Positivismo e letteratura
Naturalismo e Verismo
Alla metà dell’Ottocento si assiste in Europa occidentale alla diffusione del modello industriale, determinato dallo sviluppo del progresso scientifico e tecnologico che permette di dare avvio alla trasformazione della società contadina tradizionale. Tale mutamento è concentrato nelle regioni urbane, tuttavia segna l’avvio di una trasformazione sociale e culturale ineluttabile. La borghesia imprenditoriale sostituisce definitivamente l’aristocrazia come classe dirigente, pertanto impone i suoi valori che si possono sintetizzare con l’esaltazione del successo nel lavoro, espresso dal raggiungimento dell’agiatezza economica. Contemporaneamente aumenta il numero di proletari urbani, operai e lavoratori che trovano nel socialismo l’ideologia che interpreta le loro istanze.
L’esaltazione della scienza
In questo contesto storico sociale il francese Comte elabora la dottrina filosofica del positivismo, che fonda l’analisi della realtà sul metodo scientifico e sulle evidenze materiali. Esaltando la scienza come una forma di conoscenza, Comte sostiene le esigenze borghesi di progresso e ordine in quanto ogni affermazione è suffragata da risultati comprovabili, ma, allo stesso tempo, conferma la teoria marxista sulla lotta di classe, grazie a una traslazione sociale della teoria darwiniana, secondo cui solo le specie più adattabili all’ambiente prevalgono.
Il Positivismo, dunque, celebra la scienza come strumento fondamentale del progresso umano, quindi la scienza, intesa come ricerca delle leggi che regolano il mondo sensibile, risulta essere l’unica forma di conoscenza possibile. Per Comte tutti i fenomeni sono legati da nessi di causa-effetto, perciò conoscibili attraverso prove materiali, esperienziali o riscontri documentali. Attraverso la scienza, la conoscenza dell’uomo progredisce; infatti la scienza corrisponde al progresso, tanto che l’unico vincolo allo sviluppo umano è dettato dai limiti della ricerca. Il metodo scientifico è applicato da Comte anche alle discipline umanistiche, perché la scienza permette di conoscere l’uomo: nascono, così, la sociologia (studio delle leggi che regolano le relazioni umane), la psicologia (studio delle leggi che regolano l’individuo), l’economia (studio delle leggi del mercato).
La crisi dei valori del Romaticismo: la scapigliatura
Anche la letteratura si trasforma, modificando con sé la concezione romantica dell’arte e del letterato; una prima reazione è di rifiuto della novità e dei nuovi valori dominanti, tanto che di fronte alle trasformazioni sociali, storiche e culturali in atto alla metà del XIX secolo appare una poesia anticonformista e protestataria. Un gruppo di poeti, per lo più lombardi (non a caso Milano è il centro propulsore dell’industria nella penisola) esprime il proprio disagio verso la società borghese che si sta affermando, riprendendo lo stile di vita e i temi dei poeti bohémien francesi. Essere poeta diventa un atto di protesta contro la società materialista e gretta, pertanto il poeta denuncia l’ipocrisia borghese creando scandalo attraverso liriche improntate al gusto dell’orrido e ad un erotismo sfrenato. Altro elemento di rottura è l’uso di vari registri linguistici con una preferenza per il lessico popolare o tecnico.
Gli scapigliati concepiscono l’arte come un’espressione di più discipline, perché l’obiettivo è giungere ad un’arte totale. Questo aspetto, come altri precedenti, saranno poi ripresi e sviluppati pienamente dai letterati del Decadentismo.
Positivismo e letteratura: il Naturalismo
Il metodo scientifico è applicato alla letteratura in prosa dai Naturalisti francesi, in particolare da Gustave Flaubert, Honore de Balzac ed Emile Zola. Essi affermano che l’opera letteraria deve fondarsi sul reale, analizzando scientificamente le componenti economiche e sociali che determinano la moralità dell’uomo e le sue condizioni di vita.
Partendo da questi presupposti, i naturalisti indicano come caratteristiche imprenscindibili dell’opera d’arte la scientificità, l’impersonalità e la funzione sociale.
- scientificità: il romanzo deve prendere spunto dall’analisi scientifica della realtà.
- impersonalità: lo scrittore deve essere obiettivo, nascondersi dietro la narrazione oggettiva dei fatti senza lasciar emergere il suo punto di vista.
- funzione sociale: l’arte deve migliorare la società attraverso la denuncia dei suoi mali.
Da tali premesse deriva uno dei romanzi più rappresentativi del Naturalismo francese: L’assommoir (Lo scannatoio) in cui Emile Zola descrive le misere condizioni di vita del proletariato parigino, narrando le vicende di una famiglia di proletari. Il romanzo è frutto di una lunga e attenta analisi d’ambiente da parte dell’autore, che narra una storia di alcolismo, di miseria e di degradazione umana. Lo scannatoio del titolo è in realtà un’osteria in cui i protagonisti si autodistruggono spendendo tutti i propri guadagni in alcolici.
Il Verismo
Il Verismo è la versione italiana del naturalismo francese, ma si discosta notevolmente dal modello transalpino perché le opere nascono da una diversa situazione storica e culturale. Se gli autori veristi — come i NAturalisti — sentono lontano da sé il romanzo storico e sentimentale dell’ultimo Romanticismo e risentono della diffusione del positivismo, essi fanno i conti con la delusione derivata dalla presa di coscienza dei problemi post unitari. Gli intellettuali italiani, soprattutto di area democratica e mazziniana, vedono il Risorgimento come una rivoluzione mancata, un’occasione persa per migliorare la società, soprattutto per l’ansia di normalizzazione della classe dirigente. Tale sentimento è ancora più forte nelle regioni meridionali in seguito alla cruenta repressione del brigantaggio, interpretata come un vero e proprio assoggettamento del vecchio regno borbonico al dominio sabaudo. Il neonato Regno d’Italia è percepito come un governo straniero, a cui le plebi meridionali si sentono sottomesse. Nelle regioni settentrionali la diffusione dell’industrializzazione e la conseguente urbanizzazione dei contadini determina la nascita di problemi sociali delle periferie urbane.
Pertanto i caratteri del Verismo che riprendono dai modelli francesi sono l’attenta analisi delle condizioni ambientali, che sono studiate con attenzione perché condizionano i meccanismi psicologici degli abitanti del territorio. Inoltre i veristi confermano il principio di impersonalità, secondo cui lo scrittore si nasconde dietro i propri personaggi, perciò usa le tecniche del linguaggio mimetico (proverbi, lessico popolare, sintassi dialettale), del narratore interno e del dialogo narrato.
D’altronde i veristi si discostano dai naturalisti per le diverse condizioni sociali, storiche e culturali della penisola: le opere del Verismo sono caratterizzate da un spiccato regionalismo, infatti ogni regione ha forti differenze culturali e sociali, perciò la letteratura sottolinea la realtà di ognuna di esse non un’identità nazionale. Ogni autore descrive la realtà che conosce: De Amicis racconta le vicende di una classe di Torino in cui si incontrano i figli dei borghesi e dei proletari, oppure le condizioni degli emigranti verso le Amerche, De Marchi, nel suo Demetrio Pianelli, dipinge il disagio della piccola borghesia milanese, Capuana e De Roberto indagano piuttosto sulle influenze ambientali o ereditarie sulla psicologia umana.
Inoltre, l’attenzione degli scrittori italiani si rivolge alla vita dei contadini, dei pastori, dei pescatori, perché — a parte le metropoli settentrionali — l’Italia rimane un paese rurale (lo sarà fino alla metà del XX secolo).