, mentre vagava per i sentieri vicini alla cittadina incontra Cugino al quale presta la pistola. Il partigiano la userà, forse, per giustiziare la sorella di Pin, ma poi ritornerà da lui e lo terrà con sé.

In tutto il romanzo Pin ha a che fare con il mondo “dei grandi”: la sorella, i soldati tedeschi, i frequentatori dell’osteria, gli uomini del distaccamento partigiano del Dritto. In questo brano Pin, attraverso una fessura nel muro, spia la camera della sorella: il suo sguardo vede gli abbracci della donna e del soldato e si posa sull’arma.

In camera di sua sorella, a guardarci in quel modo, sembra tempre che ci sia la nebbia; una striscia verticale piena di cose con intorno l’offuscarsi dell’ombra, e tutto sembra cambi dimensioni se s’avvicina o s’allontana l’occhio dalla fessura. Sembra di guardare attraverso una calza da donna e anche l’odore è lo stesso: l’odore di sua sorella che comincia a1 di là della porta di legno ed emana forse da quelle vesti gualcite e da quel letto mai rifatto, rincalzato senza fargli prender aria. La sorella di Pin è sempre stata sciatta nelle faccende di casa, fin da bambina: Pin faceva dei grandi pianti in braccio a lei, da piccolo, con la testa piena di croste, e allora lei lo lasciava sul muretto del lavatoio e andava a saltare con i monelli nei rettangoli tracciati col gesso sui marciapiedi. Ogni tanto tornava la nave del loro padre, di cui Pin ricorda solo le braccia, grandi, e nude, che lo sollevavano in aria, forti braccia segnate da vene nere. Ma da quando la loro madre è morta, le sue venute sono state sempre più rade, finché nessuno l’ha più visto; si diceva che avesse un’altra famiglia in una città di là dal mare. Ora, per abitarci, Pin più che una camera ha un ripostiglio, una cuccia al di là d’un tramezzo di legno, con una finestra che sembra una feritoia, stretta e alta com’è, e profonda nello sbieco del muro della vecchia casa. Di là c’è la camera di sua sorella filtrata dalle fessure del tramezzo, fessure da farsi venire gli occhi strabici a girarli per vedere tutt’intorno. La spiegazione di tutte le cose del mondo è lì dietro quel tramezzo; Pin ci ha passato ore e ore fin da bambino e ci ha fatto gli occhi come punte da spilli; tutto quel che succede là dentro lui lo sa, pure ancora la spiegazione del perché gli sfugge e Pin finisce per aggomitolarsi ogni notte nella sua cuccetta abbracciandosi il petto. Allora le ombre del ripostiglio si trasformano in sogni strani, di corpi che s’inseguono, si picchiano e s’abbracciano nudi, finché viene un qualcosa di grande e caldo e sconosciuto, che sovrasta su di lui, Pin, e lo carezza e lo tiene nel caldo di sé, e questo è la spiegazione di tutto, un richiamo lontanissimo di felicità dimenticata.

Ora il tedesco gira per la camera in maglietta, con le braccia rosee e cicciose come cosce, e ogni tanto viene a fuoco della fessura; a un certo punto si vedono anche le ginocchia della sorella che girano per aria ed entrano sotto le lenzuola. Pin ora deve contorcersi per seguire dove viene posato il cinturone con la pistola; è li appeso a una spalliera di seggiola come uno strano frutto e Pin vorrebbe avere un braccio sottile come lo sguardo da far passare nella fessura, per prendere l’arma e tirarla verso di sé. Ora, il tedesco è nudo, in maglietta, e ride: ride sempre quando è nudo perché ha un fondo d’animo pudico, da ragazza. Salta nel letto e spegne la luce; Pin sa che passerà un po’ di tempo così nel buio e in silenzio, prima che il letto cominci a gemere.

Tutto l’episodio è inquadrato dal punto di vista del bambino, che fatica a capire il senso di molte cose: l’amplesso dei corpi, i discorsi degli uomini dell’osteria, il valore stesso da attribuire alla pistola, sempre in bilico tra lo statuto di oggetto e quello di strumento magico. La sequenza mostra come da questo rapporto con gli adulti il bambino sviluppi sentimenti e atteggiamenti contrastanti: da un lato l’attrazione per i misteri e le prodezze che, a suo vedere, appartengono soltanto all’universo adulto; dall’altro la diffidenza verso un ambiente che non gli riconosce alcun ruolo e, allo stesso tempo, la paura di compiere davvero quel gesto (il furto della pistola) che lo proietterebbe direttamente all’altezza degli uomini dell’osteria, in una condizione di parità nei loro confronti.

Ora è il momento: Pin dovrebbe entrare nella camera scalzo e carponi e tirare giù, senza far rumore, il cinturone dalla sedia: tutto questo non per fare uno scherzo e poi ridere e canzonare, ma per qualcosa di serio e misterioso, detto dagli uomini dell’osteria, con un riflesso opaco nel bianco degli occhi. Pure, a Pin piacerebbe essere sempre amico con i grandi, e che i grandi scherzassero sempre con lui e gli dessero confidenza. Pin ama i grandi, ama fare dispetti ai grandi, ai grandi forti e sciocchi di cui conosce tutti i segreti, ama anche il tedesco, e ora questo sarà un fatto irreparabile; forse non potrà più scherzare col tedesco, dopo questo; e anche con i compagni dell’osteria sarà diverso, ci sarà qualcosa che li lega a loro su cui non si può ridere e dire cose oscene, e loro io guarderanno sempre con quella riga diritta tra le sopracciglia e gli chiederanno a bassa voce cose sempre più strane. Pin vorrebbe sdraiarsi nella sua cuccetta e stare a occhi aperti e fantasticare, mentre il tedesco di là sbuffa e la sorella fa dei versi come per un solletico sotto le ascelle, fantasticare di bande di ragazzi che lo accettino Come loro capo, perché lui sa tante cose più di loro, e tutti insieme andare contro i grandi e picchiarli e fare cose meravigliose, cose per cui anche i grandi siano costretti a ammirarlo ed a volerlo come capo, e insieme a volergli bene e a carezzarlo sulla testa. Ma invece lui deve muoversi nella notte solo e attraverso l’odio dei grandi, e rubare la pistola al tedesco, cosa che non fanno gli altri ragazzi che giocano con pistole di latta e spade di legno. Chissà cosa direbbero se domani Pin andasse in mezzo a loro, e scoprendola a poco a poco mostrasse loro una pistola vera, lucida e minacciosa e che sembra stia per sparare da sola. Forse loro avrebbero paura e anche Pin forse avrebbe paura a tenerla nascosta sotto il giubbetto: gli basterebbe una di quelle pistole per bambini che fanno lo sparo con una striscia di fulminanti rossi e con quella fare tanto spavento ai grandi da farli cadere svenuti e chiedergli pietà.

Pin è convinto che gli adulti percepiscano la realtà con grande sicurezza e vivano la vita come un meccanismo perfetto e immodificabile; lui, l contrario, immerso in una dimensione infantile, stravolge la percezione delle cose, ingrandisce i particolari a discapito delal visione generale, adatta gli eventi alla propria capacità di comprensione per collocarli nel campo del meraviglioso.

Invece ora Pin è carponi sulla soglia della stanza, scalzo, con la testa già al di là della tenda in quell’odore di maschio e femmina che da subito alle narici. Vede le ombre dei mobili nella stanza, il letto, la sedia, il bidè bislungo con le gambe a trespolo. Ecco: dal letto ora comincia a sentirsi quel dialogo di gemiti, ora si può avanzare carponi badando di far piano.

Però forse Pin sarebbe contento che il pavimento scricchiolasse, il tedesco sentisse e tutt’a un tratto accendesse la luce, e lui fosse obbligato a scappare scalzo con sua sorella dietro che gli grida: Porco! E che tutto il vicinato sentisse e se ne parlasse anche all’osteria, e lui potesse raccontare la storia all’Autista e al Francese, con tanti particolari da essere creduto in buona fede e da far dire loro: — Basta. È andata male. Non ne parliamo più. Il pavimento scricchiola difatti, ma molte cose scricchiolano in quel momento e il tedesco non sente: Pin già è arrivato a toccare il cinturone, e il cinturone al contatto è una cosa concreta, non magica, e scivola giù dalla spalliera della sedia in modo spaventosamente facile, senza nemmeno battere contro terra. Adesso « la cosa » è successa: la paura fìnta di prima diventa paura vera. Bisogna aggomitolare in fretta il cinturone intorno alla fondina, e nascondere tutto sotto il maglione senza impastoiarsi braccia e gambe: poi tornare a quattro piedi sui propri passi, pian piano e senza mai togliere la lingua di tra i denti: forse se si togliesse la lingua di tra i denti succederebbe qualcosa di spaventoso.

La focalizzazione su Pin trasferisce in una dimensione fiabesca e ambigua la narrazione. Si individuano le categorie narrative della fiaba, infatti i personaggi assumono ruoli definiti: vi sono l’eroe (Pin), l’aiutante (la sorella che distrae il tedesco), l’antagonista (il soldato), il mandante (gli uomini dell’osteria), la prova da superare (il furto) e l’ottenimento dell’oggetto magico (la pistola).

Una volta fuori non c’è da pensare a tornare nella sua cuccetta, a nascondere la pistola sotto il materasso come le mele rubate al mercato della frutta. Tra poco il tedesco s’alzerà e cercherà la pistola e metterà tutto a soqquadro.
Pin esce nel carrugio: non è che la pistola gli bruci addosso; cosi nascosta nei suoi vestiti è un oggetto come un altro e ci si può dimenticare d’averla; spiace anzi questa propria indifferenza, e a ricordarsene Pin vorrebbe gli prendesse un brivido. Una pistola vera. Una pistola vera. Pin cerca di eccitarsi col pensiero. Uno che ha una pistola vera può tutto, è come un uomo grande. Può far fare tutto quello che vuole alle donne e agli uomini minacciando d’ucciderli, Pin ora impugnerà la pistola e camminerà sempre con la pistola puntata: nessuno potrà togliergliela e tutti ne avranno paura. Invece ha sempre la pistola avvolta nel gomitolo del cinturone, sotto il maglione e non si decide a toccarla, spera quasi che quando la cercherà non ci sia più, si sia smarrita nel calore del suo corpo.

Calvino sceglie di narrare dal punto di vista di Pin, un bambino che vede e interpreta il mondo degli adulti da una prospettiva diversa da quella dei “grandi”. Per ottenere tale ottica, lo scrittore ricorre ad accorgimenti stilistici ben individuabili: l’uso preponderante del tempo presente, ad esempio, che genera un livellamento prospettico delle azioni; la ricorrenza dell’avverbio ora distribuisce le azioni narrate in un tempo sincronico, senza successione logico-temporale; la sintassi paratattica presenta caratteristiche tipiche del parlato, come le frequenti ripetizioni e la ridondante presenza del nome del protagonista all’inizio della frase.

Il posto per guardare la pistola è un sottoscala nascosto dove ci si caccia per giocare a rimpiattino, e arriva un riverbero di luce da un lampione guercio. Pin svolge il cinturone, apre la fondina e con un gesto che sembra tiri un gatto per la collottola estrae la pistola: è davvero grossa e minacciosa, se Pin avesse il coraggio di giocarci farebbe fìnta che fosse un cannone. Ma Pin la maneggia come fosse una bomba; la sicura, dove avrà la sicura?

Alla fine si decide a impugnarla, ma bada a non mettere le dita sotto il grilletto, tenendo ben forte l’impugnatura; pure così si può impugnare bene e puntarla contro quello che si vuole. Pin la punta prima contro il tubo della grondaia, a bruciapelo sulla lamiera, poi contro un dito, un suo dito, e fa la faccia feroce tirando indietro la testa e dicendo tra i denti: « la borsa o la vita », poi trova una scarpa vecchia e la punta contro la scarpa vecchia, contro il calcagno, poi nell’interno, poi passa la bocca dell’arma sulle cuciture della tomaia. E una cosa molto divertente: una scarpa, un oggetto cosi conosciuto, specie per lui, garzone ciabattino, e una pistola, un oggetto cosi misterioso, quasi irreale; a farli incontrare uno con l’altro si possono fare cose mai pensate, si possono far loro recitare storie meravigliose.

Ma a un certo punto Pin non resiste più alla tentazione e si punta la pistola contro la tempia: è una cosa che da le vertigini. Avanti, fino a toccare la pelle e sentire il freddo del ferro. Si potrebbe posare il dito sul grilletto, adesso: no, meglio premere la bocca della canna contro lo zigomo fino a farsi male, e sentire il cerchio di ferro con dentro il vuoto dove nascono gli spari. A staccare l’arma dalla tempia, di botto, forse il risucchio dell’aria farà esplodere un colpo: no, non esplode. Ora si può mettere la canna in bocca e sentire il sapore sotto la lingua. Poi, cosa più paurosa di tutte, portarla agli occhi e guardarci dentro, nella canna buia che sembra fonda come un pozzo. Una volta Pin ha visto un ragazzo che s’era sparato in un occhio con un fucile da caccia, mentre lo portavano all’ospedale: aveva un gran grumo di sangue su mezza faccia, e l’altra mezza tutta puntini neri della polvere.

Le perifrasi (il cerchio di ferro con dentro il vuoto dove nascono gli spari) e le similitudini (come punte di spilli) e le reticenze, usate per descrivere l’atto sessuale tra il tedesco e la sorella, creano l’effetto immaginifico del punto di vista infantile

Ora Pin ha giocato con la pistola vera, ha giocato abbastanza: può darla a quegli uomini che gliel’hanno chiesta, non vede l’ora di darla. Quando non l’avrà più sarà come se non l’avesse rubata e il tedesco avrà un bell’andare in bestia con lui, lui lo potrà di nuovo prendere in giro.

Il ricorso alla dimensione fiabesca non si risolve in meccanica applicazione di regole generali, che anzi vengono disattese. Il superamento della prova non permetterà a Pin di entrare di diritto nel mondo degli adulti e la pistola stessa non sarà esibita ai loro occhi, finendo, anzi, nelle mani del traditore Pelle. Allo stesso modo la sorella, che avrebbe potuto rivestire i panni dell’aiutante, si dimostrerà un personaggio negativo, da affiancare all’antagonista e da punire, alla fine , con la morte.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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