Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori

Il proemio dell’Orlando furioso

Luca Pirola
6 min readOct 24, 2020

Ludovico Ariosto riprende nela suo poema le vicende lasciate in sospeso dall’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo. La trama, intricatissima, presenta tre fili conduttori, che secondo la tradizione epica, sono indicati nelle prime ottave.
Il primo tema è la guerra che Agramante, re dei Mori, scatena contro Carlo Magno invadendo la Francia; il secondo riprende l’infelice passione di Orlando per Angelica; il terzo è il racconto della travagliata storia d’amore di Ruggiero e Bradamante, capostipiti della dinastia estense.

Il proemio occupa le prima quattro ottave dell’Orlando furioso, suddividendosi in protasi (presentazione del tema dell’opera), invocazione e dedica. Nel proemio, infatti, sono scritti:
1) l’argomento, cioè il contenuto dell’opera. Ariosto dice che racconterà sia una storia di guerra sia storie d’amore;
2) l’invocazione, in cui l’autore chiede un aiuto per scrivere l’opera. In genere l’autore chiede aiuto agli dèi o ai santi; invece Ariosto chiede aiuto alla donna amata;
3) la dedica, in cui l’autore offre la sua opera a qualcuno, e normalmente al suo signore. Infatti Ariosto dedica il poema al suo signore Ippolito d’Este, il duca di Ferrara.

Orlando furioso, I, 1–4

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori
d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l’ire e i giovenil furori
d’Agramante lor re, che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano.

Gli amori e la guerra
Ariosto racconta nel poema sia fatti d’amore sia fatti di guerra. I Mori dell’Africa attaccano la Francia guidati dal re Agramante. Agramante vuole vendicare la morte del padre Troiano, che è stato ucciso da uno dei cavalieri di Carlo Magno.

Dirò d’Orlando in un medesmo tratto
cosa non detta in prosa mai, né in rima:
che per amor venne in furore e matto,
d’uom che sì saggio era stimato prima;
se da colei che tal quasi m’ha fatto,
che ’l poco ingegno ad or ad or mi lima,
me ne sarà però tanto concesso,
che mi basti a finir quanto ho promesso.

La pazzia di Orlando e di Ariosto
Ariosto racconterà una cosa del cavaliere Orlando che non era mai stata detta prima: e cioè che Orlando diventa pazzo per colpa dell’amore. Anche Ariosto diventa quasi pazzo per colpa della donna amata. A lei ora chiede aiuto per scrivere il poema.

Piacciavi, generosa Erculea prole,
ornamento e splendor del secol nostro,
Ippolito, aggradir questo che vuole
e darvi sol può l’umil servo vostro.
Quel ch’io vi debbo, posso di parole
pagare in parte e d’opera d’inchiostro;
né che poco io vi dia da imputar sono,
che quanto io posso dar, tutto vi dono.

La dedica a Ippolito
Ariosto dedica il poema a Ippolito d’Este, figlio del duca Ercole. Come un povero servo, Ariosto offre al suo signore tutto quello che può, e cioè la sua opera.

Voi sentirete fra i più degni eroi,
che nominar con laude m’apparecchio,
ricordar quel Ruggier, che fu di voi
e de’ vostri avi illustri il ceppo vecchio.
L’alto valore e’ chiari gesti suoi
vi farò udir, se voi mi date orecchio,
e vostri alti pensier cedino un poco,
sì che tra lor miei versi abbiano loco.

La lode di Ruggiero
Nel poema Ariosto loderà l’eroe Ruggiero, che dà origine alla famiglia degli Estensi. Se Ippolito avrà tempo di ascoltare il poema, potrà sentire le grandi imprese di questo Ruggiero.

L’argomento, l’invocazione e la dedica

Nel proemio Ariosto spiega gli argomenti del poema. Ariosto racconterà sia storie di guerra (l’arme, v. 1) sia storie d’amore (gli amori, v. 1). La guerra si combatte in Francia tra l’esercito di Agramante e l’esercito di Carlo Magno. Agramante inizia la guerra perché suo padre Troiano è stato ucciso da Orlando, il più grande cavaliere di Carlo Magno. Orlando è il protagonista del poema, che impazzisce per amore (per amor venne in furore e matto, v. 3). Infatti s’innamora di Angelica, ma lei sposa un altro soldato. Ariosto è simile a Orlando: anche Ariosto quasi impazzisce per amore, e ora chiede all’amata di aiutarlo a scrivere il poema (come esprime nell’invocazione ai vv. 5–8).

L’esposizione dell’argomento introduce subito quello che sarà il carattere dominante del racconto: la varietà di figure, di fatti, di sentimenti, di sorprendenti avventure. Le immagini mosse e indefinite dell’esordio suggeriscono un quadro vago, vario e fantastico, che stimola l’immaginanzione dei lettori. Ariosto, quindi, traccia lo scenario storico che fa da sfondo agli eventi: un leggendario Medioevo, quello di Carlo Magno e dei suoi gloriosi paladini in eroica guerra contro i Mori, a difesa della Francia e di tutta la cristianità; ma qui lo scontro tra “fedeli” e “infedeli” perde ogni connotazione di “guerra santa” perché risulta scatenato da una sete di vendetta personale (vv.3–8).

Le figure, le situazioni, gli ambienti che Ariosto introduce erano familiari all’immaginario dei lettori dell’epoca, appassionati a un repertorio che era risultato dalla fusione di due cicli narrativi medievali: quello carolingio, religioso e guerresco, e quello bretone, centrato sugli amori e le avventure.
Il poeta, tuttavia, sottolinea subito l’originalità della sua opera nell’esposizione del tema principale. La figura di Orlando, pur richiamando una tradizione secolare, era stata trasformata nell’Orlando innamorato da paladino bellicoso a gentiluomo degno di una corte rinascimentale. Ariosto si spinge oltre, e rende Orlando non solo innamorato, ma addirittura pazzo per amore. Ariosto demolisce l’eroicità di Orlando per renderlo simbolo di una umanità piena e quotidiana; Ariosto vede il paladino come un uomo simile agli altri e per questo vicino al poeta stesso, che si dichiara quasi folle per amore, e agli altri uomini. Solo quando Orlando perderà la ragione, Ariosto limiterà l’empatia, perché la razionalità è la caratteristica peculiare dell’uomo: nel momento in cui la perde, Orlando regredisce a livello della bestialità istintiva.

I versi 13–16 introducono una specie di irrituale “invocazione”: non alla Musa, secondo la consuetudine poetica, ma alla donna amata, che rischia di far diventare matto Ariosto come Orlando. Nell’intrusione autobiograficasi affaccia una carattere tipico della poesia ariostesca: l’uso dell’ironia come schermo ai sentimenti.

L’ironia appare evidente nella dedica al suo signore Ippolito d’Este. Ariosto vive infatti alla corte di Ippolito a Ferrara, provenendo da una famiglia della piccola nobiltà, caduta in difficoltà economiche dopo la morte del capofamiglia; per lui frequentare la corte è una necessità, che talora lo sottopone a incarichi sgraditi che lo distolgono dal suo desiderio di dedicarsi alle lettere. Nel Rinascimento, d’altronde, c’è un rapporto di scambio tra l’artista e il signore della corte: il signore offre all’intellettuale aiuto e protezione; l’artista, in cambio, loda il signore nelle sue opere. Per questo Ariosto racconterà nel poema le im- prese del grande Ruggiero, il cavaliere che dà origine alla nobile famiglia degli Estensi.

Varietà di temi e varietà di stile

I preamboli di rito (la protasi, l’inserto encomiastico celebrativo, l’invocazione) insieme con lo scontro epocale tra due mondi (cristiani e saraceni) rimandano al modello epico classico. Ciò si nota anche nelle scelte formali solenni evidenti nei rimandi alla tradizione classica. L’esordio dell’Ariosto, infatti, rimanda a quello dell’Eneide di Virgilio. Arma virumque caso (le armi e l’eroe io canto) e a due versi danteschi Le donne e i cavalier, gli affanni e gli agi / che ne ‘nvogliava amore e cortesia (Purg. XIV, 109–110).

Lo stile della seconda e terza ottava, invece, è piano, colloquiale e accattivante, per evidenziare l’umanità di Orlando e richiamare la tradizione dell’epica cavalleresca fino a Boiardo.

La varietà stilistica è evidenziata anche dalla frequenza delle figure retoriche: la prima ottava — costituita da un solo, complesso periodo — è fitta di enjambements, anastrofi, iperbato, chiasmi. Al contrario la seconda ha una sintassi lineare e usa un lessico comune, senza particolare artifici retorici. Inoltre l’allusione ad Alessandra Benucci, donna amata dall’Ariosto, è fatta con familiarità, dando per scontato che i lettori — o ascoltatori — consocessero le vicende sentimentali del poeta. L’allitterazione del suono OR, tuttavia, lega le due strofe in un unico narrativo, evidenziando il collegamento tra Orlando, l’amore e il furore che costituisce la trama portante di tutto il poema.

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