Lettera a Salvatore Farina

I presupposti del Verismo di Giovanni Verga

Luca Pirola
3 min readSep 21, 2024
Giovanni Fattori, Marina a Livorno, 1893

La novella L’amante di Gramigna è la prima opera verista di Verga, pertanto lo scrittore scrive una prefazione, indirizzata a Salvatore Farina, scrittore a sua volta e intellettuale, in cui illustra la novità della sua opera. La vicenda narra di una giovane, Peppa, innamorata del brigante Gramigna. La ragazza, seguendo la sua passione, rinuncia al matrimonio con compare Finu e inizia una vita di umiliazioni.
La lettera dedicatoria a Farina costituisce uno delle rare testimonianze organiche del pensiero di Verga.

Caro Farina, eccoti non un racconto, ma l’abbozzo di un racconto. Esso almeno avrà il merito di essere brevissimo, e di esser storico — un documento umano, come dicono oggi — interessante forse per te, e per tutti coloro che studiano nel gran libro del cuore. Io te lo ripeterò così come l’ho raccolto pei viottoli dei campi, press’a poco colle medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare, e tu veramente preferirai di trovarti faccia a faccia col fatto nudo e schietto, senza stare a cercarlo fra le linee del libro, attraverso la lente dello scrittore. Il semplice fatto umano farà pensare sempre; avrà sempre l’efficacia dell’esser stato, delle lagrime vere, delle febbri e delle sensazioni che sono passate per la carne; il misterioso processo per cui le passioni si annodano, si intrecciano, maturano, si svolgono nel loro cammino sotterraneo, nei loro andirivieni che spesso sembrano contradittorî, costituirà per lungo tempo ancora la possente attrattiva di quel fenomeno psicologico che forma l’argomento di un racconto, e che l’analisi moderna si studia di seguire con scrupolo scientifico. Di questo che ti narro oggi, ti dirò soltanto il punto di partenza e quello d’arrivo, e per te basterà, — e un giorno forse basterà per tutti.

I punti principali della lettera costituiscono altrettanti princìpi teorici della poetica veristica verghiana riguardanti sia il linguaggio e lo stile, sia il contenuto, sia il metodo di analisi, sia, infine, l’impersonalità. Riprendendo le espressioni dei naturalisti francesi, Verga presenta il racconto come un documento umano narrato con un linguaggio raccolto dall’autore «pei viottoli dei campi» e dunque frutto delle «narrazioni popolari», che Verga ha iniziato a sperimentare facendolo scaturire dall’esperienza concreta di ascolto e osservazione della realtà.

Noi rifacciamo il processo artistico al quale dobbiamo tanti monumenti gloriosi, con metodo diverso, più minuzioso e più intimo. Sacrifichiamo volentieri l’effetto della catastrofe, allo sviluppo logico, necessario delle passioni e dei fatti verso la catastrofe resa meno impreveduta, meno drammatica forse, ma non meno fatale. Siamo più modesti, se non più umili; ma la dimostrazione di cotesto legame oscuro tra cause ed effetti non sarà certo meno utile all’arte dell’avvenire. Si arriverà mai a tal perfezionamento nello studio delle passioni, che diventerà inutile il proseguire in cotesto studio dell’uomo interiore? La scienza del cuore umano, che sarà il frutto della nuova arte, svilupperà talmente e così generalmente tutte le virtù dell’immaginazione, che nell’avvenire i soli romanzi che si scriveranno saranno i fatti diversi?

La scelta verista induce Verga ad abbandonare la scrittura convenzionale, per orientarsi verso la sincerità, dunque il narratore si attiene al «fatto nudo e schietto», nella sua oggettività, senza filtrarlo attraverso «la lente dello scrittore», per far emergere «l’impronta dell’avvenimento reale».
Lo scrittore deve riportare le vicende ispirandosi allo «scrupolo scientifico» e presentare le proprie opere non come espressioni di tragedie sensazionale, portando il lettore alla catastrofe finale della tradizione tragica, ma seguendo il lento processo di cause ed effetti che determina la storia.

Quando nel romanzo l’affinità e la coesione di ogni sua parte sarà così completa, che il processo della creazione rimarrà un mistero, come lo svolgersi delle passioni umane, e l’armonia delle sue forme sarà così perfetta, la sincerità della sua realtà così evidente, il suo modo e la sua ragione di essere così necessari, che la mano dell’artista rimarrà assolutamente invisibile, allora avrà l’impronta dell’avvenimento reale, l’opera sembrerà essersi fatta da sé, aver maturato ed esser sorta spontanea come un fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto col suo autore, alcuna macchia del peccato d’origine.

La mano dell’autore deve restare invisibile, in modo che l’opera non conservi «alcuna macchia del peccato d’origine» (è, questa, l’impersonalità).

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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