Purgatorio canto 1
Il canto di Catone
La seconda cantica riprende la narrazione dove l’Inferno si era concluso: Dante e Virgilio sono usciti “a riveder le stelle”, ritrovandosi nell’emisfero australe, alle pendici di quell’alto monte che Ulisse aveva scorto prima della conclusione tragica del suo ultimo viaggio. Il primo canto del Purgatorio, dunque è ambientato sulla spiaggia dell’isola formata dall’altura che indica la via della Salvezza, che si raggiunge con l’ascesa morale.
Il Purgatorio si prospetta come la cantica della libertà: questo canto ne costituisce degno preludio.
Proposizione e invocazione alle Muse (vv. 1–12)
Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele;e canterò di quel secondo regno
dove l’umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.
Interessante notare come fin dal preludio Dante assuma un ruolo attivo, parla infatti di mio ingegno e coniuga i verbi alla prima persona (canterò). Il Dante timoroso e guidato acriticamente da Virgilio lascia il posto ad un uomo che esprime la volontà di agire: il libero arbitrio dell’uomo è necessario nel percorso di Salvezza.
Ma qui la morta poesì resurga,
o sante Muse, poi che vostro sono;
e qui Calïopè alquanto surga,seguitando il mio canto con quel suono
di cui le Piche misere sentiro
lo colpo tal, che disperar perdono.
Il poeta riesce a comunicare l’iniziale esultanza dovuta al senso di liberazione di fronte allo stato d’animo dell’Inferno, nonostante il linguaggio retorico utilizzi delle immagini tradizionali: la navicella del mio ingegno e le migliori acque sono contrapposte al mar sì crudele. Inoltre Dante lascia dietro di sé la aspra poesia realistica (le rime aspre e chiocce) per permettere alla sua poesia di risorgere ed elevarsi, così da significare un ritorno alla vita e la rinascita della speranza.
In queste prime quartine si evidenziano i termini di elevazione (salire al ciel — resurga — surga) che sottolineano il nuovo stato d’animo del poeta.
L’elevazione dello stile è conseguente anche alle citazioni mitologiche: Calliope è la musa dalla bella voce, ispiratrice della poesia epica, mentre le Piche (gazze) sono riferite alle figlie del re della Tessaglia Pierio, che avevano sfidato nel canto le Muse, pertanto essendo sconfitte, furono trasformate in gazze dalla voce sgraziata.
Il paesaggio, le quattro stelle e l’incontro con Catone (vv. 13–39)
Dolce color d’orïental zaffiro,
che s’accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro infino al primo giro,a li occhi miei ricominciò diletto,
tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta
che m’avea contristati li occhi e ’l petto.
Dante è liberato dal senso di soffocamento del mondo del peccato e della pena eterna di cui ha appena fatto esperienza grazie alla serenità di un paesaggio (fatto di luce, di trasparenza e di purezza di cielo), che appare una proiezione dell’esterno della condizione dell’uomo.
Lo bel pianeto che d’amar conforta
faceva tutto rider l’orïente,
velando i Pesci ch’erano in sua scorta.
Dante ambienta l’inizio della sua ascesa al Paradiso terrestre all’alba della domenica di Pasqua (10 aprile 1300), per significare che ogni Salvezza inizia con la resurezione di Cristo.
I’ mi volsi a man destra, e puosi mente
a l’altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch’a la prima gente.Goder pareva ’l ciel di lor fiammelle:
oh settentrïonal vedovo sito,
poi che privato se’ di mirar quelle!
Le quattro stelle sono la croce del sud, costellazione utile all’orientamento nell’emisfero australe; esse rappresentano le quattro virtù cardinali, ossia temperanza, giustizia, prudenza e fortezza, da perseguire nella strada verso la vita eterna. La luce delle stelle illumina il volto di Catone, perché egli agisce applicandole nella sua vita.
Com’io da loro sguardo fui partito,
un poco me volgendo a l’altro polo,
là onde ’l Carro già era sparito,vidi presso di me un veglio solo,
degno di tanta reverenza in vista,
che più non dee a padre alcun figliuolo.Lunga la barba e di pel bianco mista
portava, a’ suoi capelli simigliante,
de’ quai cadeva al petto doppia lista.Li raggi de le quattro luci sante
fregiavan sì la sua faccia di lume,
ch’i’ ’l vedea come ’l sol fosse davante.
Storicamente Marco Porcio Catone visse nel I secolo a.C. e fu noto per il rigore dei costumi, l’intransigenza politica e il valore. Catone fu un acerrimo avversario di Giulio Cesare, tanto che quando Pompeo fu sconfitto a Tasso, Catone si suicidò per non sopravvivere alla fine della libertà repubblicana.
Il Catone di Dante appare come un’immagine veneranda, che fonde la forza morale di un antico romano con la solennità religiosa di un patriarca biblico. La lunga barba bianca (che Catone non tagliò più dall’inizio della seconda guerra civile) e i lunghi capelli lo avvicinano a Caronte, traghettatore dell’Inferno, da cui si discosta per la dignità e la solennità della sua funzione. L’incontro di Dante con il guardiano del Purgatorio rievoca una “situazione liturgica” come evidenziano l’atteggiamento reverenza di cui Catone è degno … in vista, cioè all’aspetto e le manifestazioni di umiltà a cui Virgilio invita pressantemente Dante. Completa l’atmosfera il silenzio di Dante ininterrotto per tutto il canto.
Le domande di Catone e le risposte di Virgilio (vv. 40–84)
“Chi siete voi che contro al cieco fiume
fuggita avete la pregione etterna?”,
diss’el, movendo quelle oneste piume.“Chi v’ ha guidati, o che vi fu lucerna,
uscendo fuor de la profonda notte
che sempre nera fa la valle inferna?Son le leggi d’abisso così rotte?
o è mutato in ciel novo consiglio,
che, dannati, venite a le mie grotte?”.
Le domande di Catone riprendono quelle dei guardiani infernali Caronte e Minosse a cui Virgilio aveva risposto in modo brusco e definitivo “vuolsi così colà ove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”. In questa occasione la guida di Dante non può liquidare il guardiano in questo modo, perché Catone merita maggiore rispetto. Inizia perciò un lungo discorso, che prende avvio dalla presentazione di Dante — che è fatto devotamente inginocchiare- per poi spiegare lo scopo del viaggio intrapreso nei regni dell’oltretomba, e proseguire con la preghiera di lasciarlo proseguire, nonostante non sia ancora morto. Prima di concludere con l’ultima preghiera (che fa leva con funzione di captatio benevolentiae sugli affetti terreni di Catone — Marzia mia), Virgilio esalta l’ideale di libertà (così ben noto a Catone che gli ha scarificato la vita).
Lo duca mio allor mi diè di piglio,
e con parole e con mani e con cenni
reverenti mi fé le gambe e ’l ciglio.
Virgilio cambia atteggiamento rispetto all’Inferno: non è più una guida, piuttosto un accompagnatore, tanto che è Dante a proporsi per primo come riverente di fronte a Catone.
Poscia rispuose lui: “Da me non venni:
donna scese del ciel, per li cui prieghi
de la mia compagnia costui sovvenni.
L’accenno alla missione affidata a Virgilio da Beatrice (Inferno, canto II) indica che non si può raggiungere la Salvezza da soli.
Ma da ch’è tuo voler che più si spieghi
di nostra condizion com’ell’è vera,
esser non puote il mio che a te si nieghi.Questi non vide mai l’ultima sera;
ma per la sua follia le fu sì presso,
che molto poco tempo a volger era.
Si ricorda il punto di partenza di Dante: la Selva oscura del peccato che lo ha avvicinato alla morte spirituale.
Sì com’io dissi, fui mandato ad esso
per lui campare; e non lì era altra via
che questa per la quale i’ mi son messo.Mostrata ho lui tutta la gente ria;
e ora intendo mostrar quelli spirti
che purgan sé sotto la tua balìa.Com’io l’ ho tratto, saria lungo a dirti;
de l’alto scende virtù che m’aiuta
conducerlo a vederti e a udirti.Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.Tu ’l sai, ché non ti fu per lei amara
in Utica la morte, ove lasciasti
la vesta ch’al gran dì sarà sì chiara.Non son li editti etterni per noi guasti,
ché questi vive e Minòs me non lega;
ma son del cerchio ove son li occhi castidi Marzia tua, che ’n vista ancor ti priega,
o santo petto, che per tua la tegni:
per lo suo amore adunque a noi ti piega.
Marzia fu moglie di Catone, da cui aveva divorziato su richiesta della donna che sposò l’oratore Ortensio. Alla morte del secondo marito Amrzia pregò Catone di riprenderla con sé e venne accontentata. Dante rievoca l’episodio interpretandolo allegoricamente come il ritorno dell’anima a Dio in fin di vita.
Lasciane andar per li tuoi sette regni;
grazie riporterò di te a lei,
se d’esser mentovato là giù degni”.
Perché Dante ha scelto un pagano, per di più suicida, come guardiano del Purgatorio? Il dubbio è sciolto dalle parole di Catone stesso che afferma che libertà vo cercando ch’è sì cara / come sa chi per lei la vita rifiuta. La libera scelta della morte di fronte alla servitù politica, operata da Catone e figura di una più ampia e vera libertà, quella del redento, che resiste ad ogni tentazione terrena e rinuncia volontariamente ad ogni cattivo impulso. Tale scelta porta all’autentico dominio si se stesso, obiettivo posto a Dante come meta del suo viaggio di salvezza. Tra poco Dante si cingerà con l’umile giunco, condizione necessaria per intraprendere la purificazione che lo migliorerà finché all’ingresso del Paradiso terrestre Virgilio lo proclamerà “signore di se stesso”.
Risposta e consigli di Catone. Il rito della purificazione e il giunco (vv. 85–136)
“Marzïa piacque tanto a li occhi miei
mentre ch’i’ fu’ di là”, diss’elli allora,
“che quante grazie volse da me, fei.Or che di là dal mal fiume dimora,
più muover non mi può, per quella legge
che fatta fu quando me n’usci’ fora.
Catone spiega come le preghiere in nome di Marzia non sono efficaci, per quanto la moglie gli sia stata cara in vita. Ora Marzia è nell’Inferno (di là dal mal fiume, oltre l’Acheronte) e lui non è più sensibile dopo che su invito di Cristo ha abbandonato il Limbo, insieme ai patriarchi, per assumere l’incarico attuale. Le anime del Purgatorio non sono legate alla vita che fu, ma sono priettate verso la vita eterna che le attende. Pertanto Catone esaudisce la richiesta di Virgilio in nome di Beatrice, la Fede in Dio.
Ma se donna del ciel ti move e regge,
come tu di’, non c’è mestier lusinghe:
bastisi ben che per lei mi richegge.Va dunque, e fa che tu costui ricinghe
d’un giunco schietto e che li lavi ’l viso,
sì ch’ogne sucidume quindi stinghe;ché non si converria, l’occhio sorpriso
d’alcuna nebbia, andar dinanzi al primo
ministro, ch’è di quei di paradiso.
Catone fornisce le indicazioni per poter ascendere la montagna del Purgatorio: Dante deve prima prepararsi per compiere degnamente il suo cammino. Le azioni del giunco richiamano due momenti liturgici: Dante deve essere cinto dal simbolo di umiltà e di serenità di spirito, come il fedele che si accosta all’eucarestia, e deve essere lavato da ogni sudiciume del peccato, liberato da ogni traccia del male, come avviene al catecumeno durante il battesimo. Solo in queste condizioni potrà presentarsi all’angelo, primo custode della cornice del Purgatorio.
Questa isoletta intorno ad imo ad imo,
là giù colà dove la batte l’onda,
porta di giunchi sovra ’l molle limo:null’altra pianta che facesse fronda
o indurasse, vi puote aver vita,
però ch’a le percosse non seconda.
La descrizione delle pendici del Purgatorio, basse e coperte di umili giunchi, rappresenta l’antitesi del Colle Illuminato del primo canto dell’Inferno, circondato dalla Selva oscura e aspra e forte del peccato.
Poscia non sia di qua vostra reddita;
lo sol vi mosterrà, che surge omai,
prendere il monte a più lieve salita”.Così sparì; e io sù mi levai
sanza parlare, e tutto mi ritrassi
al duca mio, e li occhi a lui drizzai.
Scomparso Catone, Dante si rialza (si era inginocchiato) e rivolge lo sguardo a Virgilio per chiedere indicazioni su come proseguire.
El cominciò: “Figliuol, segui i miei passi:
volgianci in dietro, ché di qua dichina
questa pianura a’ suoi termini bassi”.L’alba vinceva l’ora mattutina
che fuggia innanzi, sì che di lontano
conobbi il tremolar de la marina.
L’alba, il bagliore che appare a oriente quando incomincia a sorgere il dì, vinceva l’ora mattutina (cioè l’ultima parte della notte). I salvati procedono verso il Paradiso solo se illuminati dalla Grazia divina.
Noi andavam per lo solingo piano
com’om che torna a la perduta strada,
che ’nfino ad essa li pare ire in vano.Quando noi fummo là ’ve la rugiada
pugna col sole, per essere in parte
dove, ad orezza, poco si dirada,ambo le mani in su l’erbetta sparte
soavemente ’l mio maestro pose:
ond’io, che fui accorto di sua arte,porsi ver’ lui le guance lagrimose;
ivi mi fece tutto discoverto
quel color che l’inferno mi nascose.
I due poeti giungono all’ultima propaggine dell’isola, dove la rugiada lotta ancora con il sole e a poco a poco si dirada (indicazione di ambiente sereno e ampio, luogo quieto e tranquillo), perché si trova in un luogo dove c’è ombra, Virgilio pone delicatamente le mani aperte (sparte) sull’erba. Dante, comprendendo la sua missione (accorto di sua arte) gli porge le guance ancora recanti il segno delle lacrime versate all’Inferno e si fa lavare il volto liberando il colore naturale dalla caligine che l’aura infernale vi aveva deposto.
Venimmo poi in sul lito diserto,
che mai non vide navicar sue acque
omo, che di tornar sia poscia esperto.
Nessun mortale è mai approdato al Purgatorio. Si ricordi l’ultimo viaggio di Ulisse, terminato nel gorgo che ha sommerso lui e i suoi seguaci proprio in vista della montagna.
Quivi mi cinse sì com’altrui piacque:
oh maraviglia! ché qual elli scelse
l’umile pianta, cotal si rinacquesubitamente là onde l’avelse.
la conclusione sottolinea nuovamente che Dante compie il viaggio per sua scelta, ma non per desiderio personale bensì per volontà divina: egli ha una missione da compiere per conto di Dio.
La rinascita del giunco dopo che è stato strappato è simbolo di rinascita a nuova vita dopo la conversione alla retta via.