L’amore di Teresa
14 maggio 1798
Jacopo racconta che mentre si stava riposando sotto i pini, sentì delle voci, quelle di Teresa e sua sorella minore Isabellina. La bambina li lascia soli per andare a giocare e grazie a questa occasione i due riescono i scambiarsi un bacio.
14 Maggio, ore 11
Sì, Lorenzo! — dianzi io meditai di tacertelo — Or odilo, la mia bocca è tuttavia rugiadosa — d’un suo bacio — e le mie guance sono state innondate dalle lagrime di Teresa. Mi ama — lasciami, Lorenzo, lasciami in tutta l’estasi di questo giorno di paradiso.
Il bacio di Teresa sconvolge Jacopo, tanto che non riesce a descriverne gli effetti con lucidità, ma si lascia prendere dalla frenesia dei sentimenti che prova. Al mattino riesce solamente a informare del bacio che si sono scambiati. Alla sera riprende la descrizione dei suoi sentimenti analizzando i pensieri della giornata con sottile psicologia e estrema partecipazione.
14 Maggio, a sera
O quante volte ho ripigliato la penna, e non ho potuto continuare: mi sento un po’ calmato e torno a scriverti. — Teresa giacea sotto il gelso — ma e che posso dirti che non sia tutto racchiuso in queste parole? Vi amo. A queste parole tutto ciò ch’io vedeva mi sembrava un riso dell’universo: io mirava con occhi di riconoscenza il cielo, e mi parea ch’egli si spalancasse per accoglierci! deh! a che non venne la morte? e l’ho invocata. Sì; ho baciato Teresa; i fiori e le piante esalavano in quel momento un odore soave; le aure erano tutte armonia; i rivi risuonavano da lontano; e tutte le cose s’abbellivano allo splendore della Luna che era tutta piena della luce infinita della Divinità. Gli elementi e gli esseri esultavano nella gioja di due cuori ebbri di amore — ho baciata e ribaciata quella mano — e Teresa mi abbracciava tutta tremante, e trasfondea i suoi sospiri nella mia bocca, e il suo cuore palpitava su questo petto: mirandomi co’ suoi grandi occhi languenti, mi baciava, e le sue labbra umide, socchiuse mormoravano su le mie — ahi! che ad un tratto mi si è staccata dal seno quasi atterrita: chiamò sua sorella e s’alzò correndole incontro. Io me le sono prostrato, e tendeva le braccia come per afferrar le sue vesti — ma non ho ardito di rattenerla, né richiamarla.
Teresa appare un ragazza dalla personalità complessa, divina fanciulla che richiama la donna angelicata della tradizione stilnovistica — come richiamano i tremori (tremante)e i sospiri, ma anche donna passionale che osa rompere le convenzioni sociali e gli obblighi familiari abbracciando e baciando il suo amante (il suo cuore palpitava su questo petto).
La sua virtù — e non tanto la sua virtù, quanto la sua passione, mi sgomentava: sentiva e sento rimorso di averla io primo eccitata nel suo cuore innocente. Ed è rimorso — rimorso di tradimento! Ahi mio cuore codardo! — Me le sono accostato tremando. — Non posso essere vostra mai! — e pronunciò queste parole dal cuore profondo e con una occhiata con cui parea rimproverarsi e compiangermi.
Jacopo è turbato, teme di violare il cuore innocente di Teresa, è consapevole che la sua felicità non può essere pienamente vissuta, perché la società, le circostanze, il dovere familiare prevedono un futuro di sofferenza ai due giovani amanti (Teresa è promessa a Odoardo per volontà paterna).
I sentimenti di Jacopo sono resi con la frequenza delle esclamazioni, delle domande e delle interiezioni.
Accompagnandola lungo la via, non mi guardò più; né io avea più cuore di dirle parola. Giunta alla ferriata del giardino mi prese di mano la Isabellina e lasciandomi: Addio, diss’ella; e rivolgendosi dopo pochi passi, — addio.
Io rimasi estatico: avrei baciate l’orme de’ suoi piedi: pendeva un suo braccio, e i suoi capelli rilucenti al raggio della Luna svolazzavano mollemente: ma poi, appena appena il lungo viale e la fosca ombra degli alberi mi concedevano di travedere le ondeggianti sue vesti che da lontano ancor biancheggiavano; e poiché l’ebbi perduta, tendeva l’orecchio sperando di udir la sua voce. — E partendo, mi volsi con le braccia aperte, quasi per consolarmi, all’astro di Venere: era anch’esso sparito.
Nonostante ciò, Jacopo coglie nella natura una partecipazione alla sua esaltazione, l’intero universo sorride, in un rispecchiarsi nel paesaggio della felicità dell’uomo. Tale forza irresistibile trova piena espressione nella lettera del giorno successivo: Jacopo sperimenta in prima persona gli effetti d’amore cantati dalla letteratura. Infatti si identifica con la primavera, la passione gli ispira versi soavi ed eroiche imprese.
15 Maggio
Dopo quel bacio io son fatto divino. Le mie idee sono più alte e ridenti, il mio aspetto più gajo, il mio cuore più compassionevole. Mi pare che tutto s’abbellisca a’ miei sguardi; il lamentar degli augelli, e il bisbiglio de’ zefiri fra le frondi son oggi più soavi che mai; le piante si fecondano, e i fiori si colorano sotto a’ miei piedi; non fuggo più gli uomini, e tutta la Natura mi sembra mia. Il mio ingegno è tutto bellezza e armonia. Se dovessi scolpire o dipingere la Beltà, io sdegnando ogni modello terreno la troverei nella mia immaginazione.
Il giorno seguente, trascorsa la notte, Jacopo sembra dimenticare che l’amore per Teresa non ha speranza e si abbandona ai propri sentimenti e agli effetti che la passione amorosa produce in lui.
O Amore! le arti belle sono tue figlie; tu primo hai guidato su la terra la sacra poesia, solo alimento degli animali generosi che tramandano dalla solitudine i loro canti sovrumani sino alle più tarde generazioni, spronandole con le voci e co’ pensieri spirati dal cielo ad altissime imprese: tu raccendi ne’ nostri petti la sola virtù utile a’ mortali, la Pietà, per cui sorride talvolta il labbro dell’infelice condannato ai sospiri: e per te rivive sempre il piacere fecondatore degli esseri, senza del quale tutto sarebbe caos e morte. Se tu fuggissi, la Terra diverrebbe ingrata; gli animali, nemici fra loro; il Sole, foco malefico; e il Mondo, pianto, terrore e distruzione universale.
La lettera, animata da un senso di gioiosa vitalità, esalta l’arte, la bellezza e soprattutto l’amore, idee consolatrici illusorie ma indispensabili alla vita dell’uomo. L’amore in particolare è celebrato come forza vitale e vivificante che salva l’universo dal caos e dalla morte. L’amore è un sentimento che nobilita e arricchisce perché suscita la pietà, la compassione, intesa come solidarietà e generosità, che conduce alla comprensione affettuosa del dolore della vita umana.
L’amore, quindi, predispone l’animo di Jacopo a cogliere la bellezza e l’armonia della natura ed è anche all’origine delle arti e soprattutto della poesia, definita addirittura sacra, perché ha uno speciale valore per l’uomo che con essa interpreta e trasmette sentimenti puri e nobilitanti, conserva la memoria del passato e infonde sentimenti elevati.
Adesso che l’anima mia risplende di un tuo raggio, io dimentico le mie sventure; io rido delle minacce della fortuna, e rinunzio alle lusinghe dell’avvenire. — O Lorenzo! sto spesso sdrajato su la riva del lago de’ cinque fonti: mi sento vezzeggiare la faccia e le chiome dai venticelli che alitando sommovono l’erba, e allegrano i fiori, e increspano le limpide acque del lago. Lo credi tu? io delirando deliziosamente mi veggo dinanzi le Ninfe ignude, saltanti, inghirlandate di rose, e invoco in lor compagnia le Muse e l’Amore; e fuor dei rivi che cascano sonanti e spumosi, vedo uscir sino al petto con le chiome stillanti sparse su le spalle rugiadose, e con gli occhi ridenti le Najadi, amabili custodi delle fontane. Illusioni! grida il filosofo. — Or non è tutto illusione? tutto! Beati gli antichi che si credeano degni de’ baci delle immortali dive del cielo; che sacrificavano alla Bellezza e alle Grazie; che diffondeano lo splendore della divinità su le imperfezioni dell’uomo, e che trovavano il BELLO ed il VERO accarezzando gli idoli della lor fantasia! Illusioni! ma intanto senza di esse io non sentirei la vita che nel dolore, o (che mi spaventa ancor più) nella rigida e nojosa indolenza: e se questo cuore non vorrà più sentire, io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un servo infedele.
Recuperando i valori neoclassici della Bellezza e dell’Armonia, Foscolo riflette sulla potenza salvifica delle illusioni come risarcimento del dolore provocato dalla Storia: con la fantasia e l’immaginazione si possono superare i limiti umani. le illusioni, perciò, non sono una fuga dal mondo, ma rappresentano lo strumento per attivare la creatività senza la quale la vita sarebbe ridotta a pianto, terrore e distruzione. Si nota la polemica con gli illuministi che, con il loro freddo approccio razionale, spengono ogni illusione, condannando l’uomo alla noia e alla rassegnazione.