Una serata in casa Maller
Italo Svevo, Una vita, cap. 12
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La giovane Annetta Maller, capricciosa figlia del banchiere Maller, si è appassionata da poco alla letteratura, perciò ha deciso di invitare nel proprio salotto il meglio del mondo culturale di Trieste. Tra i presenti c’è anche Alfonso Nitti, che è l’unico a non pavoneggiarsi per piacere alla figlia del banchiere presso cui lavora. Forse è il riserbo del giovane a far invaghire di lui Annetta al punto che la ragazza gli propone di scrivere un romanzo a quattro mani.
Un secondo invito a casa Maller è il contesto del brano proposto, in cui Alfonso è in imbarazzo perché, nonostante la promessa di produrre almeno qualche capitolo del libro, si presenta senza aver composto nulla e riflette in un mistificante dialogo interiore sulle proprie fantasie e aspirazioni, incapace di decidere se proseguire una relazione per lui poco appagante ma redditizia socialmente e professionalmente, oppure troncarla assecondando la propria inclinazione a sottrarsi con la fuga a obblighi troppo impegnativi.
La prima volta che gli accadde dopo la raccomandazione di Francesca di dover recarsi da Annetta senza apportare una sola pagina di scritto, quantunque venisse accolto da Annetta col solito gentile sorriso, temette ch’ella nascondesse l’ira di cui aveva parlato Francesca e, punto rassicurato, credette di esser congedato improvvisamente e per sempre. Nella paura non gli bastò di dire una scusa ma parlò del suo molto da fare, poi di un suo male di testa e persino di notizie inquietanti che aveva ricevute da casa sulla salute di sua madre e che gli toglievano la quiete necessaria per lavorare. Annetta lo stava a udire con l’aspetto di grande partecipazione, e ciò commosse profondamente Alfonso. Era avvilito di doversi scusare come uno scolaretto dove avrebbe voluto poter parlare altrimenti, e fu tale avvilimento che gli cacciò agli occhi delle lagrime, attribuite da Annetta alla sua preoccupazione per la salute della madre.
Per Annetta Alfonso dovette essere divertente quella sera più del solito. Dopo di aver parlato delle tante cause che gli avevano impedito di lavorare al romanzo, egli era passato a parlare del suo desiderio di dedicarsi a quel lavoro e poi ad asserire che la sua occupazione prediletta era di pensare, meditare per quella bellissima opera. Per la prima volta, non costretto adulava, ma era il momento in cui avrebbe fatto anche monete false per assicurarsi l’amicizia di Annetta. Descrisse le sue occupazioni alla banca e non avendo il coraggio di lagnarsi con la figliuola del signor Maller del lavoro bancario in generale, si lagnò che ancora non gli si affidava quel lavoro a cui egli credeva di avere diritto, più intelligente e più libero.
Alfonso si inventa problemi immaginari per giustificarsi di aver disatteso le promesse. Nello scusarsi, non riesce a trattenere le lacrime e a nascondere le frustrazioni patite nel suo grigio lavoro amministrativo. In fondo egli è persuaso che la sua educazione umanistica lo ponga più in alto dei suoi colleghi, ma l’amor proprio lo porta a rifiutare l’aiuto della ragazza, che sarebbe stata felice di raccomandarlo al padre.
— Vuole che ne parli a papà? — chiese Annetta molto commossa. — Ella infatti avrebbe diritto ai lavori più difficili.
Egli non aveva preveduto tale offerta che sommamente gli dispiacque. Protestò che non voleva approfittare della buona amicizia di Annetta per ottenere protezione. Già una raccomandazione non bastava a rompere l’ordine gerarchico della banca, mentre a lui toglieva parte delle sue illusioni su quelle serate. Annetta volle sapere quali fossero queste illusioni.
— Quando sono qui — rispose Alfonso — non voglio rammentarmi che di essere suo amico e letterato. Per ora non sono altro.
Annetta lo ringraziò.
Il rifiuto della raccomandazione è dovuto all’orgoglio di Alfonso che non vuole rinnegare l’immagine di sé quale austero e incorruttibile letterato; risponde infatti che, se ottenesse un avanzamento di livello grazie a una raccomandazione, dovrebbe rinunciare alle proprie illusioni.
— Ella dunque si diverte qui, se ne potrebbe essere sicuri?
Passava a un tono più leggero di molto e Alfonso non se ne accorse subito, tutto occupato a rendere Annetta sicura ch’egli in quella casa sempre si divertiva.
Era stata una frase detta da Annetta in buona fede credendola molto cortese, ma bastò a procurare ad Alfonso parecchie ore di agitazione. Era cortese, ma tanto presto ella aveva dimenticato di aver visto piangere un uomo da non sapergli dire che quella frasuccia da conversazione? Egli non sapeva veramente perché quella frase gli sembrasse offensiva e per capirlo gli bisognò pensarci a lungo. Intanto provava un immenso malcontento di sé, quasi avesse rimorso per un’azione malvagia o ridicola. Egli aveva pianto ed ella s’era trovata in dovere di dirgli una parola gentile! C’era tale differenza fra l’importanza dei due fatti, ch’egli si vergognava di aver sparso quelle lagrime. Una donna che avesse provato un briciolo di affetto per lui avrebbe pianto con lui.
Alla fine della serata il protagonista rimugina sui propri desideri poetici: l’autoanalisi è al tempo stesso spietata e inconcludente. Che cosa fare? Troncare il rapporto con una donna che non ama oppure proseguire la propria recita, ben sapendo che sposarla significherebbe realizzare tutti i suoi sogni di scalata sociale? L’esito del soliloquio non può che essere un nulla di fatto e i lunghi ragionamenti dominati dai dubbi e all’agitazione servono soltanto a non fargli prendere risoluzioni: hanno vinto ancora l’inerzia e la tendenza a lasciarsi vivere.
Era una bella serata dall’aria fredda ma calma e un cielo fosco con poche stelle. Egli rimase a lungo sulla via sentendosi incapace di trovar quiete in una stanza. Per la seconda volta ebbe il desiderio di rompere la sua relazione con Annetta e sempre per lo sconforto che lo invadeva, quando nella grande amicizia da essa dimostratagli trapelava l’immensa sua freddezza e indifferenza. Erano sorprese dolorose che lo scotevano dal vivere inerte più in un’abitudine che in un’idea o in uno scopo, e analizzava allora questo scopo, sorpreso di non esser vissuto più conformemente ad esso oppure di vederlo sotto tutt’altra luce, di trovarsi altrettanto lontano dal raggiungerlo quanto prima gli era sembrato di esserci vicino. Era una passione invincibile la sua da esporsi a tanti affanni per soddisfarla? Neppure al principio della sua relazione con Annetta aveva sentito tanto chiaramente che il suo amore era stato aumentato dalle ricchezze che circondavano Annetta, una specie di adornamento che abbelliva la bella figura come la legatura un diamante. Se ne rammentava ancora! Prima di conoscere la grazia e la bellezza di Annetta, lo aveva agitato, commosso il saperla figliuola di Maller, ed era stato da quell’agitazione e da quella commozione ch’era nato il sentimento ch’egli chiamava amore.
Ma a quale scopo tale analisi? Egli s’era accorto della differenza che correva fra il suo modo di sentire e quello di coloro che lo contornavano e credeva consistesse nel prendere lui con troppa serietà le cose della vita. Quella era la sua sventura! Valeva la pena di arrovellarsi a quel modo per trovare un’uscita da un viluppo che naturalmente doveva svolgersi da sé? Se Annetta lo amava, egli aveva, è ben vero, molto da guadagnare, la sua vita ne sarebbe stata mutata; se non lo amava, nulla aveva da perdere.
L’analisi dell’autore dell’ingarbugliata interiorità del protagonista si avvale del discorso diretto libero, che permette di collocare nella sua coscienza il punto di vista della narrazione. Questa concentrazione sull’io è sottolineata dalla serie di interrogative ed esclamative: si tratta, tuttavia, di domande retoriche concepite per ammettere e legittimare la descrizione della lotta Valeva la pena di arrovellarsi a quel modo per trovare un’uscita da un viluppo che naturalmente doveva svolgersi da sé? si chiede Alfonso, dando per scontata la risposta negativa. La voce del narratore esterno, inoltre, commenta senza indulgenza né complicità l’incessante ma inutile monologo di Alfonso, mettendone così a nudo la lamentosa e vittimistica irresolutezza, fino alla spietata conclusione del brano.
Volle essere calmo, ma naturalmente i ragionamenti non lo liberarono né dai dubbi né dall’agitazione. Servirono a non fargli prendere risoluzioni alle quali lo avrebbe portato il suo carattere tanto turbato nelle situazioni esitanti, indecise, e lo salvarono dall’analisi dei propri istinti e del proprio carattere. Lo faceva soffrire il conoscersi.