Veglia
La dialettica tra morte e vita
La lirica nasce dalla drammatica esperienza di una notte passata nella terra di nessuno accanto al cadavere di un “compagno/massacrato”, tuttavia Ungaretti nel passare dall’esperienza personale alla rivelazione del messaggio universale esprime il valore della vita che si percepisce maggiormente quando si è più vicini alla morte.
Con questa poesia Il porto sepolto entra nel vivo dell’esperienza terribile della guerra. Ungaretti è appena giunto sul Carso ed è costretto a fare esperienza dell’atrocità della guerra. Nella poesia, infatti, è rappresentata una delle scene più crude dell’Allegria: il poeta resta un’intera notte accanto al cadavere di un compagno, condividendo con lui l’esperienza della morte. Tuttavia, Ungaretti riscatta la tragedia con un intenso atto vitale: scrivere “lettere piene d’amore”. Di fronte all’orrore e alla morte insorge un ostinato attaccamento alla vita.
Metro: versi liberi
La poesia è composta da due strofe: nella prima prevale il tono espressionistico, nella seconda il tono melodrammatico. L’esperienza del poeta è un viaggio dalla morte alla vita: l’iniziale disperazione dell’esordio lascia spazio alla speranza vitalistica.
La 1^strofa (vv. 1–13) è costituita da un’unica lunga frase, piena di immagini violente che evocano l’angoscia della morte;
La 2^ strofa (vv. 14–16), molto breve, esprime un fortissimo impulso vitale.
Veglia
Cima Quattro il 23 dicembre 1915
Le date indicate dal poeta hanno la funzione di suggerire l’idea di un diario, che con Veglia entra nel vivo della guerra. Ungaretti si è arruolato da volontario, è appena arrivato al fronte e vive la terribile esperienza della morte di un compagno. Nella poesia non c’è spazio per l’eroismo o per la retorica, ma solo la registrazione del terrore prodotto dalla conoscenza della morte.
Un’intera nottata
Ungaretti sottolinea la durata di questa esperienza di morte che ha vissuto utilizzando l’aggettivo intera. La notte sembra non finire mai, diventa interminabile
buttato vicino
a un compagno
massacrato
L’episodio è narrato dal poeta come fosse un dato oggettivo e decontestualizzato. Il lettore comprende che il poeta sta parlando della guerra dal contesto, non dal testo in sé, dove la guerra non è nemmeno nominata. La guerra agisce con brutalità e violenza sull’uomo, tanto che il soldato viene non solo ucciso, ma addirittura massacrato: insieme con l’uomo, viene annullata anche la sua dignità.
Le parole/verso (“massacrato”; “penetrata”; “tanto”) evidenziano i momenti salienti dell’esperienza narrata dalla morte all’introspezione alla vita.
Due di esse sono anche participi passati, che costituiscono la struttura portante della poesia “buttato”, “massacrato”, digrignata”, “volta”, “penetrata”, “attaccato”. Rappresentano la dialettica vita/morte per la forma verbale in bilico tra verbo (dinamismo corrispondente alla vita) e aggettivo (che evoca la staticità della morte).
I participi danno un ritmo cadenzato per la desinenza in –to/-ta; tale effetto è enfatizzato da Ungaretti che aggiunge sostantivi, aggettivi e forme verbali con la medesima termianzione “nottaTA”, scritTO”, “staTO”, “tanTO”,viTA”. L’accumulo delle allitterazioni (accentuata dalla ripetizione del suono T ricorrente anche in “inTera”, congesTione”, leTTere”) evoca il ticchettio di un orologio che scandisce l’avvicinarsi della morte.
con la sua bocca
digrignata
Il verbo “digrignare” esprime l’azione di ritrarre le labbra e scoprire i denti, muovendo velocemente la mandibola, proprio come fanno alcuni animali, ad esempio i cani. La bocca del compagno è alterata dal dolore delle ferite in una forma disumana. Anche in questo modo Ungaretti suggerisce come il dolore e la crudeltà della guerra annullino la dignità dell’uomo.
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
Ungaretti costruisce abilmente una scena macabra, il cui effetto lugubre e tetro è rafforzato da:
1) un lessico carico di espressività (massacrato, digrignata, congestione);
2) una sintassi priva di punteggiatura e nessi coordinanti e subordinanti, che mantengono alta la tensione emotiva;
3) l’uso di figure retoriche, quali la metonimia e la sinestesia
ho scritto
lettere piene d’amore
La maggioranza delle immagini esprime la morte e il disfacimento, a queste si oppongono pochi, ma intensi termini riferiti a quanto di più importante c’è nell’esistenza: “compagno” (v.3), “amore” ( v. 13), “vita” (v.14). Infatti, nonostante l’esperienza terribile, il poeta scrive lettere piene d’amore. Perché? La poesia per Ungaretti è uno strumento che permette di riaffermare la dignità dell’uomo anche di fronte alla disumanizzazione della guerra. Proprio nel momento in cui sperimenta la morte e la spietata ferocia che distrugge, la poesia si innalza a difendere l’uomo, tanto che il poeta può scrivere lettere piene d’amore e ha la forza di rimanere attaccato
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Di fronte alla morte, Ungaretti reagisce quasi istintivamente e fa sgorgare il desiderio della vita. Una tipicità di questo testo è il suo ritmo che, oltre a essere indicato dallo smembramento del verso, è suggerito anche dalla ripetizione continuata del suono “t”: intera, nottata, buttato, massacrato, digrignata, congestione, penetrata, scritto, lettere, stato, tanto, attaccato, vita. Tale ripetizione è particolarmente evidente nella parte finale del testo.