Un “no” ad oltranza

Luca Pirola
13 min readMar 6, 2020

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da Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio

Fenoglio è uno scrittore piemontese che rappresenta un caso a sé nel panorama del neorealismo italiano, poiché aveva un carattere schivo e scontroso, da tale carattere derivò il suo disimpegno politico. Nativo di Alba, partecipò alla lotta partigiana sulle Langhe, nel dopoguerra lavorò come impiegato in un’azienda vinicola avendo pochi contatti con il mondo letterario.

La sua produzione letteraria non è abbondante e si concentra negli anni del dopoguerra. Il suo primo scritto è I ventitré giorni della città di Alba, una serie di racconti sull’esperienza partigiana nelle Langhe. Sempre legati allo stesso tema sono altri tre romanzi, che costituiscono una trilogia partigiana, Primavera di bellezza, Una questione privata e Il partigiano Johnny.

Fenoglio rielabora in foram narrativa i suoi ricordi di guerra e lotta partigiana, quasi a esprimere la volontà di riproporre i valori resistenziali in un momento (la metà degli anni Cinquanta) in cui la reazione moderata voleva ridimensionarli. La Resistenza è rievocata senza retorica. perché la ribellione al fascismo è vissuta più come una riflessione esistenziale, che coincide con la ricerca del senso della vita. I protagonisti dei romanzi agiscono nel contesto della Resistenza, ma esprimono maggiormente l’avventura del singolo individuo alla ricerca del proprio destino.

Il partigiano Johnny (1968 postumo)

La trama del romanzo

Il protagonista del romanzo è Johnny, uno studente di letteratura inglese, il quale spinto dal desiderio di libertà si unisce ai partigiani. La militanza in una formazione di “rossi” si rivela diversa dalla lotta eroica che sognava, infatti le giornate passano tra snervanti attese, patimenti della fame e solitudine.

Quando il suo presidio viene annientato Johnny passa agli “azzurri” badogliani e partecipa all’occupazione di Alba. L’esperienza lo lascia frustrato e deluso, perché Johnny è incapace di condividere gli ideali dei compagni.

Nonostante ciò prosegue la lotta e viene ucciso durante la battaglia di Valdivilla nel febbraio del 1945.

Nel romanzo il tono della narrazione si fa epico, il protagonista, infatti, appare come un eroe antico, disperatamente fedele alla causa e alla parola data, al di là di ogni motivazione politica.

La caratteristica principale del romanzo è la lingua originalissima, che corrisponde ad un impasto di inglese e italiano nella sintassi e — soprattutto — nel lessico. La lingua fortemente sperimentale e trasgressiva (si rompono le regole del “bello stile”) permette di evidenziare il valore emblematico della vicenda estrema di Johnny, che affronta la condizione umana nel suo complesso e in particolarenel momento del conflitto, visto come allucinata violenza dell’uomo contro se stesso.

Un “no” ad oltranza — analisi del testo

Il testo si divide in tre sequenze narrative
1^ sequenza
Johnny, isolato nella collina invernale, vede da lontano un drappello di fascisti che risale il crinale; dall’altra parte due partigiani e un “marmocchio” vanno loro incontro senza accorgersi del pericolo. Johnny assiste impotente allo scontro è inevitabile: i due partigiani hanno la peggio.

Spuntarono dall’ultima curva della strada da Berria, una ventina di fascisti, nani grigioverdi intabarrati di grigioverde e con passi burattineschi sul fondo ghiacciato. Johnny dall’alto guardò e dopo il primo orgasmo stette intrigato all’esiguità della compagnia ed alla sua insolita direzione. Non potevano essere che un distaccamento del forte presidio che da novembre avevano staccato a Cravanzana per tagliare in due il distretto partigiano e quanto alla destinazione poteva ben essere la città o una gita contro l’invernale intirizzimento d’anima e corpo, a tal punto erano cresciuti signori e padroni delle colline. Johnny fece appena in tempo a schioccar le dita alla cagna perché si coprisse come lui, perché sulla strada perpendicolare a quella dei fascisti, coperta da una duna di neve, vennero in vista due partigiani, certamente Ivan e Luis ed un terzo personaggio, un marmocchio o un nano. Malgrado la distanza Johnny vedeva distintamente i due scherzare col piccolo e incitarlo alla marcia, parendo godersela un mondo di quella straordinaria compagnia. Ivan, dato il suo superiore compasso di gambe, sopravanzava gli altri due di un cinque passi, e a cinque passi stava dal doppiar la duna che copriva i fascisti avanzanti, ignari ma intenti.

Improvvise metafore di immediata efficacia rendono la sintassi espressiva, elevando lo stile di un periodare altrimenti essenziale e scarno. Esempi di tali figure sono “compasso di gambe”, per indicare il passo più veloce del partigiano, “mortale insetto” (seconda sequenza) che indica la casualità della morte, “il sorriso atterrò”, che esprime il fallimento del tentativo di Johnny di ammansire la moglie del mugnaio e “affogato nella tenebra” (entrambi nella terza sequenza) per enfatizzare la scomparsa di Johnny nel buio della notte.

Non serviva più rafficare in aria per allarme, e poi Johnny non poteva farlo, tutto congelato dalla tremenda geometricità del fatto. Ivan sostò un attimo per riavere i due alla sua altezza e riformarono l’allegro crocchio, le mani lontane dalle armi, mentre doppiavano la duna.Il marmocchio stridette, Ivan sparò il primo, di pistola, e uno dei fascisti traballò, come uno scosso burattino dai piedi impiombati. Luis sparò con la pistola, i fascisti spararono tutti insieme, il marmocchio stridette, Ivan e Luis urlarono, urlavano anche i fascisti. Il piccolo era già a squirm sulla neve, Ivan e Luis stavano ancora eretti, le loro ginocchia cedendo solo per gradi. Sempre urlando i fascisti rispararono, restando con le teste protese parallele alle armi spianate, poi sollevandole quando i due partigiani stettero lunghi e immoti sulla neve.

I due partigiani muoiono in uno scontro fortuito, senza scopo né significato; solo il caso li ha messi sulla strada del drappello fascista; Johnny osserva dall’alto l’evento che appare prestabilito, preordinato da una volontà superiore insondabile. Fenoglio usa l’espressione “tremenda geometricità” per indicare tale predestinazione. L’uomo vive nella precarietà, poiché non è padrone del proprio destino; la sopravvivenza o la morte dipendono dalla fortuna, dalla sorte, pertanto Johnny non si attribuisce alcun merito nell’essere ancora vivo. Al termine del brano si illude di essere l’unico “passero che non cadrà dal ramo”, ma l’immagine dei due compagni morti gli ricorda che non può essere certo di tale affermazione.

Ora si sparpagliavano all’intorno sulla strada, all’acme del successo e della paura, guardando come ossessi tutt’intorno e alle colline, puntando le armi ovunque, con gesti secchi e folli. Il loro ufficiale considerò frettolosamente Ivan, passò da Luis e gli diede il colpo di grazia, poi andò dal marmocchio che si mise a stridere e scalciare. Poi i soldati vennero e si chinarono sui due morti, a spogliarli delle armi e di ogni possibile emblema partigiano, poi rifecero un elettrico, epilettico quadrato. […]

2^sequenza
Il mugnaio recupera i corpi e avvisa Johnny delle difficoltà dei partigiani in inverno, poi il mugnaio si occupa dell’organizzazione del funerale insieme al segretario comunale del paese di Benevello, il centro più vicino al luogo della battaglia. Johnny considera la fatalità delle morti dei compagni e della sua salvezza, attribuendo al caso la sua sopravvivenza in quel periodo di sbandamento.

Il mugnaio aveva curato l’avviamento del carro e ora raggiungeva Johnny alla retroguardia. E disse: — Qualcuno di voi terrà certamente la contabilità. Dunque saprete che siete in un passivo pauroso. Posso farti un discorsetto più tardi, Johnny? — Potete, — disse Johnny. — Quanto al passivo si capisce bene. Essi possono prenderci ed ammazzarci senza riserve e senza scrupoli. Noi no, il benedetto uno che ci capita di prendere dobbiamo tenerlo vivo e ben curato, per cambiare quelli nostri imprigionati e condannati in città -. […]

Benevello venne in vista, la mole della chiesa tetra nel vespero come un temuto approdo ed una rigida, nera, immota folla guarniva i parapetti ventosi. Alcunì uomini scesero all’incontro, per essere i primi a vedere e aiutare. Al sentiero di casa sua, il piccolo venne scaricato e portato a spalle, mentre gli uomini della scorta gli facevano applausi ed auguri.
Il carro arrivò sulla piazza, su e per banchi di ghiaccio a prova di bomba, le donne già scendevano dai balconi per un tocco di preficazione. Li scaricarono sotto il porticato municipale e li stesero sugli assi e trespoli lì immagazzinati per i mercati. Il segretario comunale, un giovanotto biondo canapa, occhialuto e balbuziente disse che sarebbero stati collocati in bara al più presto possibile — Questo comune pagherà le bare, s’intende. Una volta incassati, li porteremo in chiesa per le debite onoranze -. Scoccò un’occhiata paurosa ai due corpi che ora sommergeva l’ombra crescente. Le donne sospiravano, piangevano e litaniavano a fior di labbro. Il mugnaio così grosso, così attivo, così vicario, disse alle donne: — Qui vi piglierete la morte di freddo, donne. Rientrate in casa, mentre noi li incassiamo. Quando saranno in chiesa vi richiameremo e voi gli farete un po’ di pietà un po’ più al riparo, va bene? — Le donne obbedivano, ma lente e indugianti, allora egli le spinse verso casa con l’urgenza delle sue braccia potenti e miti, e così facendo gli capitò fra i piedi la cagna lupa. — E questa chi è? Non è la grande lupa della Langa? Può non essere, i fascisti l’hanno trattenuta in città. — Gli è scappata, — disse Johnny. — Fantastico, ma era il tipo di farlo. Ho sempre avuto un debole per questa lupa. Così gli sei scappata, eh, lupa? Almeno tu, tu che sei soltanto una bestia. Il segretario si riaccostò a Johnny, gli si rivolgeva, disse, come all’unico partigiano presente e reperibile. — Penso che i suoi due compagni non abbiano le famiglie qui vicino. Se non vado errato, nessuno qui conosce nemmeno i loro veri nominativi ed indirizzi, ragion per cui non si è in grado di avvisare i familiari per la sepoltura. Allo stato degli atti io suggerirei, e mi ispira unicamente la sicurezza di questo paese, suggerirei che venissero sepolti stanotte stessa. Naturalmente, non verranno kept short di ogni e qualsiasi formalità e rito -. Johnny assentì e il segretario se ne partì a interpellare, disse, una delle migliori famiglie del paese che li avrebbe certamente accolti entrambi nella sua tomba di famiglia fino a che spuntasse il mattino della vittoria.

I termini inglesi sono inseriti in parti descrittive, ma anche nei dialoghi (ad esempio il kept short precedente); non soddisfano l’esigenza di realismo, poiché sono attribuiti a personaggi che non conoscono l’inglese, come il segretario comunale; tali parole non hanno un significato semantico o stilistico preminente, ma sembra che appartengano al lessico personale di Fenoglio, che ricorre al termine inglese quando non ha in mente la parola italiana, quasi che i termini inglesi fossero una soluzione provvisoria in attesa della successiva revisione. Ineffetti Fenoglio redasse una prima stesura in inglese del romanzo, rimasto poi incompiuto.

Un nuovo passo echeggiò sul ghiaccio. Era Puc, uomo di Nord, mezzo guardia del corpo e mezzo staffetta. Identificò Johnny e gli si avvicinò. — Nord mi manda. Sono proprio morti, Ivan e Luis? Johnny accennò al portico, Puc andò, guardò da vicino, bestemmiò sottovoce e tornò. — Dì a Nord che io li ho visti uccidere e al caso potrò fargli rapporto alla prima occasione. Dì anche a Nord che il 31 gennaio è una data assurda. — Che vuoi dire? — Non te ne occupare. Nord capirà. Johnny si appoggiò contro un pilastro del portico e il mugnaio venne a domandargli a che stesse pensando. — Ah quanto sono fortunato, ah quanto sono immeritamente fortunato -Fino ad allora la fortuna aveva fatto sì che egli non si inserisse in quella geometricità. Era anche lui andato e si era fermato, stato qui e là, dormito e vegliato, inconsciamente scelto quella strada e quell’ora piuttosto che un’altra, tutto come Ivan e Luis, esattamente come tutti gli altri morti dell’inverno e dello sbandamento. Bene, il mortale insetto aveva appena aleggiato sul loro capo e li aveva pungiglionati a morte… loro.
- Sei davvero fortunato, Johnny, sei immeritamente non so. Ma tu sei abbastanza intelligente da capire che anche la fortuna consuma. Questo è appunto il succo del discorsetto che ti dissi. Scendi al mio mulino e chiamati dietro la cagna.

3^sequenza
Il mugnaio propone a Johnny di nascondersi fino alla fine della guerra per evitare di soccombere ai rastrellamenti fascisti, sottolineando l’inutilità strategica della lotta partigiana. Johnny riafferma la sua scelta partigiana di opposizione al nazifascismo, perciò se ne va solo nella notte, orgoglioso della sua coerenza.

La cucina del mulino era il locale più caldo in cui Johnny ricordasse d’esser entrato mai, le donne stavano preparando cena e calavano belle, seriche lasagne in un ricco, denso brodo. E subito la cagna si avventò ad insidiare la tavola, con sommo dispetto della mugnaia. Era magra e lagnosa, L’opposta del marito. I due uomini sedettero posando i piedi sulla mensola della stufa, la neve friggendo e sfumando subito via.

Il lessico comprende neologismi (“rafficare”, nella prima sequenza, “litaniavano” nella seconda), termini colte come “seriche” parole dialettali (“ritani”), espressioni colloquiali del popolo (“Fà almeno un boccone di cena con noi”)(più avanti). La varietà lessicale è contenuta in una rigida struttura classica della prosa.

- Io sono ignorante, d’accordo, — cominciò il mugnaio, — e perché abbiamo un po’ di tempo cercherò di spiegarti perché e quanto sono ignorante. Io nacqui nell’ignoranza e ci restai allevato fino a bambino. Ma da ragazzo non ci volli rimanere, come ci restano invece tutti quelli nati e vissuti su queste alte colline, ma ci lottai contro, mi rivoltai e ci lottai contro e ancora ci lotto. Mi basti dirti che pur occupato in questo mestieraccio e vivendo in questi posti selvaggi, io non ho mai mancato di leggermi tutti i giorni il giornale, naturalmente fin quando la corriera ha funzionato e il servìzio postale. Ogni volta rileggevo tre volte lo stesso foglio, per incavare idee sugli uomini e sui fatti e sul mondo — . Qui scoccò un’occhiata polemica e provocativa alla moglie. — Per dirti che sono un uomo di buon senso nei miei limiti e tu devi pesare e considerare di conseguenza le mie presenti parole che, oltre tutto, vengono proprio dal cuore.
Johnny era in assoluta vacuità mentale, praticamente sordo tutto stemperato in quell’alta temperatura e nell’aroma di quella ricca minestra. — Stanno facendovi cascare come passeri dai rami. E tu, Johnny, sei l’ultimo passero su questi nostri rami, non è vero? Tu stesso ammetti d’aver avuto fortuna sino ad oggi, ma la fortuna si consuma, e sarà certamente consumata avanti il 31 gennaio. Perché dunque stare ancora in giro, in divisa e con le armi, digiunando e battendo i denti? Sembrerebbe che tu lo voglia, che ti ci prepari a quel loro colpo di caccia -. Giunse compostamente le sue potenti mani. Dà retta a me, Johnny. La tua coscienza è senz’altro a posto. Dunque smetti tutto e scendi in pianura. Non per consegnarti, Dio vieti, e poi è troppo tardi. Ma scendi e un ragazzo come te avrà certamente parenti e amici che lo nascondano. Un nascondiglio dove stare fino a guerra finita, soltanto mangiare e dormire e godersi il calduccio e… — ridacchiò e abbassò la voce: — e ricevere la visita ogni tanto di qualche tua amica di fiducia, l’unica a conoscere il tuo indirizzo.
La moglie, con in mano tutti gli arnesi da cucina, li sorvegliava di sbieco, Johnny e il marito, con un’irosa disapprovazione conteuta, certamente stava dentro sé improperando il suo uomo. Johnny le seguiva il pensiero come le si scrivesse in fronte. «Che diavolo sta blaterando quell’idiota di mio marito, senza pesar le parole senza che nessuno gliel’abbia chiesto e glielo ci inviti. Questi ragazzacci armati non si sa mai come reagiscono. Al diavolo l’idiota di mio marito e l’odioso giovinastro armato che si è tirato in casa». Johnny le fece l’ombra di un sorriso, perché stesse tranquilla e quieta, ma il sorriso atterrò sul naso del mugnaio che gli restituì il sorriso al suo profilatesi successo e riprese con più rotonda eloquenza. — Vedo che afferri il punto. A che servirebbe, d’altronde? Lo sai meglio di me, sebbene io non perda una trasmissione di Radio Londra, una che è una. Gli alleati sono fermi in Toscana, con la neve al ginocchio e questa situazione permette ai fascisti di farvi cascar tutti come passeri dal ramo, come ho detto prima. Al disgelo gli alleati si muoveranno e allora daranno il gran colpo, quello buono. E vinceranno senza voi. Non ti offendere, ma voi partigiani siete di gran lunga la parte meno importante in tutto il gioco, converrai con me. E allora perché crepare in attesa di una vittoria che verrà lo stesso, senza e all’infuori di voi!
L’uomo parlava col cuore, indubbiamente, e forse voleva risparmiarsi la pena, non già la fatica, di maneggiar lui Johnny come oggi aveva maneggiato Ivan e Luis. E stasera alla sepoltura sarebbe certamente stato dei più attivi e preziosi. Così gli sorrise soltanto e si alzò, chiamando la cagna. L’uomo lo seguì alla porta con massiccio orgasmo. — Che mi dici, Johnny? — Johnny alzò il catenaccio. — Mi sono impegnato a dir di no fino in fondo, e questa sarebbe una maniera di dir si. — No che non lo è! — gridò il mugnaio. — Lo è, lo è una maniera di dir di si.
Dietro la porta la gelida notte attendeva come una belva all’agguato e la cagna gli sbatté grevemente fra le gambe. — Fà almeno un boccone di cena con noi, — disse il mugnaio, ma Johnny era già affogato nella tenebra.

Il mugnaio, uomo del popolo che si è fatto da solo un’esperienza del mondo, consiglia a Johnny di ritirarsi; è la voce della ragione, del buon senso. Egli non mette in discussione la lotta partigiana, ma reputa inutile il sacrificio inevitabile del giovane. Johnny riafferma la sua scelta ideale di lotta al fascismo, che è stata compiuta al termine di un cammino di formazione verso la maturità: “mi sono impegnato a dir di no fino in fondo”, quindi vuole rendere coerentemente la propria testimonianza morale.

Un vento polare dai ritani di sinistra spazzava la sua strada, obbligandolo a resistere con ogni sua forza per non esser rovesciato nel fosso a destra. Tutto, anche la morsa del freddo, la furia del vento e la voragine della notte, tutto concorse ad affondarlo in un sonoro orgoglio. — Io sono il passero che non cascherà mai. Io sono quell’unico passero! — ma tosto se ne pentì, come già parve di vedere in un cerchio di luce diurna le grige, guance di Ivan e Luis disserrarsi appena percettibilmente in un critico, knowing sorrisetto. Allora urlò alla lupa di sbrigarsi, che sportivamente errabondava in quell’inferno notturno e puntò avanti, quasi piegato in due, agli atomi di luce che costellavano la nera massa della Langa. La padrona sapeva il fatto da ore e guarda tetramente e in silenzio la cagna fumante. — Nessuno l’ha vista, disse Johnny. — So quel che rimuginate. Serrano, serrano, e la prossima volta sarà la mia. Non vi affannate, vado a dormire lontano e domani mi terrò al largo per tutto il giorno. Mettete la cagna a catena e cercate di addormentarvi.

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Luca Pirola
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Written by Luca Pirola

History and Italian literature teacher

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