L’incipit de I Malavoglia

Le tecniche di un romanzo sperimentale

Luca Pirola
5 min readSep 24, 2020

Dalla prima pagina del romanzo il lettore è calato nell’ambiente di un piccolo paese siciliano, in mezzo all’azione, senza che gli vengano fornite informazioni preliminari.

Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza; ce n’erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello, tutti buona e brava gente di mare, proprio all’opposto di quel che sembrava dal nomignolo, come dev’essere. Veramente nel libro della parrocchia si chiamavano Toscano, ma questo non voleva dir nulla, poiché da che il mondo era mondo, all’Ognina, a Trezza e ad Aci Castello, li avevano sempre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio, che avevano sempre avuto delle barche sull’acqua, e delle tegole al sole. Adesso a Trezza non rimanevano che i Malavoglia di padron ‘Ntoni, quelli della casa del nespolo, e della Provvidenza ch’era ammarrata sul greto, sotto il lavatoio, accanto alla Concetta dello zio Cola, e alla paranza di padron Fortunato Cipolla.

All’inizio del romanzo sono fissate le coordinate spaziali e temporali della vicenda e sono presentati i componenti della famiglia che ne sono protagonisti. Le località e gli altri riferimenti spaziali non sono descritti e contestualizzati, ma citati come se il lettore fosse un abitante del borgo, che li conosce per esperienza diretta. La famiglia, poi, è subito presentata attraverso i beni che possiede (casa e barche) in seguito ciascun componente merita un piccolo ritratto, sempre costruito attraverso modo di dire e appellativi tipici del parlato popolare siciliano.

Le burrasche che avevano disperso di qua e di là gli altri Malavoglia, erano passate senza far gran danno sulla casa del nespolo e sulla barca ammarrata sotto il lavatoio; e padron ‘Ntoni, per spiegare il miracolo, soleva dire, mostrando il pugno chiuso — un pugno che sembrava fatto di legno di noce — Per menare il remo bisogna che le cinque dita s’aiutino l’un l’altro.

Diceva pure: — Gli uomini son fatti come le dita della mano: il dito grosso deve far da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo.

E la famigliuola di padron ‘Ntoni era realmente disposta come le dita della mano. Prima veniva lui, il dito grosso, che comandava le feste e le quarant’ore; poi suo figlio Bastiano, Bastianazzo, perché era grande e grosso quanto il San Cristoforo che c’era dipinto sotto l’arco della pescheria della città; e così grande e grosso com’era filava diritto alla manovra comandata, e non si sarebbe soffiato il naso se suo padre non gli avesse detto ´soffiati il nasoª tanto che s’era tolta in moglie la Longa quando gli avevano detto ´pigliatelaª. Poi veniva la Longa, una piccina che badava a tessere, salare le acciughe, e far figliuoli, da buona massaia; infine i nipoti, in ordine di anzianità: ‘Ntoni il maggiore, un bighellone di vent’anni, che si buscava tutt’ora qualche scappellotto dal nonno, e qualche pedata più giù per rimettere l’equilibrio, quando lo scappellotto era stato troppo forte; Luca, ´che aveva più giudizio del grande ripeteva il nonno; Mena (Filomena) soprannominata ´Sant’Agata’ perché stava sempre al telaio, e si suol dire ´donna di telaio, gallina di pollaio, e triglia di gennaio’; Alessi (Alessio) un moccioso tutto suo nonno colui!; e Lia (Rosalia) ancora né carne né pesce. — Alla domenica, quando entravano in chiesa, l’uno dietro l’altro, pareva una processione.

Padron ‘Ntoni sapeva anche certi motti e proverbi che aveva sentito dagli antichi: ´Perché il motto degli antichi mai mentì: — ´Senza pilota barca non cammina’ — ´Per far da papa bisogna saper far da sagrestano’ — oppure — ´Fa il mestiere che sai, che se non arricchisci camperai’ — ´Contentati di quel che t’ha fatto tuo padre; se non altro non sarai un birbante’ ed altre sentenze giudiziose.

Ecco perché la casa del nespolo prosperava, e padron ‘Ntoni passava per testa quadra, al punto che a Trezza l’avrebbero fatto consigliere comunale, se don Silvestro, il segretario, il quale la sapeva lunga, non avesse predicato che era un codino marcio, un reazionario di quelli che proteggono i Borboni, e che cospirava pel ritorno di Franceschello, onde poter spadroneggiare nel villaggio, come spadroneggiava in casa propria.

Padron ‘Ntoni invece non lo conosceva neanche di vista Franceschello, e badava agli affari suoi, e soleva dire: ´Chi ha carico di casa non può dormire quando vuole perché ´chi comanda ha da dar conto.

La famiglia prospera perché segue la tradizione e le consuetudini, rappresentate da padron ‘Ntoni. La cultura rurale che conserva i comportamenti sempre uguali a se stessi costituisce una protezione per le persone di fronte al progresso. In questa afferamazione si ritrova la morale dell’ostrica espressa da Verga.

Il linguaggio diventa uno strumento fondamentale per la ricostruzione della realtà operata dai naturalisti in Francia e dai veristi in Italia. In particolare Giovanni Verga vuole che ogni opera deve rappresentare la realtà così come appare, ponendo il lettore faccia a faccia con la nuda verità, senza che vi sia una possibile interpretazione dell’autore. Per questo il narratore deve eclissarsi, applicando il principio dell’impersonalità. Inoltre Verga, per eliminare ogni punto di vista narrativo, utilizza la tecnica della regressione, adottando una focalizzazione interna tanto da narrare secondo la mentalità e l’espressività dei personaggi. I personaggi sono introdotti e i fatti raccontati in base alla visione rozza e incolta del popolo, che giudica secondo una logica economica e non affettiva o ideale. Il primo capitolo dei Malavoglia è un esempio di tale sperimentazione linguistica.

Impersonalità la vicenda è introdotta direttamente senza preliminari che indichino i luoghi e i tempi dell’azione. La regressione è compiuta scegliendo un narratore anonimo, popolare, appartenente ad Aci Trezza che racconta come se il lettore conoscesse i personaggi e i riferimenti da sempre. Per ottenere ciò Verga utilizza scelte stilistiche ed espressive particolari e precise:

I soprannomi e la cultura popolare sono un sistema per attuare la regressione è indicare i personaggi con i soprannomi. Malavoglia è soprannome collettivo che — per contrasto — indica la laboriosità che caratterizza la famiglia; Bastianazzo (corporatura massiccia), Longa (donna piccina), Sant’Agata (la patrona di Catania simboleggia le virtù domestiche) Alessi e Lia hanno solo il diminutivo, perché troppo piccoli.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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