Pace non trovo e non ò da far guerra

Il contrasto interiore

Luca Pirola
4 min readJan 17, 2022
Gauvain et le prete, XV secolo

L’amore amore e il desiderio causano violenti conflitti. Il poeta, rivolgendosi direttamente a Laura, le illustra contraddizioni e ambiguità alle quali sembra che non ci sia rimedio. Il conflitto in questa lirica non è legato a riflessioni morali o religiose: il poeta descrive il suo stato, dicendo di essere dilaniato da sentimenti contrastanti determinati dalla sua totale dipendenza dalla donna e da Amore, che lo tengono in una condizione di sospensione angosciosa e senza vie d’uscita.

La figura retorica di questa scissione è l’antitesi, che domina tutto il sonetto. Questo tipo di lingua e questo stile sono destinati a diventare per secoli la lingua e lo stile della tensione esistenziale.

metro: Sonetto con rime ABAB, ABAB; CDE, CDE.

Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra ‘l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto ‘l mondo abbraccio.

Si può tentare una spiegazione specifica per ogni opposizione, e anche per ognuno dei suoi due termini; ma è utile, intanto, vedere il significato complessivo di esse nel loro insieme: il poeta vive una situazione conflittuale ed è attraversato da sentimenti contrastanti, ciascuna delle quali corrispondente a un verso.
L’io lirico non ha pace, perché la passione e il desiderio gliela tolgono; e d’altra parte non è nelle condizioni di reagire (o per difendersi o per ottenere di essere ricambiato da Laura) (v. 1); ha paura di non essere amato, e spera a volte di esserlo, e passa dal bruciare della passione al gelo del timore e della disillusione (v.2); l’amore per Laura e il pensiero di essere riamato gli danno l’impressione di innalzarsi in Paradiso; ma timore e disillusione lo gettano nello sconforto (v. 3); non ha certezze di nulla, ma con il desiderio gli pare di stringere a sé tutto il mondo, tanto il desiderio è grande (v. 4).

Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
et non m’ancide Amore, et non mi sferra,
né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.

La prigionia imposta da Laura al poeta non si decide a essere esplicita e voluta, oppure a interrompersi, ridando libertà al prigioniero; cioè: la donna non si decide né ad accettare l’amore del poeta, né a rifiutarlo in modo da lasciarlo libero per la sua strada. Lo stesso Amore non uccide l’innamorato, ma al tempo stesso non gli permette di vivere veramente. Più che una vera contrapposizione, c’è qui una condizione ambivalente e sospesa.

L’antitesi esprime il dissidio insanabile dell’anima del poeta, esprimendo in modo visibile il conflitto vissuto. L’effetto della figura retorica è amplificato dalla combinazione con il chiasmo (Pace non trovo, et non ò da far guerra, v.1; né per suo mi riten né scioglie il laccio, v.6) o con il polisindeto ( e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio; v.2; et volo sopra ‘l cielo, et giaccio in terra, v.3).

Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.

Il poeta ha perso la vista a causa della passione, e continua a vedere con la sola forza della irrazionalità, senza vedere in senso razionale; grida di dolore ma è incapace di parlare, perché è come se non avesse la lingua; vorrebbe morire, eppure chiede alla amata di aiutarlo a vivere. La ragione di queste condizioni paradossali è il fatto che egli ama Laura e invece odia se stesso, contro il principio elementare dell’amor proprio.

Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.

Così come Laura e Amore non si decidono sulle sorti del poeta, egli stesso è sospeso tra dolore e felicità, tra voglia di vivere e desiderio di morire.
Il verso finale, che rompe la lunga serie di antitesi, dichiara la potenza della donna. Il dialogo che il poeta tenta con lei è anche il tentativo di uscire da questa prigione e di superare una distanza che, però, resterà invalicabile.
Amore, pertanto, è un signore crudele, che imprigiona l’uomo gettandolo nel dolore e nella contraddizione, infatti Petrarca non focalizza l’attenzione sulla donna responsabile del tormento, ma sulla propria situazione esistenziale e psicologica.

L’antitesi è la figura retorica che accosta due termini o due frasi di senso opposto: qui, se si eccettua l’ultimo, compare in tutti i versi del sonetto, e talvolta addirittura doppiamente (vv. 2 e 3). Per dare maggior forza a queste contrapposizioni, Petrarca usa una sintassi estremamente semplice: tutte le proposizioni sono sullo stesso piano, perché sono tutte coordinate. Allo stesso modo, nel suo animo tutte le opposizioni sono compresenti, senza che nessuna possa prevalere.

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Luca Pirola
Luca Pirola

Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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