Umberto Saba
La poetica dell’onestà
Umberto Poli è il vero nome di Saba, poeta che racconta nel Canzoniere — raccolta di tutte le sue poesie più volte ampliata e rimaneggiata nel corso degli anni —
la storia di una vita povera di avvenimenti esterni; ricca, a volte, fino allo spasimo, di moti e risonanze interne.
L’esperienza personale, dunque, è l’oggetto dell’analisi poetica di Saba, perciò è utile alla comprensione della sua poetica richiamare alcune caratteristiche salienti della sua biografia, iniziando dal rifiuto del proprio nome a vantaggio di Saba, un nome d’arte. Alla base della scelta dello pseudonimo sta un rifiuto del riconoscimento del ruolo del padre, che ha abbandonato la famiglia quando Saba era ancora bambino. Il superamento del senso di abbandono è intrapreso con il riconoscimento dell’affetto della balia (di cognome Sabaz) che ha accudito Saba nei primi tre anni di vita; inoltre “saba” richiama l’origine israelitica in quanto in ebraico significa “pane”.
Altro elemento fondamentale nella produzione di Saba è la sua origine tirestina. Come per Svevo, Trieste, città periferica, ma crogiolo di etnie e culture, è per il poeta luogo di ispirazione e di formazione. Saba si sente fortemente legato alla città multietnica in cui convivono italiani, sloveni e austriaci.
Infine la vita personale, la famiglia e il lavoro, costituiscono l’ultimo tassello della personalità che Saba trasferisce nelle sue liriche. La moglie Lina è una delle figure dominanti della sua vita, sempre presente e di sostegno al poeta dallo spirito fragile e insicuro. La sua debolezza spirituale, che sfocia in lunghi e ricorrenti periodi di depressione, porta Saba a porre particolare attenzione all’indagine introspettiva per analizzare l’origine e la dimensione del suo dolore personale.
La sofferenza individuale diventa collettiva a causa dell’origine ebraica di Saba, perché le persecuzioni antisemite lo costringono a condividere con le altre vittime l’esperienza della fuga, della clandestinità e della paura.
Infine la sua attività di libraio antiquario in Trieste costituisce una parte fondamentale dell’identità del poeta, perché rende la poesia un atto creativo personale, non dovuto alla necessità di pubblicare per mantenersi.
La poetica: onestà e grazia
Nel 1911 Umberto Saba diede queste indicazioni per scrivere poesia nel saggio Quel che resta da fare ai poeti
Quello che noi chiamiamo onestà letteraria […] è prima un non forzare mai l’ispirazione, poi non tentare, per meschini motivi di ambizione o di successo, di farla parere più vasta e trascendente di quanto per avventura essa sia. […] solo quando i poeti, o meglio il maggior poeta di una generazione, avrà rinunciato alla degradante ambizione propria — purtroppo! — ai temperamenti lirici, e lavorerà con la scrupolosa onestà dei ricercatori del vero, si vedrà quello che non per forza d’inerzia, ma per necessità deve ancora essere significato in versi.
Egli, dunque, definisce la poesia come un percorso che indaga nello spazio tra il mondo interiore e la realtà, dimensioni legate profondamente tra loro. Partendo dalla necessità di riscoprire una misura nell’espressione poetica che esprima in modo comprensibile ciò che non ancora è conosciuto, Saba assume una posizione decisamente antitetica rispetto alle correnti intellettuali più in voga nel suo tempo. Innanzi tutto rifiuta la poesia del maggior poeta di una generazione, D’Annunzio, bollandola come una “poesia disonesta”, preoccupata di condurre una semplice ricerca della bellezza formale, che produce liriche non rispondenti ad una ispirazione interiore.
In secondo luogo non condivide l’affannosa ricerca delle Avanguardie di nuove forme espressive, perché per Saba scrivere poesia non significa cercare l’originalità o effetti clamorosi a tutti i costi.
Infine si discosta anche dagli Ermetici più affermati, di cui vede sopratutto la parte negativa che fa della poesia il luogo della crisi delle certezze e dei valori o dell’incapacità espressiva e della scissione tra io e realtà.
A queste modalità Saba contrappone un concetto che assimila la poesia a uno scavo interiore che definisca ciò che è proprio di ogni uomo, in tal modo egli recupera l’umanità del poeta, che esprime il desiderio di essere “fra gli uomini/ un uomo” Da questo principio Saba scrive liriche lontane da ogni frammentarismo (assai diffuso tra i poeti del primo Novecento) e aspira a una dimensione narrativa che recupera le forme della tradizione letteraria per poter rispondere efficacemente alla necessità di comunicazione per avere la possibilità di scrivere con “la fede di avere/ di tutti, dire/parole, fare/ cose che poi ciascuno intende”.
Le parole che sintetizzano l’ispirazione poetica di Saba sono onestà e grazia.
L’onestà è l’unica misura del valore poetico di un testo, essa significa “chiarezza interiore” e sincerità morale. Dall’onestà deriva la grazia, lo strumento con cui il poeta interpreta il flusso vitale dell’umanità; la vita umana è contemplata come un percorso di luci e ombre, giovinezza e morte con una disposizione benevola verso la vita di tutti gli esseri umani, che permette di conoscere la profondità delle cose e in particolare della psiche, di lasciarsi prendere la mano dal ritmo, dalla rima, da quello che volgarmente si chiama la vena. Un’ispirazione che considera tutte le emozioni dell’essere umano: la gioia, la malinconia e la contemplazione, in quanto il poeta è spinto alla scrittura dall’amore incondizionato per la vita, per accoglierne sofferenze e contraddizioni.
La scrittura, perciò, deve rispondere ad un’emozione profonda e sincera perché deve essere un mezzo per conoscere meglio se stessi e gli altri con l’unico fine di cercare la verità “che giace in fondo”, la sola in grado di conciliare l’io con la realtà.
Le scelte stilistiche
Il rifiuto del dannunzianesimo e dello sperimentalismo induce Saba a rivalutare la tradizione poetica italiana, con particolare vicinanza alle liriche di Petrarca e Leopardi. Per questo Saba recupera i versi regolari e gli schemi metrici tradizionali (sonetto di endecasillabi, canzonetta tra gli altri), le uniche forme adeguate a esprimere il valore concreto, descrittivo e denotativo della parola, tratta dal linguaggio quotidiano e “parlato”, perché si possa esprimere con un lessico comune e talvolta accostato a quello letterario nei medesimi componimenti.
Le scelte poetiche di Saba, quindi possono essere sintetizzate nella seguente tabella
Il “Canzoniere”, l’opera di una vita
Saba organizza le sue liriche in un’unica raccolta, di cui cura più edizioni (prima 1921 — seconda 1945 — terza 1948 — definitiva 1957) espressione di una formazione personale e poetica che dura tutta la sua vita. Il Canzoniere, infatti, è l’opera del poeta onesto, impegnato nell’analisi di sé fino a cercare nel fondo del proprio io le verità più intime e nascoste, che rivelano l’essenza di tutti gli uomini, agitati dai medesimi istinti e pulsioni, infatti il poeta aspira a vivere la vita/di tutti, a essere come tutti/gli uomini di tutti/i giorni.
L’attenzione di Saba si concentra su temi che rispondono all’esigenza di concretezza della poesia discorsiva, attenta a trarre ogni possibile significato dalle cose di ogni giorno. le umili cose, dunque, sono oggetto delle liriche di Saba, che descrive il mondo intorno a sé con un nuovo atteggiamento che nasce dall‘immergersi nella vita quotidiana degli altri uomini in un abbraccio di amore solidale. la poesia di Saba diventa così corale, collettiva, espressa attraverso le trite parole che sono rinnovate in un linguaggio nuovo formato da immagini quotidiane che esprimono la verità con la loro antichità levigata dagli anni.
Il Canzoniere si propone come un percorso psicologico-esistenziale che ripercorre gli episodi della vita del poeta e, al contempo, ne rivela progressivamente il significato profondo e collettivo. I principali temi della raccolta, che si intrecciano nei tre volumi, sono la realtà quotidiana di Trieste, l’amore per le cose di tutti i giorni, per la campagna e gli animali e le donne della sua vita (prima fra tutte la moglie); la scissione dell’io, che esprime il dissidio interiore del poeta, originato dalle figure contrapposte dei suoi genitori (allegro e spensierato il padre, mesta e severa la madre) e dal trauma della doppia infanzia trascorsa prima con la balia e poi con la madre; la fratellanza che si ritrova nella ricerca dell’esperienza della folla, di una coralità della “calda vita” della sua Trieste; l’analisi psicoanalitica che evidenzia il carattere ambivalente dell’esistenza, oscillante tra gioia e dolore, amore e odio.