Su cartolina

Giorgio Caproni, Le stanze della funicolare

La lirica — scritta quando Caproni si è trasferito a Roma — è una dichiarazione d’amore a Genova, la seconda città della sua vita dopo la natia Livorno.

metro tre strofe di diversa lunghezza composte in prevalenza da settenari, con qualche ottonario e un novenario.

Qui forse potrei vivere,
potrei anche scrivere:
potrei perfino dire:
qui è gentile morire.

Genova è il luogo migliore per vivere e per scrivere, azioni strettamente connesse per Caproni, ma anche il più adatto all’esperienza difficile spaventosa della morte, che solo in questo luogo, forse, potrebbe rappresentare un passaggio sereno.

Genova mia città fina:
ardesia e ghiaia marina.
Mare e ragazze chiare
con fresche collane di vetro
(ragazze voltate indietro,
col fiasco, sul portone
prima di rincasare)
ah perdere anche il nome
di Roma, enfasi e orina.

La città è connotata dagli elementi tipici del suo paesaggio (ardesia, ghiaia marina, mare) ma anche attraverso una viva presenza femminile (ragazze chiare v.7). Al contrario Roma è caratterizzata per mezzo di due termini negativi enfasi e orina (v.13). L’icasticità della descrizione sottolinea come Caproni voglia costruire un’epica della gente e dei luoghi comuni, creata attraverso l’attenzione ai dettagli.

Qui forse potrei scrivere:
potrei forse anche vivere.

L’iterazione di forse attenua la mitizzazione della città con un velo di ironico disincanto. Caproni apprezza Genova, ipotizza una vita piena e fruttuosa nella città richiamando il periodo della sua biografia durante il quale si è aperto al mondo: Genova rappresenta il luogo della sua formazione umana e culturale, idealizzato dopo che le vicende della vita lo hanno portato lontano.

Stilisticamente la riproposizione nel distico finale dell’incipit — pur invertendo i verbi — dona un tono cantabile alla lirica, sostenuto dalla brevità dei versi e dalle rime baciate.