Lavandare

Il canto della nostalgia

Luca Pirola
3 min readOct 25, 2021
Millet, Campo innevato con erpice

La poesia è una descrizione di ciò che il poeta vede e ascolta durante una passeggiata in una giornata autunnale, leggermente nebbiosa. Tutti gli aspetti, che a una prima lettura possono apparire come una registrazione oggettiva degli stimoli provenienti dall’ambiente, assumono in realtà una particolare connotazione soggettiva.

metro: madrigale composto da due terzine e una quartina di endecasillabi con schema ABA CBC DEDE (vv. 7 e 9 assonanza al posto della rima)

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.

Nella prima strofa prevale la descrizione di immagini: un aratro è abbandonato in un campo arato per metà e definito per la diversa tonalità di colore del terreno; qui i contenuti sono espressi dalle sensazioni visive (il nero e grigio del campo, la nebbia che vela tutto).

E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:

Pascoli passa in seguito alla descrizione di suoni che si odono nella camagna solitari: il rumore dei panni e il canto delle lavandaie, che introduce la presenza umana.

Le prime due strofe sembrano limitarsi a una rappresentazione oggettiva della realtà: i colori del campo, l’aratro, la nebbia, il rumore delle lavandaie o il suono del loro canto si succedono senza nessuna mediazione apparente.

Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l’aratro in mezzo alla maggese.

L’ultima strofa — contenente le parole cantate dalle lavandaie — è finalizzata alla creazione del legame tra l’aratro e la donna che attende il ritorno dell’uomo amato: l’immagine finale dell’aratro solo in mezzo al campo rimanda circolarmente a quella con cui la poesia si apre, illuminandola. In questi versi emerge la sofferenza del soggetto lirico, sottolineando la corrispondenza tra il paesaggio e lo stato d’animo interiore. Gli oggetti, filtrati dalla soggettività rappresentata dal canto delle lavandaie e cioè dalla soggettività del poeta, diventano simboli della condizione umana. L’aratro abbandonato viene investito di un significato simbolico che riguarda il destino di solitudine e d’abbandono proprio degli uomini.

Lo stesso effetto è creato dal ritmo particolarmente lento ottenuto attraverso le allitterazioni (tu non torni v. 8; in mezzo alla maggese v. 10); le rime interne con valore onomatopeico (sciabordare/lavandare v.5) e le frequenti ripetizioni lessicali.

Dunque, se a prima vista la poesia potrebbe sembrare un quadretto di tipo impressionistico e verista (e infatti il canto delle donne ai vv. 7–10, trascrizione fedele di alcuni stornelli marchigiani, è il tipico documento umano caro ai veristi), in realtà gli aspetti oggettivi della vita contadina assumono una connotazione soggettiva: il campo arato solo in parte (v. 1) suggerisce un senso di incompletezza, l’idea di qualcosa restato a metà; così come l’aratro che pare / dimenticato (vv. 2 sg.) anticipa la sensazione dell’abbandono espressa dal canto delle lavandaie nell’ultima strofa. In questo modo la solitudine malinconica dell’autunno (e dell’uomo) trova il suo corrispettivo simbolico nell’immagine dell’aratro lasciato in mezzo alla campagna e nel triste canto che si sente nell’aria.

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Luca Pirola
Luca Pirola

Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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