Non gridate più

Giuseppe Ungaretti, Il dolore

Luca Pirola
3 min readJan 12, 2022
Il cimitero del Verano bombardato, 19 luglio 1943

Non gridate più è parte della raccolta Il dolore (1947), in cui Giuseppe Ungaretti affronta il tema del dolore personale dovuto alla perdita del figlio e quello del dolore collettivo, a seguito delle tragedie portate dalla guerra appena conclusa.

Gli studiosi formulano due ipotesi sull’occasione di composizione della lirica. La prima indica il 1943, precisamente il luglio, come momento di stesura dei versi, quando il bombardamento alleato distrusse il quartiere di San Lorenzo a Roma, non lontano dal cimitero del Verano, causando la morte di circa 3.000 persone. La seconda ipotesi propone una data più tarda: Ungaretti sarebbe stato ispirato dall’accesa conflittualità politica e sociale che sconvolgeva il Paese dopo l’armistizio del 1945. Qualunque sia l’ipotesi corretta, il messaggio della lirica non cambia: soltanto la memoria e la lezione della Storia possono cancellare l’odio e la violenza.

La lirica rappresenta il recupero delle forme tradizionali del verso con una quartina di novenari e una formata da un endecasillabo, due settenari e un novenario. Le due quartine formano le due parti della lirica: alla violenza scomposta dei vivi descritta nella prima strofa corrisponde il messaggio decisivo dei morti nella seconda.

Cessate d’uccidere i morti,
non gridate più, non gridate
se li volete ancora udire,
se sperate di non perire.

Nella prima quartina il poeta rivolge un invito ai superstiti affinché rispettino la memoria dei caduti in guerra. Dianzi al dolore della guerra, il poeta implora il silenzio per i defunti che dopo la morte fisica rischiano di essere annientati una seconda volta. L’imperativo dei verbi in apertura (Cessate, non gridate ripetuto due volte nello stesso verso) e l’insistenza delle rime e delle consonanze (Cessate — gridate — gridate — volete — sperate) evidenziano l’impeto e l’indignazione del poeta in un monito che vuole essere accorato e severo. I primi versi costituiscono una lancinante invocazione alla cessazione della violenza, nell’imperativo iniziale si esprime, infatti, la disperazione di chi è testimone sia di una sofferenza privata (la morte del figlio) sia di una tragedia storica (la Seconda guerra mondiale).

Hanno l’impercettibile sussurro,
non fanno più rumore
del crescere dell’erba,
lieta dove non passa l’uomo.

Il silenzio dei morti (impercettibile sussurro) si contrappone alle grida — espressione del dolore — dei vivi. Le vittime devono essere ascoltate in una sorta di raccoglimento religioso: solo così si può percepire il loro insegnamento, solo il silenzio — estrema forma di dignità e riserbo umani — può far crescere l’erba, cioè ricomporre quell’armonia del creato turbata dalla stupida crudeltà dell’uomo. Il messaggio dei caduti è significativamente paragonato all’immagine vitale del crescere dell’erba, che si contrappone a sua volta al carattere mortuario delle azioni dei vivi (uccidere v.1, perire v.4). La compostezza e il rispetto per i morti sono gli unici strumenti per reagire alla barbarie: chi grida e dimentica il passato è condannato a non conservare traccia di umanità, a uccidere per la seconda volta le vittime della strage, ignorando la loro muta richiesta di pace.
Si delineano dunque delle associazioni paradossali: ai morti corrisponde un messaggio vitale, ai vivi, invece, è attribuita la violenza della distruzione e della morte.

Nella seconda strofa, dunque, il linguaggio diventa più sussurrato, quasi allusivo: lo richiede il compito della poesia, che non deve urlare, ma ascoltare la flebile, eppure indispensabile, voce dei morti.

Nel reiterato appello del poeta si può cogliere un richiamo alla responsabilità dell’uomo e alla consapevolezza della crudeltà delle sue azioni: i versi esprimono una ricerca di riconciliazione nel dolore, nella quale la parola ritrova una funzione salvifica: i morti significa uccidere se stessi, negarsi alla vita. I morti sono l’impercettibile sussurro della coscienza di ognuno.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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