Machiavelli e il suo tempo

Il principe come modello dei saggistica politica

Luca Pirola
9 min readApr 29, 2022

Machiavelli è pienamente un uomo del Rinascimento sia per le sue vicende biografiche sia per la sua produzione letteraria.

La sua opera, infatti, si inserisce nell’intensa e varia trattatistica cinquecentesca, sorta dall’esigenza di definire le regole ogni attività umana. Gli umanisti avevano rifiutato il criterio delle auctoritates, perciò devono ricostruire dei riferimenti culturali per supportare la nuova visione antropologica rinascimentale, che vede l’uomo al centro del creato.

Tale produzione contempla tutti i campi del sapere umano con il dichiarato intento di identificare il ruolo dell’intellettuale come guida della società: la prosa scientifica vede la pubblicazione di opere quali il trattato sulla pittura di Leonardo da Vinci, le Vinte dei più eccellenti pittori di Giorgio Vasari; si pongono le basi della linguistica con le Prose della volgar lingua di Pietro Bembo e della storiografia moderna grazie alla Storia d’Italia di Francesco Guicciardini.

Una particolare produzione è dedicata ai trattati di politica, che aggiornano il fortunato filone medievale degli Specula principum. In quest’ultima categoria si inserisce con una prospettiva originale il più importante trattato di Machiavelli: Il principe.

Machiavelli, pur dedicandosi agli studi classici e assumendo gli autori latini come modello di interpretazione della realtà, ha uno spiccato interesse per la contemporaneità. Egli vive in un’Italia politicamente debole: dopo le continue lotte tra principati per la conquista della supremazia e la lunga stagione di equilibrio politico seguita alla pace di Lodi (1454), gli Stati regionali italiani cadono in balia delle monarchie straniere, che hanno rafforzato i loro apparati ammnistrativi e militari.

Il pensiero di Machiavelli

Machiavelli è un intellettuale, che agisce nel suo presente grazie agli incarichi politici e amministrativi; egli dunque concepisce la riflessione teorica come una premessa all’azione. Tuttavia si rende conto del contrasto esistente tra ideale e reale: la lezione degli antichi (la teoria, l’ideale) non è quasi mai corrispondente alla realtà effettuale e contingente. Nonostante ciò Machiavelli si sforza di studiare la società umana per individuare delle linee di sviluppo ordinate e poter al fine di interpretare la contemporaneità; dune egli utilizza un approccio naturalistico, perché è convinto che il comportamento umano può essere studiato con un metodo di osservazione e analisi delle azioni dell’uomo nel tempo. Machiavelli, infatti, individua nella Storia l’oggetto della sua ricerca. Il passato è concepito come un archivio, di fatti in cui si possono individuare le ricorrenze del comportamento umano e elaborare delle leggi che ne descrivano le costanti. Il suo metodo di ricerca è innovativo perché non giudica secondo le categorie morali di bene/male, ma si “limita” a identificare e classificare i comportamenti considerando solo la realtà concreta delle cose e secondo un criterio di efficacia in relazione ai loro fini.

Machiavelli affronta lo studio del passato come una riflessione teorica dell’agire umano, infatti si concentra sula narrazione di singoli eventi, sulle storie individuali che valuta criticamente in relazione al loro valore propedeutico per la comprensione del presente. Pertanto i fatti storici, in particolare quelli della storia antica, appaiono come un modello efficace per capire il presente in quanto sono prove utili a interpretare gli eventi dell’attualità al fine di orientare le scelte politiche future.

La scienza della politica

Proprio perché Machiavelli intende far seguire allo studio un’applicazione concreta egli scrive per indicare delle linee di comportamento a coloro che detengono il potere, i politici, pertanto lo scrittore fiorentino è considerato il fondatore di una nuova scienza della politica, la disciplina — arte dice Machiavelli — in cui gli ideali sono messi a confronto con la realtà.

Infatti per Machiavelli il politico, cioè l’uomo di governo, deve prefiggersi un obiettivo (utopia) che realizza pianificando una strategia politica. Per progettare il politico deve conoscere la Storia, perché essa è lo strumento necessario per elaborare la propria azione, così da intervenire in modo scientifico sulla realtà rendendo concreti i suoi ideali. Le virtù che chi governa deve possedere sono intelligenza e forza, applicate nella scienza della politica.

La politica agisce secondo leggi e regole proprie che rispondono a un’esigenza di utilità, quindi ogni atto politico deve perseguire il proprio fine superiore: fondare e mantenere lo Stato. Occorre precisare che la stabilità dello Stato — sostiene Machiavelli — corrisponde all’interesse della collettività dei cittadini.

La concezione antropologica

Il pensiero di Machiavelli sull’agire politico e sul valore della Storia trova pieno significato considerando la sua visione antropologica, che riflette sulla natura umana e sul ruolo del potere nella società. Nella Storia umana — secondo Machiavelli — è possibile individuare delle costanti che si ripetono in circostanze simili a distanza si tempo. Infatti egli ritiene che, pur se le condizioni apparenti possono cambiare, il soggetto delle azione — l’uomo — è sempre uguale a se stessi e agisce seguendo delle passioni immutabili, alimentate dagli appetiti e dagli omori (inclinazioni), che culminano nel desiderio di potere. L’uomo per Machiavelli agisce per egoismo per ché questa è la sua natura.

Lo Stato, dunque, serve a dominare l’egoismo degli individui attraverso gli ordinamenti, cioè le leggi e le istituzioni finalizzate a far vivere ordinatamente gli uomini. Le istituzioni pubbliche devono essere organizzate in modo efficace, devono perciò tenere conto della natura individualistica dell’uomo e assumere delle applicabili in concreto. Questo è il compito della politica che deve elaborare delle leggi che garantiscano il benessere della collettività, contrastando la progressiva e inevitabile corruzione dei costumi.

Secondo un criterio di efficacia Machiavelli considera solide politicamente, nel panorama italiano dei primi anni del Cinquecento, solo le repubbliche di Venezia e di Firenze. Solo le due repubbliche godono di una sicura floridezza economica e di una intensa attività diplomatica e militare che ne garantisce l’autonomia e l’indipendenza. Secondo Machiavelli l’eccezionale — a confronto con i principati dilaniati da lotte dinastiche — stabilità veneziana e fiorentina risiede nella coincidenza tra la classe dirigente politica ed economica, da ciò deriva il vantaggio per cui gli interessi materiali corrispondono agli obiettivi politici di autonomia, così da portare alla creazione di efficienti apparati burocratici.

Il Principe: il primo manuale di politica

Il principe è un trattato composto da 26 capitoli, dedicato a Lorenzo di Piero de’ Medici; Machiavelli scrisse il “piccolo volume” in pochi mesi nel 1513 di fronte all’urgenza sentita dall’autore per la situazione politica dell’Italia. Lo scopo prioritario di Machiavelli è dimostrare che l’Italia ha bisogno di un governo assoluto, uno stato autoritario, che imponga la sua egemonia sulla penisola e impedisca invasioni straniere; pertanto l’opera evidenzia gli aspetti di un trattato nell’intento espositivo di una complessa dottrina politica, discussa in modo sistematico, insieme alle caratteristiche persuasive di un saggio, fondato sull’analisi oggettiva della realtà.

Il Principe affronta prima di tutto l’oggetto dello studio: le forme dello Stato, trattando nei primi 11 capitoli dei diversi tipi di principato, distinguendoli in Principati ereditari, Principati nuovi e Principati misti. Successivamente riflette sull’arte militare e sull’organizzazione degli eserciti:, soffermandosi sulla questioni di preferire le milizie mercenarie o le milizie proprie per ottenere la maggiore stabilità di uno Stato (12–14). Nella seconda metà del trattato Machiavelli delinea le caratteristiche del principe “nuovo”, elencando le virtù e i vizi del principe, come qualità necessarie all’arte di governo (15–23). Seguono un’analisi sui motivi per cui l’Italia è esposta alle invasioni straniere (24) e un capitolo sul ruolo della Fortuna e sul suo rapporto con la virtù (25); Machiavelli conclude il suo scritto con un’esortazione ai principi a liberare l’Italia dai “barbari” (26).

Genesi dell’opera

Come si può dedure dall’attenzione verso la realtà contemporanea, Machiavelli affronta questa fatica letteraria con un intento pratico, infatti egli sente l’emergenza della situazione politica dell’Italia pertanto abbandona gli scritti teorici (Discorsi sulla I deca di Tito Livio), in cui cercava di delineare i caratteri degli stati ideali per persuadere i principi italiani a intervenire di fronte al pericolo di invasioni straniere. Nella convinzione della necessità di un despota forte e astuto che si opponga agli stranieri, infatti, egli delinea la figura del principe ideale, come quella del perfetto uomo di governo, in possesso di tutte le caratteristiche per poter fondare un Stato stabile nella penisola. Tale ritratto è tratteggiato studiando la “lezione degli antichi”, messa a confronto con l’esperienza presente; Machiavelli ritiene che il sapere politico è necessario a guidare le scelte del principe, implicitamente proponendosi come consigliere di fiducia del principe ideale.

Il principe ideale

Il principe assume la missione di essere il supremo garante dello Stato, intendo con tale termine l’interesse collettivo della popolazione da lui governata. Per ottenere l’obiettivo della stabilità, il principe deve separare l’azione politica dai principi morali, perché ogni sua decisione deve essere dettata dalla necessità di preservare lo Stato stesso, che è il fine ultimo della politica Dunque il principe deve essere centauro (mezzo uomo mezzo cavallo), cioè deve usare intelligenza (umanità) o violenza (bestialità), adattando le sua azione alle circostanze. Inoltre egli deve essere leone e volpe, cioè forte e astuto. Le metafore significano che il principe deve essere pietoso, ma saper diventare crudele, usare la forza, alternandola all’astuzia quando è necessario.

Lo studio delle circostanze e la scelta della strategia migliore a conseguire il fine del governo sono azioni da studiare e attuare secondo una precisa strategia politica, perché il principe deve avere la volontà di organizzarsi per vincere i capricci del caso, infatti — oltre agli avversari politici — la Fortuna influisce sulle vicende umane e condiziona la realizzazione di ogni progetto.

I principi della politica

La frase attribuita solitamente a Machiavelli “il fine giustifica i mezzi” non è mai stata scritta da segretario fiorentino, anzi machiavelli sostiene che la politica ha una sua morale, non è esente da regole e precetti, perché considera “buono” tutto ciò che contribuisce a rafforzare lo Stato e garantire il benessere della cittadinanza. Quindi il principe può usare tutti i mezzi che trovano giustificazione nel fine, solamente quando tale fine è l’interesse della collettività (Stato). Tra questi strumenti il principe può annoverare anche la religione, mezzo molto potente per controllare le masse.

Lo Stato rappresenta un obiettivo ideale, un’utopia da realizzare mediante l’ azione di ogni uomo; tuttavia occorre tener conto della realtà effettuale, delle circostanze del presente. Pertanto il realismo deve essere la chiave di lettura di ogni comportamento umano per poter progettare la politica migliore. Il primo oggetto di studio per i governanti è l’uomo stesso: l’uomo è una creatura razionale che agisce nel mondo e persegue obiettivi concreti, non si devono attribuire solo scopi ideali alle azioni umane, ma è necessario osservare e prevedere i comportamenti dei sudditi per poterli controllare con maggiore efficacia possibile.

La politica, dunque, è una scienza, derivante dall’analisi dell’esperienza diretta, perciò i governanti devono praticare la politica come arte, seguendo le sue regole.

Lingua e stile de Il principe

Il primo scopo di Machiavelli ne Il principe è la trasmissione chiara del messaggio, perciò usa diversi codici linguistici, mescolando uno stile alto, cancelleresco, umanistico, ricco di latinismi e con inserimenti di termini e frasi latine nei titoli e nei sottotitoli, a uno stile realistico, popolare, derivato dalla lingua viva del fiorentino parlato. Egli usa tutto ciò che è utile alla sua argomentazione, che dà una precisa struttura a ogni suo paragrafo. Machiavelli, infatti organizza il suo pensiero in modo dilemmatico: ovverossia il ragionamento procede per definizioni alternative ottenute con un frequente uso delle congiunzioni disgiuntive: nel 1° capoverso del 1° capitolo “o” si trova 11 volte.

schema di prosa dilemmatica

QUOT SINT GENERA PRINCIPATUUM ET QUIBUS MODIS ACQUIRANTUR
Tutti gli stati, tutti e’ dominii che hanno avuto e hanno imperio sopra gli uomini, sono stati e sono o republiche o principati. E’ principati sono, o ereditarii, de’ quali el sangue del loro signore ne sia suto lungo tempo principe, o e’ sono nuovi. E’ nuovi, o sono nuovi tutti, come fu Milano a Francesco Sforza, o sono come membri aggiunti allo stato ereditario del principe che li acquista, come è el regno di Napoli al re di Spagna. Sono questi dominii così acquistati, o consueti a vivere sotto uno principe, o usi ad essere liberi; e acquistonsi o con le armi d’altri o con le proprie, o per fortuna o per virtù.

Il capitolo I, qui riprodotto, traccia, con una serie di secche contrapposizioni, una sintesi rapidissima di tutta la trattazione successiva. L’esordio è di tipo marcatamente classificatorio: una volta distinte le forme di governo in repubbliche e principati, viene brevemente delineata la tipologia dei principati. Questi possono essere ereditari oppure nuovi. I principati nuovi a loro volta possono essere del tutto nuovi oppure misti, cioè formati dall’aggiunta di nuove conquiste a un nucleo preesistente. Quale esempio di principato del tutto nuovo viene presentata la conquista di Milano da parte del capitano di ventura Francesco Sforza nel 1450, mentre come esempio di principato misto viene menzionata la conquista del regno di Napoli realizzata nel 1503 da Ferdinando il Cattolico re di Spagna. I nuovi domini inoltre vengono a loro volta suddivisi fra quelli già abituati a vivere sotto un principe e quelli abituati a essere liberi. Infine vengono elencati, sempre con procedimento disgiuntivo, i mezzi per realizzare tale conquista: le armi altrui o quelle proprie, la fortuna oppure la virtù.

--

--

Luca Pirola
Luca Pirola

Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

No responses yet