Scienza e religione

Verità scientifiche e verità di fede

Luca Pirola
6 min readDec 5, 2020

Galileo Galilei cercò in tutti i modi di garantire alla teoria copernicana l’appoggio della Chiesa; La lettera del 21 dicembre 1613 al benedettino Benedetto Castelli è un importante documento di questo tentativo. Il risultato fu un disastroso insuccesso, poiché nel 1616 il tribunale del Sant’Uffizio — che nel frattempo era entrato in possesso della lettera — condannò come eretiche le teorie di Copernico e proibì a Galilei di continuare a diffonderle, mettendo così fine al suo programma di divulgazione scientifica.

Stante, dunque, che la Scrittura in molti luoghi è non solamente capace, ma necessariamente bisognosa d’esposizioni diverse dall’apparente significato delle parole, mi par che nelle dispute naturali ella doverebbe esser riserbata nell’ultimo luogo: perché, procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice de gli ordini di Dio; ed essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi all’intendimento dell’universale, dir molte cose diverse, in aspetto e quanto al significato delle parole, dal vero assoluto; ma, all’incontro, essendo la natura inesorabile e immutabile e nulla curante che le sue recondite ragioni e modi d’operare sieno o non sieno esposti alla capacità de gli uomini, per lo che ella non trasgredisce mai i termini delle leggi imposteli; pare che quello de gli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone innanzi a gli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbio per luoghi della Scrittura ch’avesser nelle parole diverso sembiante, poi che non ogni detto della Scrittura è legato a obblighi così severi com’ogni effetto di natura. […]

Galileo commenta le riflessioni sulle teorie che sostengono che la Bibbia o più in generale le Sacre Scritture contengono la verità assoluta e non possono mentire. Galilei non smentisce il fatto che le Sacre Scritture riportino elementi dalla parola di Dio o l’esistenza di Dio stesso ma sottolinea l’importanza di una giusta interpretazione del testo. Dei gravi errori secondo lo scienziato sono ad esempio quello di prendere il puro significato delle parole contenute nella Bibbia o dare a Dio connotati umani.

Stante questo, ed essendo di più manifesto che due verità non posson mai contrariarsi, è ofizio de’ saggi espositori affaticarsi per trovare i veri sensi de’ luoghi sacri, concordanti con quelle conclusioni naturali delle quali prima il senso manifesto o le dimostrazioni necessarie ci avesser resi certi e sicuri. Anzi, essendo, come ho detto, che le Scritture, ben che dettate dallo Spirito Santo, per l’addotte cagioni ammetton in molti luoghi esposizioni lontane dal suono litterale, e, di più, non potendo noi con certezza asserire che tutti gl’interpreti parlino inspirati divinamente, crederei che fusse prudentemente fatto se non si permettesse ad alcuno l’impegnar i luoghi della Scrittura e obbligargli in certo modo a dover sostenere per vere alcune conclusioni naturali, delle quali una volta il senso e le ragioni dimostrative e necessarie ci potessero manifestare il contrario. […]

Per comprendere il significato di un testo Galileo afferma che occorre tenere presente il fine che si propone e il pubblico a cui è destinato. Quindi le Sacre Scritture hanno necessità di essere commentate e interpretate, perché devono spiegare anche agli ignoranti come salvare la propria anima. Le Scritture sono Parola di Dio scritta — su ispirazione — dall’uomo, che utilizza un linguaggio figurato da interpretare. Perciò non ha senso cercarvi nozioni di astronomia, interpretandole in modo letterale.

La Natura, invece, è direttamente creata da Dio, perciò si cura solo di osservare le leggi divine, leggi che l’uomo — dotato a tal fine da Dio di sensi e di intelletto — può comprendere direttamente, senza ricorso a intermediari o interpreti.

la Bibbia e la Natura, dunque, derivano entrambe da Dio, tuttavia sottolinea importanti differenze:

Io crederei che l’autorità delle Sacre Lettere avesse avuto solamente la mira a persuader a gli uomini quegli articoli e proposizioni, che, sendo necessarie per la salute loro e superando ogni umano discorso, non potevano per altra scienza né per altro mezzo farcisi credibili, che per la bocca dell’istesso Spirito Santo. Ma che quel medesimo Dio che ci ha dotati di sensi, di discorso e d’intelletto, abbia voluto, posponendo l’uso di questi, darci con altro mezzo le notizie che per quelli possiamo conseguire, non penso che sia necessario il crederlo, e massime in quelle scienze delle quali una minima particella e in conclusioni divise se ne legge nella Scrittura; qual appunto è l’astronomia, di cui ve n’è così piccola parte, che non vi si trovano né pur nominati i pianeti. Però se i primi scrittori sacri avessero auto pensiero di persuader al popolo le disposizioni e movimenti de’ corpi celesti, non ne avrebbon trattato così poco, che è come niente in comparazione dell’infinite conclusioni altissime e ammirande che in tale scienza si contengono.

La Scienza e la Fede si riferiscono ad ambiti distinti e reciprocamente autonomi, quindi fra esse non può esserci contrasto. Questa limpida distinzione non è accettabile per la Chiesa della Controriforma, che voleva controllare la diffusione di idee per garantirne l’ortodossia. Al contrario Galileo mirava a liberare la scienza dal controllo del pensiero teologico, proponendo al medesimo tempo un modo più autentico e personale di vivere l’esperienza religiosa. Il Dio di Galileo non ha più un luogo fisico nell’Empireo e non è più dimostrabile e descrivibile razionalmente, ma può essere creduto solo per Fede, come risposta a esigenze interiori che vanno oltre i calcoli e i limiti della ragione.

Veda dunque la P. V. quanto, s’io non erro, disordinatamente procedino quelli che nelle dispute naturali, e che direttamente non sono de Fide , nella prima fronte costituiscono luoghi della Scrittura, e bene spesso malamente da loro intesi. Ma se questi tali veramente credono d’avere il vero senso di quel luogo particolar della Scrittura, ed in consequenza si tengon sicuri d’avere in mano l’assoluta verità della quistione che intendono di disputare, dichinmi appresso ingenuamente, se loro stimano, gran vantaggio aver colui che in una disputa naturale s’incontra a sostener il vero, vantaggio, dico, sopra l’altro a chi tocca sostener il falso? So che mi risponderanno di sì, e che quello che sostiene la parte vera, potrà aver mille esperienze e mille dimostrazioni necessari; per la parte sua, e che l’altro non può aver se non sofismi paralogismi e fallacie. Ma se loro, contenendosi dentro a’ termini naturali né producendo altr’arme che le filosofiche, sanno d’essere tanto superiori all’avversario, perché, nel venir poi al congresso, por subito mano a un’arme inevitabile e tremenda, che con la sola vista atterrisce ogni più destro ed esperto campione? Ma, s’io devo dir il vero, credo che essi sieno i primi atterriti, e che, sentendosi inabili a potere star forti contro gli assalti dell’avversario, tentino di trovar modo di non se lo lasciar accostare. Ma perché, come ho detto pur ora, quello che ha la parte vera dalla sua, ha gran vantaggio, anzi grandissimo, sopra l’avversario, e perché è impossibile che due verità si contrariino, però non doviamo temer d’assalti che ci venghino fatti da chi si voglia, pur che a noi ancora sia dato campo di parlare e d’essere ascoltati da persone intendenti e non soverchiamente alterate da proprie passioni e interessi. […]

Galileo sceglie il genere dell’epistola perché adatto alla divulgazione della sua argomentazione. La struttura del testo risponde a queste esigenze divulgative, infatti i contenuti sono organizzati secondo mosse argomentative e artifici retorici adatti a tenere viva l’attenzione e a persuadere chi legge. Innanzitutto Galileo accetta inizialmente una tesi in linea con il pensiero dominante (la veridicità scientifica delle Scritture) che gradualmente viene ridimensionata e infine ribaltata nel corso del testo. In secondo luogo Galileo usa procedimenti come la dimostrazione per assurdo e inserisce frequentemente domande retoriche e antitesi.

Avendo io dunque scoperto e necessariamente dimostrato, il globo del Sole rivolgersi in sé stesso, facendo un’intera conversione in un mese lunare in circa, per quel verso appunto che si fanno tutte l’altre conversioni celesti; ed essendo, di più, molto probabile e ragionevole che il Sole, come strumento e ministro massimo della natura, quasi cuor del mondo, dia non solamente, com’egli chiaramente dà, luce, ma il moto ancora a tutti i pianeti che intorno se gli raggirano; se, conforme alla posizion del Copernico, noi attribuirem alla Terra principalmente la conversion diurna; chi non vede che per fermar tutto il sistema, onde, senza punto alterar il restante delle scambievoli relazioni de’ pianeti, solo si prolungasse lo spazio e ‘l tempo della diurna illuminazione, bastò che fosse fermato il Sole, com’appunto suonan le parole del sacro testo? Ecco, dunque, il modo secondo il quale, senza introdur confusione alcuna tra le parti del mondo e senza alterazion delle parole della Scrittura, si può, col fermar il Sole, allungar il giorno in Terra.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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