San Martino del Carso

Il paesaggio straziato come l’anima del poeta

Luca Pirola
3 min readApr 19, 2020

Dalla visione realistica del paese di San Martino del Carso, che andò completamente distrutto nel corso della Grande Guerra, Ungaretti passa alla riflessione sulla morte di persone care. Il “cuore” del poeta diventa sia il cimitero posto a testimonianza dei valori andati perduti, sia il luogo più sconvolto dalla distruzione.

San Martino del Carso — analisi del testo

Valloncello dell’albero isolato il 27 agosto 1916

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

È il mio cuore
il paese più straziato

Ungaretti riconosce nella propria intimità “straziata” lo specchio delle distruzione esteriore provocata dalla guerra. La poesia si apre su un devastante scenario di guerra: a San Martino le bombe hanno lasciato in piedi solo qualche/brandello di muro.

La seconda strofa segna, infatti, il passaggio dalle cose alle persone, facendo riferimento alla morte di molte persone care al poeta. Dopo aver definito brandello di muro (con un termine attribuito ai resti umani) ciò che è rimasto del paese, Ungaretti constata che di molti suoi amici non è rimasto nulla, cioè sono morti tutti. Si noti la ripetizione del pronome indefinito (tanti — tanto) all’inizio e alla fine della seconda strofa, a creare un doloroso parallelismo tra la moltitudine indistinta degli affetti e la tragica pochezza dei ruderi. Più in generale, tutta la poesia è intessuta di riprese e anafore, a partire dalla struttura delle prime due strofe (entrambe aperte con di e contenenti un verso identico (non è rimasto), fino alla ripresa del termine cuore nelle ultime due strofe. Il cuore, dunque, indica l’interiorità e la memoria del poeta, che si fa carico di conservare in sé il segno di tutte le perdite. La croce è il simbolo cristiano di dolore e risurrezione e qui indica, come nei cimiteri, il ricordo di una persona defunta. Per questo il cuore del poeta è straziato, perché rappresenta il luogo più dolorosamente colpito, più del paese che ha suscitato la riflessione, e più di ogni altro paese reale.

Le due brevi strofe finali si concentrano sul dolore del soggetto: egli conserva il ricordo dei caduti nel suo cuore, che è il paese più straziato.

La poesia, composta da versi liberi per lo più molto brevi, presenta un linguaggio semplice, fatto di parole comuni. Il testo è intessuto di riprese e di parallelismi: le prime due strofe sono evidentemente costruite in modo simmetrico (Di queste case/non è rimasto — Di tanti/non è rimasto); altra simmetria riguarda la misura delle strofe, composte a due a due dallo stesso numero di versi.

Nell’Allegria Ungaretti ha rappresentato in modo intenso la tragedia della guerra in trincea. In questo e in molti altri testi l’orrore della distruzione e della morte è al centro della scena. Tuttavia, accanto alla rappresentazione della cruda realtà si affaccia spesso, come in questo caso, il momento soggettivo dell’interiorità. E proprio l’interiorità reclama un primato, sia pure nel dolore. Questo passaggio distingue la poesia di Ungaretti dalla poesia di guerra degli espressionisti, che non offrono al cuore (nominato qui due volte) uno spazio autonomo e privilegiato. Il cuore non è solo il paese più straziato, dolorosamente colpito dalla distruzione, ma anche il luogo della memoria, che mantiene vivo il ricordo dei caduti e custodisce quei valori che la guerra ha cancellato.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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